ALFANO, L’INUTILE MINISTRO CHE PARLA DA SOLO
ISOLATO AI BANCHI DEL GOVERNO, RICOSTRUISCE LE MANGANELLATE DANDO RAGIONE A TUTTI
Il ministro senza qualità rimane sempre da solo, ai banchi del governo.
Sia al Senato, per un’ora, dalle 14 e 45 a un quarto alle sedici. Sia alla Camera, che è già buio, dalle 18 e 30 in poi.
Non ci sono neanche i suoi compagni di partito al governo con lui, Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin. Il ministro della solitudine e dell’imbarazzo. Una scena pietosa.
Anche perchè Angelino Alfano legge la sua striminzita e lacunosa informativa sulle cariche agli operai di Terni in due aule vuote e distratte.
Non c’è manganellata che tenga di fronte al ponte dei Morti che comincia oggi.
Al partito del trolley sì che è concesso di dirigersi senza problemi alla stazione Termini di Roma e partire per un lungo fine settimana.
Alle sei e mezzo della sera, a Montecitorio, sono 98 i deputati su 630 che si accomodano per sentire il titolare del Viminale.
Per Forza Italia, addirittura, sono in due: il capogruppo Renato Brunetta e Laura Ravetto. Un contesto surreale in modo offensivo.
La giravolta di Matteo dopo il caso Shalabayev
A Palazzo Madama, il ministro senza qualità rinuncia alla sua specialità maggiore: scaricare le responsabilità sugli altri.
Come già accaduto con l’incredibile scandalo del sequestro di Alma Shalabayeva, moglie di un dissidente kazako, rapita insieme con la figlioletta ed espulsa dall’Italia.
Altri tempi, allora. Enrico Letta, all’epoca premier, lo difese e si presentò in aula con lui mentre i renziani, che erano minoranza, battevano mani e piedi e chiedevano le dimissioni del ministro. Ma il realismo prende sempre il sopravvento e oggi che Renzi è a Palazzo Chigi, il Pd è costretto a ingoiare manganelli scelbiani e un ministro imbarazzante.
In nome della coalizione. Al Senato, nessun democratico applaude Alfano, il quale se la prende con le “voci” che davano gli operai diretti alla stazione Termini: “Un folto numero di manifestanti, dando vita a un improvviso corteo, si è diretto verso via Solferino e, visto lo sbarramento opposto dalla polizia, ha poi deviato verso altre vie limitrofe che conducono, comunque, in piazza dei Cinquecento e, quindi, alla stazione Termini, rafforzando la preoccupazione che già era stata avvertita, cioè, che volessero dirigersi alla stazione. Al corteo è stato inutilmente intimato l’alt, per cui si è in breve arrivati a un concitato contatto fisico tra manifestanti e polizia”.
Anche i suoi assenti: Lorenzin, Lupi e Quagliariello
Alfano ha poi ringraziato Landini, ha annunciato che ci sarà un “tavolo” per gestire questi “eventi” e ha ricordato che a Roma, mercoledì, c’erano altre manifestazioni, tra cui anche l’incontro di calcio tra i giallorossi e il Cesena.
Un intervento che non toglie e non mette, che solidarizza con tutti, operai e poliziotti.
Insipido. Ma uno dei difetti del ministro senza qualità è quello di essere teatralmente vanitoso. Allarga le braccia per ribadire che da questo governo, che ha già subìto oltre cinquemila manifestazioni, non arriverà mai “l’input” a manganellare.
È convinto di essere un grande leader, come malignano anche i suoi.
Poi si siede e fa il permaloso, girando le spalle a chi lo attacca. Capita al craxiano Barani, che lo critica sulla “trattativa Stato-sindacato”.
Anche i banchi del Nuovo Centrodestra, il partito di Alfano, sono vuoti. Manca Quagliariello, ex ministro e ci sono solo, in ordine sparso, Sacconi, Giovanardi, Formigoni e Schifani.
Sacconi si alza per ribadire il diritto alla circolazione contro la patologia dei cortei. Alfano ha il viso chino. Scrive biglietti e li manda.
Per lui un’altra tragica figuraccia. Un ministro inutile e assente: il già citato caso Shalabayeva, la fuga di Marcello Dell’Utri per evitare il carcere, le cariche della polizia dieci giorni fa a Torino, contro gli operai Fiom.
“Il manganellaio matto” e lo show di Brunetta
Tre ore più tardi, alla Camera, Alfano ripete l’informativa e sono due interventi a centrare le omissioni di un ministro improbabile.
Il primo è quello del grillino Davide Tripiedi, che si scaglia contro il “manganellaio matto” del Viminale, cui manca solo “l’olio di ricino”.
Dice: “È impensabile avere un ministro di destra in un governo di pseudosinistra”.
Il secondo è Nicola Fratoianni di Sel, che ironizza pure, con amarezza, sulle gag di Crozza imitatore di Landini: “Le manganellate sono più vecchie dei gettoni”.
Dice Fratoianni: “Non abbiamo capito il perchè. Lei non ce l’ha detto. Vorremmo sapere chi ha sbagliato”.
Per quel che vale, la sorpresa di questa giornata solitaria di Alfano è la difesa che arriva da Forza Italia, più decisa di quella del Pd.
Al Senato, tocca a Francesco Giro, che fa infuriare Gasparri. Alla Camera a Renato Brunetta che accusa di “fascismo implicito” e “atteggiamento filomafioso” il Movimento 5 Stelle e scatena una gazzarra in cui la Boldrini sbanda come al solito.
Poi si finisce con Cicchitto di Ncd che fa un rimprovero al suo compagno di partito Alfano: “Io, Landini non lo avrei ringraziato”.
Sempre più surreale.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano”)
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