L’ORO ALLA PATRIA LO DANNO LE BANCHE: ALTRO CHE LE FAMIGLIE ITALIANE, L’AIUTINO A SALVINI ARRIVA DAI POTERI FORTI
INVESTITORI STRANIERI IN FUGA DAI TITOLI DI STATO, BANCHE IN SOCCORSO DEL GOVERNO… NON SENZA RISCHI
L’oro alla Patria, quello che Matteo Salvini si aspettava dalle famiglie e che le famiglie si sono ben guardate dal donare nell’ultima asta del Btp Italia, per ora continuano a darlo le banche, uno dei pezzi dell’establishment meno simpatetici con la maggioranza gialloverde.
Se qualcuno aveva dubbi su chi fosse infatti il compratore misterioso che nelle ultime settimane ha inchiodato lo spread in uno stretto intorno di quota 300 punti base, il Rapporto sulla stabilità finanziaria diffuso ieri dalla Banca d’Italia li ha fugati tutti.
Il passaggio chiave delle oltre 60 pagine del documento è questo: “Come avvenuto in altri periodi di forte tensione finanziaria, tra maggio e settembre le banche italiane hanno effettuato ingenti acquisti di titoli sovrani per 39 miliardi. Questi investimenti contribuiscono a stabilizzare i prezzi dei titoli…”.
A conferma di quanto scritto dalla Banca d’Italia l’esito della seconda fase del collocamento dei Btp Italia riservata agli investitori istituzionali. Il Mef ha infatti spiegato che il collocamento “ha visto una presenza predominante di investitori domestici, che ne hanno sottoscritto circa il 93%. Hanno partecipato alla sottoscrizione anche investitori residenti nel Regno Unito (circa il 5% ) ed in Francia (circa il 2%)”.
Ma il soccorso rosso bancario, che nessuno può dire con certezza se sia stato in qualche modo sollecitato dal governo, non è senza costi e rischi per gli istituti di credito (soprattutto piccoli) che nonostante i progressi dell’ultimo anno, sul piano della riduzione del peso degli Npl e della redditività , continuano a camminare sul filo di una lama di rasoio.
Il punto infatti è questo. Inariditasi la fonte della raccolta di fondi sull’interno il cui costo è aumentato e quasi prosciugatosi il ricorso all’emissione di obbligazioni sul mercato (le famose subordinate), alle banche non è rimasto che indebitarsi verso l’Eurosistema, cioè quell’Europa che i nazional populisti considerano matrigna ma che in questo caso torna comoda per finanziare l’investimento in Btp.
Il Rapporto sul punto è chiaro: “Le banche hanno aumentato notevolmente la posizione debitoria netta nei confronti dell’estero per finanziare a tassi contenuti gli acquisti di titoli di Stato”.
Il debito netto verso gli istituti esteri che ad aprile era ancora di circa 40 miliardi è più che raddoppiato ed oggi supera quota 80.
D’altra parte altra soluzione non si intravedeva. Se gli istituti italiani hanno comprato titoli per 39 miliardi, l’estero ha disinvestito tra maggio e settembre per 68 miliardi e ormai partecipa al mercato nella misura di un quarto del totale.
Secondo l’agenzia di rating Moody’s, che un mese fa ha ridotto di un gradino la valutazione del debito italiano con outlook stabile, i prossimi mesi continueranno ad essere caratterizzati dalla latitanza dell’estero e saranno i risparmiatori privati a comprare affiancando il modo del credito.
Mentre lo scontro con l’Europa, dice Moody’s, “continuerà a pesare sullo spread e aumenterà i rischi di rallentamento dell’economia”. L’equilibrio insomma è instabile e le banche si trovano al centro di un’operazione non esente da gravi pericoli. Il maggiore dei quali si chiama rischio di liquidità .
È ancora la Banca d’Italia a parlare: “Il calo del valore dei titoli impiegati come collaterale per il rifinanziamento presso l’Eurosistema ha ridotto la posizione netta di liquidità delle banche di due punti”.
L’aumento dello spread intanto riduce il patrimonio e ciò a catena si riflette sull’offerta di credito ad imprese e famiglie ed amplia la djstanza tra gli istituti italiani e i concorrenti stranieri. Il governo è servito. Il volume dei titoli di Stato detenuto dalle banche nazionali è arrivato in settembre a oltre 320 miliardi.
Ma il sistema continua a correre sul filo di una lama di rasoio..
(da “Huffingtonpost”)
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