LA PAITA SPARTIACQUE DEL PARTITO DELLA NAZIONE DI RENZI
IN LIGURIA NON SFONDA A DESTRA E PERDE VOTI A SINISTRA
C’è un motivo se Matteo Renzi e Silvio Berlusconi hanno tarato le rispettive agende elettorali sulla Liguria.
Col premier che si prepara a tornare almeno un paio di volte per dare un sostegno alla Paita. E il Cavaliere che ha deciso di dedicare a Giovanni Toti il suo rush finale.
E per questo la prossima settimana sarà a Napoli, ma poi volerà a Genova nei giorni a ridosso del voto.
E il motivo è che la Liguria è qualcosa di più di una elezione regionale: è la battaglia campale sul Partito della Nazione, dove si combatte una partita tutta nazionale.
Perchè è lì che si potrebbe verificare uno scenario da incubo per il premier: il Partito della Nazione che non sfonda a destra e perde pezzi rilevanti alla sua sinistra.
È più di una previsione “gufesca”. I segnali in tal senso sono già molto intensi.
E allora, occorre partire dall’inizio per capire ciò che sta succedendo in Liguria.
Da quando cioè si svolgono le primarie del Pd.
Sulla carta, allora, è una di quelle regioni dove il Pd vince facile. Nel corso delle primarie si verifica il primo sisma che porta alla denuncia di Sergio Cofferati sul “voto inquinato” e alla sua uscita dal partito.
Nelle urne delle primarie nasce il partito della Nazione in Liguria, con pezzi rilevanti di centrodestra che vanno a votare in blocco per la Paita.
Nelle cinque pagine con cui la commissione dei garanti ha spiegato l’annullamento del voto delle primarie liguri in 13 seggi si trovano parecchi casi di pezzi di destra che corrono con la candidato del Pd. Per dirne uno: nel seggio di Santo Stefano al Mare (Imperia) una scrutatrice lamenta “la presenza di un assessore di Pompeiana che chiedeva, recandosi più volte presso il seggio, l’elenco dei votanti per verificare”.
E, guarda caso, il sindaco di Pompeiana Rinaldo Boeri aveva firmato nel 2012 un documento a sostegno di Scajola.
Nel seggio di Moconesi (Tigullio), per dirne un’altro, è a verbale “un pressante controllo del voto e l’interferenza di persone estranee al seggio, appartenenti a liste contrapposte al centrosinistra”, che in un caso, “hanno espresso frasi volgari rimanendo a controllare e minacciando e intralciando la libera espressione del voto”. E ancora: a Lavagna (Tigullio), scrivono i garanti, “risultano gravi segnalazioni di due elettrici, e in particolare di una, che parla di euro versati a lei prima dell’ingresso nel seggio ai fini del voto”.
Altro caso, a Savona, Albisola Superiore – il sindaco è Franco Orsi, ex senatore Pdl – dove sono stati segnalati al voto “9 soggetti dichiaratamente di centrodestra di cui risultano a verbale i nomi così come risulta a verbale che un’elettrice votando ha dichiarato di essere per il centrodestra”.
Nel seggio di Deiva Marina (La Spezia) esponenti di centrodestra davano indicazioni esplicite di voto. E questi sono solo i casi più eclatanti.
Ma le primarie sono solo un episodio del movimento che porta rilevanti pezzi del centrodestra nell’orbita del Pd e della Paita, che appaiono come i vincitori annunciati. Anche nelle settimane successive si verifica una profonda mutazione genetica, dal Pd al Partito della Nazione.
Pierluigi Vinai, ad esempio, ex presidente della fondazione Carige, era l’uomo del potere di Scajola a Genova e dei rapporti col cardinal Bagnasco.
Ora ha costituito una fondazione, Open Liguria, e sta con la Paita, mentre a Roma ha ottimi rapporti con Graziano Delrio.
Ma non è l’unico.
L’aiuto più importante è arrivato da Enrico Musso, ex senatore del Pdl vicino a Scajola, che corre da governatore con una lista civica. Molto forte a Genova, sottrae importanti consensi a Toti.
Al Partito della Nazione arriva pure la benedizione. Il cardinale di Genova e presidente della Cei Angelo Bagnasco, dopo una visita in città di Luca Lotti, dichiara: “Provo grande dispiacere e dolore per il fatto che, chissà perchè, le indagini esplodono sempre in certe ore della storia, della città , della nazione”. È evidente il riferimento alla candidata Raffaella Paita.
E qui, nel momento di massima espansione del Partito della Nazione, quando ormai l’esito delle elezioni appare scontato, accade un doppio movimento, che si presta a una lettura “nazionale”.
