INCERTEZZA ESISTENZIALE, LA MANOVRA E’ UNA TROMBA D’ARIA PER LEGA E M5S
DI MAIO NON PUO’ ROMPERE PERCHE’ NON HA ALTERNATIVE, SALVINI POTREBBE MA NON VUOLE TORNARE NEL CENTRODESTRA… E ORA DEVONO METTERCI LA FACCIA SULLA CAPORETTO POLITICA DELLA RESA ALL’EUROPA DOPO TANTE PROMESSE TRADITE
La manovra, politicamente parlando, non è una parentesi, chiusa la quale tutto tornerà come prima. Ed è indicativo di quanto sia cambiato il clima nel governo, la fiducia tra alleati, e il rapporto col paese, la “connessione” emotiva, che il giorno finale, ad accordo quasi raggiunto, sia stato il più teso.
È quasi surreale il “governo del cambiamento” che evita di riferire in Aula e annuncia, come neanche Monti ai tempi d’oro, che “la manovra la rivelerà l’Europa”, dopo giorni in cui le commissioni hanno girato a vuoto, discutendo di un provvedimento ancora da scrivere.
E se qualche giorno fa il caso era “il reddito di cittadinanza” che “piace all’Italia che non ci piace” e alimenta “il nero”, stavolta è il caso è l’election day.
Perchè la manovra, ancora dopo l’accordo raggiunto o quasi raggiunto, è come una tromba d’aria che lascia una scia di turbolenze. Ed è il solito Giorgetti, più di Salvini, ad interpretare l’insofferenza del corpaccione leghista, perchè un conto è difendere la stabilità di governo, altro è correre in soccorso dei Cinque Stelle.
E quell’emendamento presentato dai Cinque Stelle per accorpare regionali ed europee era un soccorso. A quanti, nel pomeriggio, iniziano compulsivamente a mandargli messaggi, il potente sottosegretario a Palazzo Chigi assicura che “quella roba sarà ritirata, perchè non esiste”.
È la storia di un blitz fallito, ennesimo capitolo di una scia, appunto, di turbolenze tra i due alleati di governo: pochi giorni fa era il nero del reddito di cittadinanza, prima ancora l’attacco a freddo sui fondi della Lega, una settimana fa la competizione a ricevere gli imprenditori.
E domani sarà il global compact, col governo che decide di non decidere, rinviando la decisione sine die, affidata a una mozione buona solo a prendere tempo, dopo che Conte si era impegnato con l’Onu sull’adesione dell’Italia e Salvini l’aveva smentito in Parlamento rinviando il tutto a una discussione in Aula.
La verità è che si vive in un clima di incertezza.
“Siamo tutti provvisori”: è bastata la frase pronunciata dal sottosegretario Vincenzo Spadafora a margine di un convegno per scatenare nei Palazzi una situazione da allarme, come se fosse un preannuncio di crisi.
Che non c’è e non ci sarà , perchè il punto di fondo è che Salvini non vuole rompere. Non perchè non ha alternative, ma perchè le alternative non gli piacciono.
E Di Maio invece non può rompere perchè di alternative non ce l’ha.
È una provvisorietà diventata acuta in tempi di manovra, che però rischia di diventare una situazione “esistenziale” del governo anche nel dopo-manovra.
Perchè semmai la parentesi è il protagonismo di Conte, chiamato a mettere la faccia su una operazione che rappresenta una Caporetto politica rispetto alle aspettative suscitate, ai programmi, alle dichiarazioni di strafottenza del sistema di regole europee.
E Salvini, dopo giorni di quasi silenzio, sarà chiamato a gestire il dopo per evitare di finire in una terra di nessuno, di una manovra che scontenta sovranisti da un lato, perchè arrendevole con l’Europa, e imprese dall’altro perchè non c’è sviluppo.
Come la soluzione trovata sul global compact è una classica furbata all’italiana, che mette il governo a riparo da una crisi, al prezzo di una doppio cedimento: Conte, sul tema, perde la faccia, Salvini perde molta purezza sovranista.
E adesso immaginate, in questo quadro, la vittoria del centrodestra in Abruzzo e magari in Sardegna a febbraio (in attesa del pronunciamento del Tar sulla Basilicata), la crisi dei Cinque Stelle, la messa in discussione di fatto della leadership di Di Maio. I soliti ben informati delle cose leghiste raccontano che Salvini, in fondo, non si sarebbe scandalizzato più di tanto dell’election day, perchè è molto poco interessato al dossier regionali. È come se la cosa non lo riguardasse.
Le regionali sono un passaggio difficile da gestire, perchè c’è mezza Lega che pressa Salvini affinchè faccia ciò che non vuole fare.
E non è un caso che nei giorni scorsi, dopo le battute del Cavaliere proprio sui “responsabili” ha fatto sapere anche ai vertici delle istituzioni che “non tornerò mai al governo con Berlusconi”.
In fondo preferisce il governo con un alleato indebolito che un cambio di schema con un alleato ingombrante.
(da “Huffingtonpost”)
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