DECRETO SICUREZZA E’ UN REGALO AGLI SFRUTTATORI DEI MIGRANTI IRREGOLARI
AUMENTERANNO GLI IRREGOLARI COSI’ QUALCUNO POTRA’ CONTINUARE A FOMENTARE ODIO
Il Ministro dell’Interno, che ha fatto della “caccia al clandestino” il caposaldo della propria campagna elettorale, firma e porta in approvazione al Consiglio dei Ministri un decreto dal principale effetto pratico di aumentare il numero di stranieri irregolarmente presenti sul nostro territorio.
Nuovi “clandestini” che regaleranno ancor più occasioni di sfruttamento a coloro — spesso italiani, italianissimi – che li arruolano per pochi euro al giorno nel lavoro nei campi o per i propri traffici illegali.
E questa è solo la prima delle ricadute negative del Decreto sulla vita delle persone, oltre che sulla qualità della nostra democrazia.
Tra le disposizioni non si può non notare la cancellazione dell’istituto della protezione umanitaria — come proclama la relazione illustrativa con malcelato orgoglio — da ora in poi previsto solo in caso di gravissimi motivi di salute, per chi fugge da calamità naturali (per un periodo di 6 mesi: un tempo da considerarsi ridicolo per chi è colpito da terremoti o eventi climatici estremi in un paese del Sud del Mondo), e per atti al valor civile (almeno quelli che il Ministro vorrà considerare tali).
Cancellazione che, di fatto, renderà irregolare la stragrande maggioranza di quelli che oggi godono di questo tipo di protezione, una volta giunto a scadenza il relativo attuale permesso.
Questo varrà anche per chi, in questi mesi e anni, avrà fatto un percorso di integrazione positiva nel nostro Paese.
Finiranno perciò tutti fuori dal sistema, a ingrossare le fila degli irregolari già presenti in Italia.
Se perfino autorevoli esponenti della Lega definiscono “irrealizzabile” il disegno di rimpatriarli tutti, dove potranno mai finire queste persone e come potranno mantenersi, se non potranno accedere a nessun tipo di opportunità di lavoro o studio di una qualche regolarità ?
Il tutto senza minimamente considerare che l’Italia in futuro avrà sempre più bisogno di persone in arrivo, per contrastare l’implosione demografica e contribuire allo sviluppo del Paese.
Ma di questo il Decreto, concentrato tutto sulle politiche di uscita e di espulsione dal nostro territorio, non si occupa minimamente.
In tema di diritti individuali, alcune disposizioni del Decreto sembrano inoltre istituire una sorta di “cittadinanza di serie B” per coloro che chiedono (o che hanno ricevuto) asilo e protezione internazionale nel nostro Paese, con una norma che diminuisce le possibilità di tutela legale per il cittadino straniero che ricorre e un’altra che esclude i richiedenti asilo dall’iscrizione all’Anagrafe.
Nel prevedere, inoltre, la revoca automatica dello status di rifugiato e della protezione internazionale (anche per un reato come la minaccia a pubblico ufficiale) o la sospensione dell’esame della domanda e l’obbligo di immediato abbandono del paese per chi vede avviato un procedimento penale a suo carico, viene accantonato il principio della presunzione di innocenza per i richiedenti asilo.
Il risultato sarà che richiedenti asilo e rifugiati diventeranno permanentemente precari nel nostro paese e, per questo, altrettanto permanentemente ricattabili, da chi può avere interesse a sfruttarli o a tenerli soggiogati.
