“MALGESTIONE DEL TERRITORIO E SPECULAZIONE EDILIZIA ALL’ORIGINE DEL DRAMMA AMBIENTALE IN SARDEGNA”
LA DENUNCIA DEL GEOLOGO FAUSTO PANI: “L’ACQUA RIESCE SEMPRE A RITROVARE IL SUO VECCHIO PERCORSO, ANCHE SE COPERTO DAL CEMENTO”… A OLBIA IL CENTRO STORICO E’ RIMASTO INTATTO, IN ALTRE ZONE DANNI TERRIBILI
“L’attenzione è sempre per i morti e non per i vivi che anche questa volta non saranno aiutati a gestire il territorio“. Per volontà , disattenzione o semplice speculazione.
Così il geologo Fausto Pani traccia il quadro del disastro causato dal ciclone ‘Cleopatra’. Pani ha collaborato alla redazione del Pai, il Piano d’assetto idrogeologico, e studiato praticamente tutto il territorio isolano.
Dove quasi la totalità dei paesi, l’81 per cento ( ben 306 Comuni) ha un territorio ad alto rischio idrogeologico, come ricordano ciclicamente sia l’Ordine dei geologi sardi, sia la Coldiretti.
“Passata l’emergenza — sostiene Pani — si continuerà a costruire dove non si dovrebbe. E soprattutto a dimenticare che l’acqua riesce sempre a ritrovare il suo vecchio percorso. Anche se coperto dal cemento, come è successo a Olbia. E come è già successo nel 2008 a Capoterra, nel Cagliaritano“.
“Ancora una volta — dice Pani — si ripetono gli stessi errori. A furia di espanderci e ridurre i corsi d’acqua ci si fa del male. E non tutto, purtroppo, è recuperabile. Bisognerebbe abbattere interi quartieri e lottizzazioni. Mentre in Olanda si allargano gli argini per dare respiro, qui si tappa tutto”.
Si riferisce alle zone paludose dell’Oristanese, come a Terralba, dove gli abitanti fino a qualche mese fa addirittura protestavano in nome della “crisi dell’edilizia” contro il Piano stralcio delle acque che definiva ‘altamente pericolosa’ la zona di espansione.
E i fatti lo dimostrano. In duecento ieri hanno dormito fuori casa. E l’alveo di un torrente si è improvvisamente allargato di due metri per parte, portando via tutto quello che ha trovato”.
Il caso da manuale resta comunque quello di Olbia, spiega il geologo: “Il vecchio nucleo, il centro storico, non ha subito i terribili danni delle periferie. Perchè prima si costruiva con cognizione, rispettando anche i piccoli torrenti. Ora non più”.
La parte nord, per esempio: “Le aree pianeggianti sono quelle di pregio, non si riflette più sul fatto che i sedimenti sono stati trasportati proprio da un corso d’acqua, ed ecco le conseguenze”.
Le mappe geologiche e urbanistiche segnalano i punti a rischio e addirittura i livelli di esondazione. Ma poi, appunto, tutto resta nella carta. E forse nemmeno più sulla carta.
Perchè, come segnala lo stesso Pani i tagli colpiscono anche gli studi e addirittura uno strumento ritenuto indispensabile come il Piano d’assetto idrogeologico. “La Regione ha di recente tagliato ben un milione e mezzo di euro tra il silenzio generale”.
L’Isola, da Nord a Sud , è devastata, non solo le città ma pure le campagne.
La Gallura quella più colpita, ma ovunque ci sono frane, smottamenti e paesi isolati.
E se per Olbia le ragioni si trovano nel disordine urbanistico e nell’espansione forzata, per il resto il discorso è diverso.
“Il territorio è dimenticato — spiega Pani — dai privati e dall’amministrazione pubblica”. Manca la manutenzione ordinaria di contadini e pastori, anche per via del continuo spopolamento, e i piccoli comuni hanno difficoltà a gestire i piani di Protezione civile. “Alcuni non hanno nemmeno questo piano, non sanno dove le persone di devono riunire in caso di estrema emergenza, come questa. Da qui il panico”.
E poi, ancora una volta, i difetto di comunicazione secondo il geologo: “Dal 15 ottobre ho visto previsioni catastrofiche, da brivido. Ma l’allerta della Protezione è arrivata solo il 17.
E perchè non si inviano sms per celle? Chi si trova in zona a rischio sa quel che sta per succedere e cosa deve fare”.
Tutto ciò sempre con il senno di poi, mentre si contano ancora i morti, gli sfollati e i danni.
E in queste ore, a Olbia, l’esercito inizia a operare nelle strade diventate paludi di fango.
Monia Melis
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