SAMIR E MALEK FUGGITI DALLA SIRIA: L’ABBRACCIO DI MALMOE COMMUOVE LA SVEZIA
I DUE AMICI SI SONO RITROVATI DOPO MESI E MIGLIAIA DI CHILOMETRI: “QUI SAREMO FELICI”
“Samir!”, “Malek!”. L’urlo è liberatorio, l’abbraccio straziante.
I due amici siriani si stringono forte. Più volte.
Per capire che sono ancora vivi, che tutto quello che sta accadendo non è un’illusione. Hanno gli occhi lucidi, l’emozione li tradisce. Piangono con lunghi singhiozzi, interrotti solo da risate che non si concedevano da tempo.
La guerra, le violenze, i morti, gli orrori, le bombe e i cecchini sono fantasmi che adesso si dissolvono. La Siria è lontana. Possono respirare. Ora sono finalmente in Svezia
Lo ricordano battendo i piedi per terra, toccandola con le mani. Attorno a loro c’è silenzio.
Il verde dei boschi, il rumore dell’acqua che scorre nei canali, le case in mattoni e legno allineate. I bar, i ristoranti, i negozi, le vetrine.
E poi il cibo, abbondante e diverso, che i volontari distribuiscono sul piazzale esterno della stazione centrale.
Malmoe è come un miraggio. L’ultima tappa di un viaggio durato anche un mese. La fine di un lungo serpentone umano spezzato in più punti.
Il rigore danese si è infranto sotto la pressione di 150 mila profughi e migranti. Il blocco dei treni e delle frontiere ha retto solo poche ore.
Già mercoledì notte gli agenti hanno rinunciato a inseguire e fermare questo popolo di invisibili.
Davanti al silenzio imbarazzato del governo, il capo della polizia Jens Henrik Hà¸jbjerg ha preso una decisione che ha cambiato, per poche ore, il corso della storia politica danese. Ha annunciato il ripristino dei collegamenti ferroviari con la Svezia e ha autorizzato a chiunque ne facesse richiesta di attraversare i 700 chilometri che collegano la frontiera con la Germania di Padborg a quella svedese di Rodby
«Fermarli tutti è impossibile », ha spiegato in un’inedita conferenza stampa convocata di mattino presto nella grande hall della stazione di Copenaghen.
«Solo chi farà richiesta di rifugiato potrà restare; gli altri possono proseguire per la Svezia. Del resto la nostra legge sull’immigrazione è chiara: chiunque è sorpreso sul territorio danese senza documenti o senza visto è trattenuto fino a tre giorni. Poi viene mandato davanti al giudice che, in questi casi, li lascia andare».
Ma è proprio questo scollamento tra Palazzo e realtà , con la polizia lasciata sola ad assumersi il peso di scelte coraggiose, a creare scompiglio tra i danesi.
Mai come in questi giorni, la patria del mago delle fiabe Hans Christian Andersen e del mitico Amleto di Shakespeare si è trovata a fare i conti con una solidarietà della gente che smentiva l’immagine offuscata di un paese xenofobo e razzista.
L’isola nera, nel Nord Europa aperto e tollerante, si è ribellata.
Centinaia di uomini e donne, giovani e anziani, hanno protetto e vigilato sulle centinaia di profughi scortandoli fino ai convogli che la direzione delle ferrovie ha deciso di far partire senza pretendere il biglietto.
Oltre 3000 persone sono arrivate in Danimarca da domenica scorsa e solo 400 hanno chiesto di restare come rifugiati.
Le centinaia di uomini e donne, spesso accompagnati da bambini, trattenute in centri provvisori a Rodbyihavn e Padborg sono stati rilasciati. Spesso senza neanche essere identificati.
Il primo ministro danese Rasmussen ha parlato con tutti i leader politici per sanare un vuoto che si era improvvisamente creato.
Il ministro della Giustizia Jans Sorewpind ha interrotto il suo viaggio negli Usa ed è tornato indietro per sostenere l’azione del capo della polizia.
Ma lo scontro tra i partiti che sostengono il governo è di nuovo esploso quando il leader del Partito Popolare, Kristian Dahl Thulsen ha attaccato la Germania: «Deve assumersi le responsabilità delle sue scelte. La Danimarca non sarà un duty free dei rifugiati».
Daniele Mastrogiacomo
(da “La Repubblica”)
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