LA RIVINCITA DI SARKOZY: RISCOPRE IL GAULLISMO E LANCIA LA LINEA DURA
DIETRO LA SVOLTA DEL PRESIDENTE GLI UOMINI DI CHIRAC: LA NECESSITA’ DI FAR DIMENTICARE LE CONNIVENZE DELL’ELISEO CON I DITTATORI…MA SARKOZY HA CAPITO CHE SE L’OCCIDENTE AVESSE LASCIATO SOLA LA GENERAZIONE CHE SI BATTE PER LA DEMOCRAZIA ARABA SAREBBE ANDATA SPRECATA UN’OCCASIONE STORICA PER RIAVVICINARE LE DUE SPONDE DEL MEDITERRANEO
Quando il 10 marzo si è avventurato a parlare di Libia, annunciando all’improvviso che la Francia riconosceva gli insorti come gli unici legittimi rappresentanti di quel Paese, per poi inviare un ambasciatore a Bengasi e chiedere all’Onu di proteggere la popolazione dall’aviazione del colonnello Gheddafi, tutta l’èlite francese, a destra come a sinistra, ancora una volta si è fatta beffe di questa nuova stravaganza di un presidente che non sa più cosa inventarsi – così diceva la stampa – per far dimenticare le sue connivenze del passato con il dittatore tunisino e quello egiziano.
La Francia si è sbagliata e oggi destra e sinistra lo ammettono.
È vero: Nicolas Sarkozy aveva intenzione di ridare smalto alla propria immagine, ora che soltanto un elettore su cinque è disposto ad approvarne l’operato.
Questo è un dato di fatto. Indiscutibile.
Che ha certamente contato molto sulla sua decisione.
Ma Sarkozy ha compreso anche – eccoci al punto cruciale – che se il Nerone di Tripoli fosse riuscito a far affogare nel sangue le aspirazioni dei libici alla libertà , altri dittatori del Maghreb e del Mashrek ne avrebbero presto seguito l’esempio, che le democrazie occidentali avrebbero lasciato calpestare la generazione che si batte per la democrazia araba, che gli unici ad approfittarne sarebbero stati gli islamisti e che sarebbe andata sprecata un’occasione storica per riavvicinare le opposte sponde del Mediterraneo. Nel caso specifico, Sarkozy ha visto giusto, e in ciò è stato sostenuto da Alain Juppè, ex primo ministro di Jacques Chirac, appena nominato ministro agli Affari Esteri.
Insieme a Dominique de Villepin, che si è opposto alla guerra in Iraq, Alain Juppè è uno dei pochi superstiti del gaullismo, di questa destra sociale, dirigista e, prima di ogni altra cosa, attenta alla posizione che la Francia occupa nel mondo e alla sua unicità nel campo occidentale.
È proprio con il gaullismo che Nicolas Sarkozy aveva voluto “rompere”, farla finita, avvicinandosi agli Stati Uniti di Bush e predicando la liberalizzazione dell’economia francese.
Ma il crollo di Wall Street lo aveva bruscamente convertito al ritorno allo Stato, mentre i suoi insuccessi sulla ribalta internazionale l’avevano lasciato alla ricerca di una diplomazia.
Nicolas Sarkozy adesso ascolta sempre più spesso gli uomini di Chirac, arriva addirittura a fare il tentativo di riconciliarsi con il suo nemico intimo Dominique de Villepin, e tra i suoi ministri colui sul quale fa maggiore affidamento è ormai Alain Juppè, che tuttavia non gli ha mai risparmiato le sue critiche.
Secondo Juppè la Francia doveva mettersi alla guida dell’aiuto occidentale a questa primavera araba e collocarsi così in prima fila sullo scenario internazionale, ritrovando un prestigio in buona parte perduto tra le popolazioni arabe.
Non soltanto Nicolas Sarkozy gli ha dato retta, ma la tenacia di cui egli ha dato prova insieme ai suoi ambasciatori hanno convinto da un lato Barack Obama che non avrebbe potuto lasciar morire Bengasi senza che ciò un giorno gli possa essere rimproverato, e dall’altro la Cina e la Russia che non potevano in nessun caso apparire come le salvatrici di Gheddafi opponendo il loro veto alla proposta francese.
Eclissata dalla Germania e ignorata dagli Stati Uniti, la Francia è riuscita adesso a fare un ritorno in grande stile che la onora, ed è grazie a lei che Bengasi è stata salvata, che l’Onu – per una volta – si è mostrato fedele ai propri ideali e che la primavera araba non ha subito un colpo d’arresto.
Certo, non tutto può dirsi concluso.
Non si può mai cantare vittoria prima che una battaglia si concluda, ma Muhammar Gheddafi ormai non ha più vie di fuga e – purchè la Nato non assuma il comando di questa battaglia, riacutizzando la diffidenza degli arabi nei confronti degli occidentali – ci sono chance effettive per la Libia di liberarsi una volta per tutte di questo dittatore folle.
A parte lui stesso, chi potrebbe mai rimpiangerlo?
Bernard Guetta
(da “La Repubblica“)
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