GHEDDAFI, UN TESORO PERSONALE DI 65 MILIARDI SOTTRATTI AL POPOLO LIBICO: GLI AFFARI CON L’ITALIA E CON BERLUSCONI
IL LEADER LIBICO E IL PREMIER ITALIANO IN SOCIETA’, ATTRAVERSO FININVEST E LAFITRADE, IN QUINTA COMMUNICATIONS, LA SOCIETA’ DI COMUNICAZIONI DI BEN AMMAR… LA LIBIA HA SPESO 2,5 MILIARDI PER ENTRARE IN UNICREDIT, HA L’1% DI ENI, IL 14,8% DI RETETIL, LAVORA CON ANSALDO, FINMECCANICA, IMPREGILO…. E COSI’ SILVIO PUO’ ENTRARE NEI SALOTTI BUONI DELLA FINANZA
La visita di Gheddafi in Italia è continuata anche ieri tra le polemiche e le provocazioni del leader libico e il silenzio interessato del nostro governo. Gheddafi, non pago dei 5 miliardi regalatigli dall’Italia per fare il lavoro sporco di affogamento dei profughi, ha sostenuto che anche l’Europa gli deve dare 5 miliardi di euro l’anno per porre un freno al fenomeno migratorio.
Ha poi sostenuto che “le donne in Libia sono più libere che in Occidente” perchè possono stare a casa a preparare il pranzo ai mariti e anche a fare la calzetta, per concludere in serata con l’apologia di chi ha “giustiziato Mussolini” senza processo.
Detto da un assassino di studenti e oppositori, nonchè da un finanziatore del terrorismo internazionale, è indubbio che il soggetto avesse sicuramente tutte le credenziali per sostenere una tesi del genere.
Nel corso della cena con 800 invitati era stato persino severamente vietato porre al leader libico domande sui diritti umani e la tutela dei profughi in Libia. “Chi non capisce appartiene al passato”, ha spiegato il premier.
L’idea di islamizzare l’Europa non lo turba, in fondo basta che resista all’assedio il perimetro di Villa Certosa e sia garantito il pass alle veline in tubino nero.
Del resto sai che gliene frega.
Se poi i giudici, una volta islamizzati, non portassero a fondo i suoi processi ancora meglio, si convertirebbe subito all’Islam.
I più seri, in fondo, si sono dimostrati i carabininieri che hanno preteso per il loro tradizionale Carosello di non avere “nessun contatto” con la sceneggiata berbera.
Mentre molti, anche nella maggioranza, hanno parlato di una sceneggiata ignobile a danno del nostro Paese, è continuato il pellegrinaggio degli imprenditori alla tenda di Gheddafi ( in realtà dorme in un comodo letto all’ambasciata libica).
Perchè sono gli affari il vero motivo dell’amicizia tra il leader libico e Berlusconi.
Vediamo di approfondire quali.
Gli affari diretti ufficiali sono pochi. Gheddafi ha un tesoretto personale di 65 miliardi di dollari, sottratti al popolo libico evidentemente, visto che si tratta di petrodollari e non c’è scritto da nessuna parte che a lui spettino per la carica che ricopre in modo dittatoriale.
Attraverso Fininvest e Lafitrade, Gheddafi e Berlusconi, hanno una bella quota entrambi di Quinta Communications, società di produzione cinematografica di Tarak Ben Ammar, l’imprenditore franco-tunisino socio di Silvio in parecchie iniziative.
In realtà l’interesse è reciproco: Silvio ha sdoganato la Libia sui mercati internazionali e ne ha pilotato gli investimenti ad uso e consumo dei suoi interessi, politici e imprenditoriali, in Italia.
In due anni Gheddafi è diventato il primo azionista della prima banca italiana, Unicredit, con una quota del 7% ed è il quinto singolo investitore per dimensioni di Piazza Affari.
Le finanziarie di Tripoli hanno puntato su Terna, Finmeccanica, Impregilo e Generali.
Silvio ha dato l’ok all’ingresso della Libia in Eni.
L’entrata del colonnello in Unicredit è il cavallo di Troia che può permettere a Berlusconi di conquistare i vecchi “salotti buoni” della finanza italiana, ovvero la stanza dei bottoni che controlla Telecom, il Corriere della Sera e le Generali.
Non a caso Fininvest e Mediolanum hanno il 5,5% di Mediobanca, crocevia di tutta l’operazione, dove il fidato Ben Ammar ha già il 15%.
Con l’ingresso di capitali libici e l’alleanza con Geronzi, il cerchio si sta chiudendo.
Grazie all’asse con Ben Ammar e Geronzi e ai soldi di Gheddafi, ora Berlusconi può estendere la sua influenza su telecomunicazioni, editoria, banche e assicurazioni.
Il rapporto con Gheddafi permette poi al premier italiano anche di distribuire le carte per le commesse a Ansaldo (ferrovie) e Finmeccanica (elicotteri), e per i big delle costruzioni (autostrada libica di 1.700 km).
Impregilo ha consolidato la sua presenza in Libia con 150 miliardi di investimenti infrastutturali nei prossimi sei anni.
A sua volta Gheddafi, che ha grandi liquidità , una volta sdoganato dall’Italia, ne ha tratto benficio per investimenti in Gran Bretagna.
Un business di miliardi con interessi reciproci.
E a chi dice che tutto questo aiuta le imprese italiane, ricordiamo che sarà anche vero, ma i soldi con cui vengono pagati sono un giro conto. Provengono in gran parte dai 5 miliardi che il nostro governo ha regalato a Gheddafi per presunti danni di guerra di 100 anni fa che Gheddafi si è fatto pagare per la terza volta.
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