DIETRO LA DEPENALIZZAZIONE PER REATI TRIBUTARI SPUNTA UNA NORMA SALVA-SILVIO
TENTATIVO COLPO DI SPUGNA SUL PROCESSO MEDIASET
Un contenitore: la delega fiscale. Uno strumento: i decreti legislativi. Un sogno: depenalizzare d’un colpo i reati fiscali, in particolare la frode fiscale.
Indovinate per chi? Ma per Silvio, ovviamente.
D’un soffio ecco sparire il processo Mediaset, la condanna a quattro anni, l’interdizione dai pubblici uffici di due anni, e pure la conseguente, dannatissima decadenza.
Berlusconi ne uscirebbe pulito, con la fedina penale di un ragazzino.
Con la chance intatta di potersi candidare come premier alle prossime elezioni politiche. Proprio quello che, se la storia resta invece quella attuale, non potrà più fare per sei anni.
Non è un periodo del terzo tipo quello che precede. Ma il rischio realistico che, nella legge sulla delega fiscale, in discussione presso la commissione Finanze del Senato dopo il via libera della Camera, il Pdl possa accelerare i tempi con l’obiettivo di far approvare poi un decreto legislativo che ridisegni i confini dei reati finanziari.
Ci lavora il capogruppo alla Camera Renato Brunetta che ha come longa manus Daniele Capezzone.
Per ora, nella legge, è sufficiente un accenno generico alla necessità di rivedere le norme che puniscono il vasto ambito delle evasioni fiscali. Il resto si farebbe per decreto legislativo, o ancor meglio nella legge di stabilità , una volta che il principio è passato.
Proprio Capezzone, a chi lo interroga sui reali obiettivi della manovra, spiega che la stessa Guardia di Finanza, per bocca del suo comandante generale audito in commissione, avrebbe parlato della necessità di utilizzare meno le sanzioni penali per le dichiarazioni infedeli e sfruttare invece quelle amministrative.
Ma va da sè che la dichiarazione infedele non è la frode fiscale, e qui Capezzone e Brunetta si trincerano dietro la promessa che «il regime penale per i comportamenti più gravi non sarà cambiato».
Ma conoscendo i berlusconiani si sa che l’appetito vien mangiando.
Un fatto è certo: nel più stretto entourage dell’ex premier è insistente la voce di una possibile revisione del processo. Una depenalizzazione risolverebbe il problema alla radice perchè cancellerebbe l’inchiesta Mediaset dalle fondamenta.
Fatta la norma – che però deve essere secca e riguardare specificamente il reato contestato a Berlusconi, e cioè l’articolo 2 del decreto legislativo del 10 marzo 2000 (numero 74), che disciplina la «dichiarazione fraudolenta», alias frode fiscale – ecco che si deve applicare l’articolo 673 del codice di procedura penale.
Il quale impone «la revoca della sentenza in caso di abrogazione della norma incriminatrice».
Il giudice dell’esecuzione – in questo caso la procura di Milano dopo la sentenza della Cassazione – «revoca la sentenza di condanna dichiarando che il fatto non è previsto come reato».
Sarebbe il capolavoro tra i tanti tentati e, alcuni realizzati,colpi di spugna. Per ora Brunetta e Capezzone negano, dicono che i reati più gravi non verranno toccati, ma già il ronzare proprio intorno ai reati finanziari è un fatto innegabilmente sospetto.
Sul quale accendere un riflettore di massima attenzione.
Basterebbe un blitz: far passare la norma, e contemporaneamente far slittare la decadenza dal 27 novembre a dicembre, magari ampliando il numero già abnorme degli emendamenti alla legge di stabilità .
Poi, se passa il principio che la frode fiscale va derubricata a sanzione amministrativa, a quel punto sarebbe arduo per i partiti prodecadenza mandare avanti la procedura come se niente fosse.
Bloccarla fino a congelarla del tutto sarebbe inevitabile. A quel punto il Cavaliere è salvo.
Tutto questo però sarebbe possibile se il Pdl riuscisse a trovare una sufficiente maggioranza.
Qui sta il punto debole dell’operazione, perchè c’è da giurarci che mai il Pd potrà sottoscrivere la madre delle leggi ad personam, quella che cancella la condanna definitiva di Berlusconi per Mediaset.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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