«LEI NON CI ASCOLTA» «NO, VOI LA BOICOTTATE»
IL DAY AFTER TRA I DEM… ERA CHIARO CHE ANDARE DIETRO ALLE UTOPIE PACIFISTE AVREBBE CREATO DISSENSI TRA CHI USA IL CERVELLO
C’è chi sbaglia a premere votando un «no» all’invio di armi all’Ucraina che sarebbe stato clamoroso, come Nicola Zingaretti, poi costretto a correggere: pulsante errato. Ma c’è anche l’indice di Lucia Annunziata che sulla mozione della discordia vota «sì» (sarebbe stato altrettanto clamoroso), invece che astenersi come da ordine di scuderia della segretaria Elly Schlein. Il Pd, chiamato a votare su una questione identitaria, è finito ancora una volta gambe all’aria.
Guerra e pace, la mettono così, i più radicali.
Ventiquattr’ore dopo la votazione sulla svolta di Ursula von der Leyen, nel Partito democratico si svolge una seduta «psicopolitica» piuttosto complicata. Perché stavolta anche alcuni eurodeputati dell’ala riformista, promotrice dello strappo anti Schlein, a mente fredda sono costretti ad ammettere: «Qui a Bruxelles non c’è affatto un clima da “resa dei conti”, è più a Roma che volano colpi proibiti». Ma dietro a questa notazione c’è una buona dose di realpolitik : «Congresso? Macché, non abbiamo nessuno talmente forte da poter battere Elly». Più cauto usare un altro termine: «Si respira attendismo». Meglio quindi un volemose bene , almeno a Bruxelles, perché in fondo tra i 21 eurodeputati dem c’è un buon clima: si sono stretti rapporti umani e non mancano cene cordiali anche tra chi la pensa agli opposti.
Nota politica fondamentale: tra i 21 eletti al Parlamento Ue, solo 8 sono ascrivibili come fedelissimi della segretaria (e 3 di questi non hanno nemmeno la tessera del Pd: Annunziata, Strada e Tarquinio). Gli altri 13 sono quasi tutti riformisti di Energia popolare, che dopo un periodo di «tregua» si sono dati una bella scossa. La sera prima del voto sulle mozioni post ReArm Europe, tutti i membri della corrente anti Schlein sono stati protagonisti di
una riunione piuttosto accesa: «Dobbiamo dare un segnale forte a Elly», ha tuonato la maggioranza di loro.
E anche il loro capocorrente Stefano Bonaccini — grande sconfitto da Schlein alle primarie e poi diventato presidente (non belligerante) del Partito democratico — ha capito che doveva rimettersi in testa l’elmetto, perché stavolta i suoi gli avrebbero voltato davvero le spalle.
«Elly non ci ascolta», si sfoga più d’uno durante questo day after psicopolitico. Perché è questa la contestazione che in tanti, dall’opposizione interna, fanno alla segretaria: «Sul ReArm Europe non si è confrontata con il gruppo: è arrivata l’indicazione di voto da Roma». Prendere o lasciare. E così i ribelli hanno deciso l’affondo.
(da Il Corriere della Sera)
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