IL FEDERALISMO FISCALE COSTERA’ 133 MILIARDI: DAL FISCO AL FIASCO, TREMONTI AMMAINA LA BANDIERA
LA CIFRA E’ INDICATA NEL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE TECNICA PARLAMENTARE SUL FEDERALISMO, APPENA DEPOSITATO …. ANCHE SE SI FORZASSE SUBITO SULLA BASE DEI MINIMI COSTI STANDARD OCCORREREBBERO 70 MILIARDI… CON LA SITUAZIONE ECONOMICA DISASTROSA DEI CONTI PUBBLICI ITALIANI, IL TESORO HA PROBLEMI PIU’ SERI DA AFFRONTARE
Sono mesi che alla domanda “ma quanto ci costerà introdurre in Italia il federalismo fiscale?”, tutti glissano: chi cambia discorso, chi rassicura un costo zero, chi cambia discorso e parla del tempo.
A parte le comparsate in Tv dei Cota, dei Castelli in aria e degli appiccatori di incendi e spacciatori di fumogeni alla Calderoli, nel merito non era mai entrato nessuno.
Perchè oltre alle perplessità che, una volta a regime ( tempo 10 anni), il federalismo fiscale non finisca per moltiplicare i centri di spesa e attivare una maggiore pressione fiscale dei Comuni, molte riserve erano state espresse su quanto costerebbe “da subito” il feticcio della riforma federalista.
Ora una risposta c’è, e ne segna il de profundis: la stima, aggiornata ai bilanci regionali del 2008, l’ha fornita la Commissione tecnica paritetica per il federalismo, nel rapporto curato da Luca Antonini (vicino alla Lega, quindi fonte insospettabile), appena depositato in Parlamento.
La cifra è da brividi: solo per assicurare il passaggio al federalismo nelle materie strategiche (sanità , istruzione e assistenza sociale), occorrerebbero 133 miliardi di euro in termini di spesa storica.
Anche al netto di sprechi e inefficienze, se con un colpo di bacchetta magica si potesse passare subito ai minimi “costi standard”, ovvero ai livelli più bassi delle regioni più efficienti, il costo non sarebbe inferiore ai 70 miliardi di euro. Appresi questi costi, inutile dire che il federalismo fiscale non si farà più, lo stesso Tremonti ha ammainato la bandiera per evidenti ragioni economiche: per il federalismo non c’è un euro a disposzione, inutile illudersi, è chiaro a tutti.
Fatta la legge delega, mancano i quattrini da inserire nei decreti delegati. Vediamo il quadro generale: quattro regioni hanno buchi nella Sanità che in qualche modo andranno tappullati, a giorni bisognerà prestare 5,5 miliardi alla Grecia, per contenere il deficit si prepara entro l’anno una manovra da 30 miliardi di euro, l’Europa ci impone cure drastiche al debito pubblico, irroga sanzioni a chi sfora e ora arriva persino a imporre depositi cauzionali in caso di politiche di bilancio inadeguate.
Siamo un Paese sotto osservazione, qualcuno dice a “sovranità limitata”. L’autorevole “Economist” la pensa come molti italiani: “L’effetto del federalismo in Italia sarà quello di aumentare la spesa, non di ridurla”.
Il governo non lo ammetterà , ma il federalismo è morto e lo stesso Berlusconi non pare particolarmente afflitto: i problemi sono altri.
Quando la Lega non potrà più nascondere il fallimento di quello che aveva portato in processione come “la madonna del soccorso” (oscillante tra portatori sciancati e altri beoni), dovrà chiedere elezioni anticipate per salvare la faccia.
Berlusconi si dovrà accodare, anche perchè ci sono altri due ministri in attesa di avviso di garanzia e gli scandali rischiano di travolgerlo.
Ma non sarà solo Fini a opporsi, ci sarà anche Tremonti: con questa crisi, non c’è spazio per elezioni anticipate, l’Italia rischierebbe la bancarotta, con la speculazione pronta a sparare sui nostri titioli di Stato.
Un governo tecnico si farebbe in pochi minuti: Bossi perderebbe troppe poltrone e Silvio tornerebbe in tribunale in un refolo di vento, non possono entrambi permetterselo.
Saranno costretti a restare e a gestire l’ordinaria amministrazione, sempre più deboli verso l’elettorato di riferimento.
In attesa della resa finale.
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