DECRETO DIGNITA’, CONFINDUSTRIA PIU’ PESSIMISTA DI BOERI: “FRENA CRESCITA E LAVORO, EFFETTI PEGGIORI DI STIMA INPS”
CRITICA A RITORNO CAUSALI CHE AUMENTANO IL CONTEZIOSO, PUNITIVO SU DELOCALIZZAZIONI, ECCESSIVO SU SPOT GIOCHI
Il punto più critico del Decreto Dignità , secondo Confindustria, è il ritorno delle causali nei contratti a termine.
Se il Parlamento non correggerà questa misura, il rischio concreto è che le stime dell’Inps sull’impatto del provvedimento dell’occupazione siano conservative.
Il ritorno delle causali, esponendo le imprese “all’imprevedibilità di un’eventuale contenzioso, finisce nei fatti per limitare a 12 mesi la durata ordinaria del contratto a tempo determinato, generando potenziali effetti negativi sull’occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto (in cui si fa riferimento a un abbassamento della durata da 36 a 24 mesi)” afferma il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci in audizione, chiedendo modifiche ad una disciplina “pregiudizievole” per il mercato del lavoro.
“È necessario – ha proseguito la rappresentante degli industriali – modificare le misure contenute nel decreto-legge sulla disciplina dei contratti a termine, che sono inefficaci rispetto agli obiettivi dichiarati e potenzialmente pregiudizievoli per il mercato del lavoro”. Le riforme degli anni scorsi, ha ricordato Panucci, “avevano contribuito ad abbattere le cause di lavoro sui contratti a termine, passate da oltre 8.000 nel 2012 a 1.250 nel 2016)”.
Secondo Confindustria, più in generale, il Decreto Dignità “pur perseguendo obiettivi condivisibili” rende “più incerto e imprevedibile il quadro delle regole” per le imprese “disincentivando gli investimenti e limitando la crescita”.
Per le imprese occorre “evitare brusche retromarce sui processi di riforma avviati” e vanno approvati “alcuni correttivi”, che intervengano sulle causali per i contratti a termine e sulle norme ora “punitive e poco chiare” sulle delocalizzazioni.
Nel dettaglio Confindustria chiede di cancellare le causali “almeno fino a 24 mesi”, che sono “il punto più critico, aumentano il contenzioso e non sono una vera tutela per il lavoratore” e di “chiarire la natura non incrementale dell’aumento di 0,5 punti percentuali del contributo addizionale per ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, evitando così un incremento irragionevole e sproporzionato dei costi a carico dei datori di lavoro”.
Vanno poi riviste le norme in materia di somministrazione, “esonerando il contratto a tempo determinato tra l’agenzia per il lavoro e il lavoratore dall’indicazione delle causali, nonchè dalla disciplina degli intervalli temporali tra la stipulazione di un contratto a tempo determinato e il successivo”.
Panucci ha sottolinea anche che il raddoppio dell’indennità in caso di licenziamenti illegittimi “rischia di scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato” oltre a “non trovare riscontro sul piano comparato” visto che quello minimo (4 mesi) “è quadruplo rispetto a quello di Francia, Germania e Spagna; mentre l’indennizzo massimo (24 mesi) è superiore a quelli di Francia (20 mesi) e Germania (18 mesi)”.
È il presupposto, secondo Confindustria, a essere sbagliato.
“Il confronto internazionale mostra che l’incidenza del lavoro temporaneo in Italia (16,4% del totale dell’occupazione dipendente nel primo trimestre 2018) è in linea con il dato medio dell’Eurozona (16,3%), come lo è anche il tasso di transizione a 12 mesi dai contratti a termine ai contratti a tempo indeterminato (pari a circa il 20%)”.
I dati “non appaiono corroborare quei “fenomeni di crescente precarizzazione in ambito lavorativo” che le modifiche contenute nel Decreto Dignità intendono contrastare”.
Panucci ha osservato comunque che “è vero che che il tasso di transizione è più basso che in passato (era quasi il 30% nell’immediato pre-crisi) e al di sotto di quello tedesco (30,3%)”. Ma “l’unica strada per migliorare le transizioni è agire sul costo del lavoro per il tempo indeterminato, sul cuneo fiscale, i dati mostrano che quando c’è una riduzione netta le imprese preferiscono questa forma di lavoro”.
Critiche da Confindustria anche alle misure sulle delocalizzazioni, perchè non distinguono quelle buone da quelle selvagge che “vanno contrastate.
La richiesta di Confindustria al Parlamento è quella di intervenire “attenuando il regime sanzionatorio perchè, oltre la restituzione di 4 volte il beneficio ottenuto, è prevista anche una sanzione amministrativa da 2 a 4 volte il beneficio”.
Per Panucci, il rischio è di ‘overshooting’, cioè di esagerare nella sanzione.
Da rivedere, secondo Confindustria, anche le norme sul contrasto alla ludopatia, che sono condivisibili “ma il divieto assoluto della pubblicità ci sembra eccessivo”. Quelle prese di mira dal documento “sono attività lecite – sostiene – che se troppo vincolate rischiano di dare spazio a quelle illecite”.
Secondo Panucci, “si potrebbero immaginare meccanismi differenti, chiarendo meglio gli spot. La pubblicità ha un valore informativo”.
(da “Huffingtonpost”)
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