MATTARELLA CONCEDERA’ ALTRO TEMPO SOLO IN CASO DI “CONCRETO INNESTO DELLA TRATTATIVA”
LA VIA IMPERVIA DEL GOVERNO M5S-PD
È evidente che giovedì al Quirinale Roberto Fico non riuscirà a portare un accordo di governo. Ma, almeno così pare, non si troverà nemmeno nella condizione della precedente esploratrice che, al termine di una complicata due giorni, ha allargato le braccia ammettendo che “non ci sono le condizioni” per andare avanti.
Se riferirà , come pare, che i segnali raccolti in questo avvio di confronto tra Pd e Cinque Stelle rappresentano un “concreto innesco di trattativa”, Sergio Mattarella sarà disponibile ad concedere altro tempo.
Del resto, dopo una cinquantina di giorni di confronto nell’altra metà del campo, tra centrodestra e 5 Stelle, non si può pretendere un miracolo in due giorni.
Ed è sensato comunque attendere che il travaglio democratico produca il parto di una decisione.
In fondo, il senso dell’esplorazione affidata a Fico con un “perimetro stretto” è proprio questo: obbligare il Pd al confronto con i 5 Stelle e i 5 Stelle al confronto col Pd.
E obbligare entrambi a una faticosa elaborazione interna. Perchè la verità è che al Quirinale al momento non si prendono in considerazione “piani B”, anche se viene dato per certo che, una volta consumati tutti i tentativi, ma proprio tutti, Sergio Mattarella dovrà necessariamente calare l’asso.
L’asso di un governo — si chiami “del presidente”, di “transizione”, di “garanzia” — da lui nominato e spedito alle Camere per incassare la fiducia da chi ci sta ed evitare il ritorno al voto.
Adesso che si è chiusa di fatto la finestra elettorale di giugno (e questo è un primo successo del Quirinale), resta il problema di evitare il voto a ottobre, in piena sessione di bilancio, con una delicata manovra delicata da approvare.
Visti i tempi per la formazione del governo si correrebbe il rischio di lasciare il paese senza manovra, il che sarebbe, tecnicamente, una pura follia.
Il problema — non di poco conto — è che l’asso, al momento, sembra essere una carta pesante come il due di coppe quando regna bastoni.
Perchè l’operazione è tutt’altro che scontata, in questo contesto, e in questo clima.
Al momento non c’è un Parlamento pronto ad accogliere un nome del presidente, in un rigurgito, si sarebbe detto una volta, di “responsabilità nazionale”.
Anzi, al momento un governo del genere rischierebbe di essere figlio di nessuno. È già evidente che Salvini si è posto, sin da ora, all’opposizione di un governo calato dall’alto.
E anche Di Maio che pur ha dimostrato un atteggiamento più istituzionale, compiendo audaci piroette politiche rispetto a ciò che il Movimento era solo poche settimane fa e non è più, ha messo a verbale il suo no senza se e senza ma a un governo “tecnico, istituzionale o del presidente”, perchè non può permettersi il lusso di sostenere un governo di questo tipo, consegnando al leader leghista le praterie dell’opposizione demagogica, almeno così spiegano fonti degne di questo nome. Piuttosto, meglio le urne.
Ecco il punto, ben presente nei ragionamenti degli esperti frequentatori del Colle. La situazione che ha di fronte il capo dello Stato è infinitamente più complessa rispetto a quella del suo predecessore, ad esempio.
Perchè allora (ricordate i tempi di Napolitano?) c’era una forza — il Pd — che politicamente e numericamente rappresentava il baricentro della “responsabilità nazionale”, spesso pagata a caro prezzo nelle urne; e c’era come alleato, diciamo così, il “vincolo esterno”, inteso come Europa, mercati, spread che alimentava la retorica dell’emergenza, creando pressione politica e ambientale.
Due elementi venuti meno che mettono Mattarella, e non per sue responsabilità , di fronte a una situazione inedita e straordinariamente più complicata: la situazione in cui più che il governissimo, inteso come “governo di tutti”, l’opzione realistica è un governino, che pare già il governo di nessuno.
Parliamoci chiaro: una volta avremmo assistito, in un crescendo di drammatizzazione, a un grande appello al paese, col presidente che inchioda i partiti alle loro responsabilità in nome del primato dell’interesse generale sull’avventurismo, e a una difficile e sofferta adesione delle forze “responsabili” all’alto richiamo.
Questo film, stavolta, non lo vedremo. E ne sono consapevoli tutti, a partire dai consiglieri attorno al capo dello Stato che già stanno ragionando sulle varie eventualità .
L’ipotesi realistica è un accrocco, da mettere in piedi con un mandato “limitato”, “non sfiducie” e altre diavolerie del genere per provare a tornare al voto in modo ordinato. Più che un “piano B”, è una specie dell’emergenza nell’emergenza.
Ed è per questo che la prima opzione resta continuare ad esplorare l’unica opzione possibile.
(da “Huffingtonpost”)
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