Il Decreto è preoccupante anche per l’impatto che ha sulla qualità della democrazia. Attaccando, infatti, su più fronti il diritto d’asilo, non considera l’Articolo 10 della Costituzione, che recita: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Per un governo presieduto da un giurista e basato su una ampia maggioranza parlamentare espressa da un movimento che fino a pochi mesi fa giurava di voler rispettare e tutelare “La Costituzione più bella del Mondo”, si tratta di un bel cambiamento
Come se non bastasse, le porte degli SPRAR, introdotti peraltro dalla Bossi-Fini, saranno chiuse sia per i pochi, o pochissimi, che otterranno protezione umanitaria, (abbandonando quindi chi scappa da calamità naturali o ha gravissimi problemi di salute al proprio vulnerabile destino), sia per i richiedenti asilo, che il Decreto confina obbligatoriamente senza alcuna eccezione nei Centri di Accoglienza Straordinaria. Quei CAS nei quali spesso hanno operato soggetti spregiudicati, a cui il Decreto non richiede, peraltro una maggiore trasparenza nell’erogazione di servizi o un’ esperienza più qualificata nel settore.
Si creano così le condizioni per la nascita di centri di prima accoglienza sempre più grandi, in cui sempre più persone vengano “parcheggiate”, quali destinatarie passive di vitto e alloggio.
In sostanza, si tratta di un disegno volto all’educazione separata di queste persone che, almeno nei proclami del Ministro, dovrebbe avere il suo compimento finale nella forte riduzione dei fondi investiti per ogni migrante accolto in quelle strutture.
Senza considerare che quegli stessi soggetti che lucrano sulla pelle di coloro che accolgono, continueranno a farlo anche con il dimezzamento della diaria giornaliera per ospite, mentre a trovarsi in difficoltà sarà proprio chi opera nel settore dell’accoglienza, anche straordinaria, in modo professionale, non potendo invece erogare gli stessi servizi con la stessa qualità .
Insomma, una ricetta per aumentare l’irregolarità , ancora una volta, a discapito del successo del progetto e del processo di accoglienza e integrazione.
Un’integrazione nel nostro paese da oggi riservata solo ai titolari di protezione internazionale, che continueranno a poter accedere agli SPRAR insieme ai minori non accompagnati: un forte depotenziamento di un sistema che, secondo tutte le analisi, ha funzionato nel disinnescare conflittualità sociali e generare un indotto di valore sociale ed economico nei Comuni ospitanti.
Congelare l’approvazione dei progetti SPRAR dei Comuni, ridurne il campo di applicazione — come sta facendo oggi l’attuale Ministro — significa privare i nostri paesi e le nostre città di strumenti per garantire l’integrazione di chi oggi vive nel nostro Paese, sia esso rifugiato o richiedente asilo, ma significa anche comprimere un indotto economico e sociale non trascurabile di risorse spese sul territorio, investite nell’affitto di case o in attività economiche locali.
Significa far perdere il lavoro a migliaia – se non decine di migliaia — di giovani operatori italiani, laureati e spesso post-laureati, che in questo settore operano come educatori, coordinatori di progetto, formatori, psicologi, mediatori linguistici.
Una ricaduta che dovrebbe essere tenuta in considerazione da un governo nato sotto l’auspicio di ridare slancio all’occupazione e alla formazione giovanile.
Oxfam Italia ritiene sia possibile (e doveroso) riformare l’accoglienza in modo da combattere chi la sfrutta e lavorare per l’inclusione di chi arriva nel nostro paese, a beneficio loro e delle comunità ospitanti.
In La lotteria Italia dell’Accoglienza, abbiamo stilato alcune proposte: a partire dal superamento della divisione in CAS e SPRAR e dall’adozione di standard di accoglienza comuni e alti, per arrivare all’istituzione di un albo dei soggetti gestori e all’obbligo di una chiara rendicontazione dei fondi ricevuti e delle spese sostenute per l’accoglienza, che possono essere esaminate per una revisione del sistema.
Ci auguriamo di poterne discutere con chi, in Parlamento, avrà l’onere di dover riesaminare il Decreto Salvini approvato.
Un decreto che Oxfam Italia ritiene in prima battuta non funzionale alle sfide poste dall’immigrazione nel nostro Paese, ma anche contrario alla lettera del Contratto per il Cambiamento, poichè rischia di aumentare il numero di irregolari o clandestini, e alimentare il peggio del cosiddetto business dell’accoglienza.
Elisa Bacciotti
Direttrice dipartimento Campagne di Oxfam Italia
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