La rottura a sinistra che porta alla candidatura di Luca Pastorino, su cui si giova la scommessa di Pippo Civati, candidatura che intercetta un diffuso malessere nell’elettorato di sinistra verso il Partito della Nazione.
E dall’altro lato Silvio Berlusconi che torna a fare Silvio Berlusconi, e non più la stampella di Renzi. Cioè: gioca a vincere.
E attorno a Giovanni Toti riesce a mettere su una coalizione che riporta a casa quel soccorso azzurro che alle primarie, svoltesi in pieno Nazareno nazionale, era andato a sostegno della Paita.
È, ad esempio, il caso di Andrea Costa, sindaco di Beverino (La Spezia), che alle primarie aveva aiutato la Paita ed ora è candidato nel listino di Toti. E di Alessio Saso, ex An, e capogruppo di Area Popolare che, dopo aver fatto votare la Paita alle primarie, è candidato di Ncd a sostegno di Toti.
Proprio l’accordo tra Toti e Area Popolare, su cui ha lavorato molto da Roma Lorenzo Cesa e la risurrezione di una coalizione di centrodestra, toglie truppe e voti al Partito della Nazione.
Il sugello dell’operazione di Berlusconi è la candidatura del nipote di Claudio Scajola, Marco, nelle liste di Forza Italia. E Scajola, a cui erano legati gli amministratori del Ponente che in una fase iniziale avevano contestato Toti, ha riacceso la sua non irrilevante macchina elettorale.
Domenica scorsa l’ex ministro ha chiamato alle armi lo stato maggiore dei suoi fedelissimi: amministratori, ex amministratori e figure storiche del centrodestra di Imperia per organizzare il sostegno al nipote.
Dunque, lo schema cambia. E se Berlusconi riesce ad alzare un muro a destra, inizia la frana a sinistra, dove Pastorino miete consensi, come effetto delle primarie inquinate e anche della campagna elettorale della Paita, molto poco in sintonia con il mood della sinistra e molto tarata sul “partito della Nazione”.
E’ una dinamica che va ben oltre la Liguria e su cui si misura la capacità dell’area a sinistra del Pd — di Civati e non solo — di poter rappresentare una alternativa a sinistra. La frana a sinistra in Liguria è consistente, tale da far scattare l’allarme rosso a Roma. Sono 200 i dirigenti del Pd ligure che firmano un documento per rivendicare “libertà di scelta” alle elezioni, a un mese dal voto.
Tradotto: che non voteranno la Paita.
La lettera, racconta più di un firmatario, è frutto di un malcontento profondo: brucia ancora l’immagine alle primarie di file di immigrati che non parlano una parola di italiano, elettori reclutati da aspiranti candidati, famiglie in odore di criminalità ai seggi; e brucia anche l’atteggiamento poco “umile” della Paita, nel frattempo raggiunta da un avviso di garanzia sulla vicenda dell’alluvione.
A proposito, proprio il suo comportamento durante l’alluvione ha suscitato più di qualche polemica dopo che Giovanni Toti, sulla sua pagina facebook, ha pubblicato le foto della Paita che, proprio il giorno dell’alluvione, era in campagna elettorale per le primarie.
Ci sono nomi pesanti tra i firmatari della lettera dei 200, come l’attuale vicepresidente della giunta regionale e assessore alla Sanità , Claudio Montaldo, l’ex segretario genovese Pds Ubaldo Benvenuti, i presidenti dei Municipi Valpolcevera e Medio Ponente, Jole Murruni e Giuseppe Spatola, e diversi altri nomi di spicco del partito ligure.
Dopo le firme, per la Paita sono arrivati pure i primi fischi, come al giro d’Italia di ciclismo.
Tutti segnali che indicano una dinamica nuova: il Partito della Nazione non sfonda a destra e perde a sinistra.
E nel Pd ora avanza la grande paura legata ai numeri. E al voto disgiunto: “In parecchi — sussurrano al Nazareno — voteranno Pastorino come candidato e Pd come lista”.
E qui già si intravede lo scenario da incubo per Renzi: l’impasse e la risurrezione del Nazareno.
Già , perchè in quella regione la legge elettorale prevede che, se nessuno raggiunge il 35 per cento, non scatta un premio di governabilità e i seggi si ripartiscono col proporzionale”.
Per governare potrebbe servire una coalizione Pd-Forza Italia.
E la Liguria, da test del Partito della Nazione, diventerebbe il test di un nuovo Nazareno.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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