PORTAEREI E FREGATE, SOLDI A MARE
LA GARIBALDI E’ IN VENDITA, MA PER LA MARINA C’E’ UNO STANZIAMENTO DI SEI MILIARDI CHE FA GOLA
Le due portaerei Garibaldi e Cavour, orgoglio e vanto della marineria italiana, in questo momento non sono operative.
La prima, la Garibaldi, avendo ormai spesso bisogno di manutenzione a causa dei 33 anni di navigazione alle spalle, si trova nel cantiere di Taranto dove decine di operai le stanno rifacendo il trucco forse anche per rimetterla al meglio in vista della vendita.
Si dice che la marina militare dell’Angola sia molto interessata all’affare.
La seconda portaerei, la Cavour di cui ancora non sono stati ultimati gli allestimenti, in particolare le difese elettroniche, nonostante sia stata varata 5 anni fa, naviga tranquilla lontano migliaia di chilometri dalle coste italiane, nei mari dell’Africa occidentale proseguendo in quel suo contestato giro del mondo in versione supermarket galleggiante voluto dal ministro della Difesa del governo precedente, Mario Mauro.
Sul ponte e nei saloni ospita una specie di fiera delle armi, dai sistemi elettronici Selex (gruppo Fin-meccanica) ai mitra e ai fucili Beretta, tanto da somigliare a un piccolo Le Bourget ambulante, facendo cioè il verso a quella gigantesca kermesse allestita ogni anno sulle piste del vecchio aeroporto nei dintorni di Parigi dove viene esposto il non plus ultra degli strumenti di morte più micidiali.
In teoria, quindi, in caso di necessità , l’Italia non potrebbe fare affidamento sulle due punte di diamante del sistema difensivo marittimo
Questo nno vuol affatto significare che la Marina militare italiana tra le tre armi sia la Cenerentola, anzi.
A giudicare da tutte le attenzioni che la circondano, mai come in questo momento la forza marittima gode di una posizione privilegiata, frutto di una serie di congiunzioni favorevoli che la lanciano come l’Arma per eccellenza.
Prima di tutto il capo di Stato maggiore della Difesa, cioè di tutte e tre le forze armate, Luigi Binelli Mantelli, è un ammiraglio e quindi sicuramente conserva nel cuore un qualcosa in più per la sua arma di provenienza.
Seconda congiunzione: il capo della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ha stabilito un ottimo rapporto con Roberta Pinotti fin da quando questa era sottosegretaria alla Difesa, un’intesa che ha mantenuto e rinforzato ora che è diventata ministra.
Terza congiunzione favorevole: la Pinotti è di Genova e quindi molto sensibile alle esigenze delle industrie della sua città , a cominciare da Fincantieri, il gruppo statale con la testa a Trieste, ma la produzione di navi militari proprio nel capoluogo ligure.
Questo intreccio di fattori ha già dato i suoi frutti.
Intanto prosegue il programma di acquisto di 4 sottomarini della classe U 212 (Todaro) costruiti in collaborazione con la Germania e per i quali l’Italia ha previsto di spendere quasi 2 miliardi di euro da qui al 2020.
Il colpo da maestro pro Marina risale però a circa tre mesi fa quando, in occasione dell’approvazione della legge di stabilità , proprio la forza navale è riuscita a farsi trattare in guanti bianchi.
Nel testo è stato inserito un emendamento caldeggiato dall’ammiraglio De Giorgi che a forza di pianger miseria è riuscito a convincere l’allora sottosegretaria Pinotti che lo stato della flotta militare è pietoso data la sua vetustà e quindi bisognava provvedere in fretta.
Con un voto bulgaro è stato concesso alla Marina uno stanziamento monstre di circa 6 miliardi di euro in un quindicennio, una cifra di tutto rispetto in un momento di crisi come questo.
Soldi che serviranno per la costruzione di nuove navi.
A beneficiare di questo gigantesco programma navale sarà ovviamente l’unica industria nazionale in grado di tener testa all’impegno, la genovese Fincantieri guidata da Giuseppe Bono, vecchia volpe delle partecipazioni statali di una volta.
Appena approvato l’emendamento, ha ripreso a veleggiare spedita l’ipotesi di quotare Fincantieri in Borsa prima dell’estate.
Sul mercato sarebbe messa una minoranza azionaria del gruppo che, è facile immaginare, andrebbe a ruba, trainata dalla certezza che nei prossimi anni non mancherà il lavoro grazie alla megacommessa della Marina.
Non è ancora chiaro che tipo di navi saranno costruite. Lo deciderà il Parlamento, sempre che il presidente Napolitano non ritenga di far valere come ai vecchi tempi le prerogative del Consiglio supremo di Difesa.
Daniele Martini
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