LA TENTAZIONE DI CASALEGGIO: LUI DIRETTAMENTE IN CAMPO COME PREMIER
IL RETROSCENA: IMOLA DOVEVA ESSERE LA CONSACRAZIONE PER DI MAIO, E’ FINITA PER ESSERE LA PRESA D’ATTO DEL POTERE DECISIONALE DEI DUE FONDATORI
Finora Casaleggio lo aveva detto in un’intervista lontana un anno fa.
Lui al governo per il M5S? «Dipende dal Movimento, ma perchè no?».
Dopo Imola siamo in grado di raccontare che la tentazione di tornare in campo direttamente lui – e non per interposta persona, non con l’investitura a nessun giovane candidato leader tra i parlamentari – sia di nuovo molto forte nel cofondatore del Movimento.
Casaleggio ha detto molto chiaramente: «Noi non facciamo nessuna investitura a nessuno».
Ha anche detto che «il candidato premier verrà scelto online»; quando qualcuno gli ha chiesto in privato che cosa significa, che lui aprirà la piattaforma per quella votazione? la risposta è stata un elusivo «ora devo andare».
Traduzione: la procedura verrà tutta gestita alla Casaleggio associati.
Insomma: chiunque voglia fare il candidato premier (e ce n’è uno che si è molto, troppo esposto in questa sua ambizione) di lì deve passare.
Il terzo elemento sono le condizioni di salute: Casaleggio sta meglio rispetto a qualche mese fa, e tutti i calcoli su un suo abbandono della scena sono stati affrettati.
L’uomo è di nuovo abbastanza resistente da reggere lo sforzo, chi nel Movimento contava che rapidamente potesse mollare la presa si trova di fronte a un argine imprevisto.
La terza è che, in una conversazione privata tra i due creatori del Movimento – Grillo l’anima, Casaleggio la testa – hanno esplicitamente rimarcato, con compiacimento, «ci siamo sempre noi».
Osservando Imola hanno colpito alcune cose.
La kermesse doveva essere – e così era stata venduta da alcuni amici del direttorio M5S – come la grande investitura di Di Maio leader.
Non solo questa investitura non c’è stata, ma per la prima volta Grillo, che finora aveva fatto battute su tutti, ma non sul giovane di Pomigliano d’Arco, ne ha fatte tre molto acri, sia pure col suo stile di satira.
Ha detto «quando l’abbiamo raccolto, Di Maio parlava che sembrava Bassolino»; dove – ci spiega qualcuno che sa – il riferimento proprio a Bassolino non è casuale affatto, è una sferzata mirata, della serie «fly down».
La seconda è che sul palco – palco su cui c’era quasi solo la fazione vincente attuale: quasi tutte le voci libere (e nel Movimento sono tante) erano state tenute rigorosamente giù – Grillo alla fine ha detto «pensate a cosa eravate due anni fa… niente, senza di me. Siete dei miracolati, non guadagnavate un c… e ora prendete stipendi meravigliosi».
Il che conferma tra l’altro che sull’uso dei soldi – come La Stampa puntualmente scrisse – il francescanesimo è andato a farsi benedire.
Di Maio era rabbuiato, e è stato confinato mediaticamente a un discorso tra i tanti, sovrastato dalla presenza dei due storici capi.
La domanda che bisogna porsi allora è: quali sono le forze interne di questa disfida, e quale visione di Movimento vincerà ?
Il Movimento originario del limite del doppio mandato e del rigore sui soldi, o il Movimento attuale dell’appeasement e della comoda vita romana?
E soprattutto: chi sta con Casaleggio, e chi con col gruppo Di Maio?
Casaleggio è ormai isolato; più o meno tutti i suoi uomini hanno fatto il salto dall’altra parte – cosa che lui potrebbe aver capito (starebbe, ci dicono, escogitando rimedi che potremo vedere solo in seguito: candidare una donna premier?).
Grillo diventa decisivo: a Imola, come mai nella stagione recente, lo si è visto unitissimo a Casaleggio.
Fonti ottime raccontano che non ha gradito un eccesso di protagonismo dei più scalpitanti dei giovani, fino al punto di dire «perchè dobbiamo scegliere il candidato attraverso la tv?».
È una partita aperta, ma non si può dire che tatticamente e strategicamente i due fondatori, lontani dai luoghi del potere, siano messi benissimo contro i rottamatori, ormai pienamente romanizzati.
Jacobo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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