LA TENSIONE SULLA TAV IN EUROVISIONE
IL MINISTRO FRANCESE CHIEDE GIUSTAMENTE DECISIONI RAPIDE, TRIA DICE SI’, TONINELLI RISPONDE NO
Parigi-Roma e dintorni. La tensione sulla Tav va in scena in Eurovisione.
Dalla Francia il ministro ai Trasporti Elisabeth Borne, che avrebbe già dovuto incontrare il suo omologo italiano Danilo Toninelli, lancia la stoccata che dà l’idea di ciò che sta succedendo: “Si fa fatica – dice – a comprendere la posizione del governo italiano sulla Tav. Il Movimento 5 Stelle è contrario alle grandi opere, la Lega è favorevole”.
Poi parlando a FranceInfo ecco il suo ultimatum, che poi è quello della Ue: “Servono decisioni rapide”. Rapide e chiare.
La pubblicazione dei bandi di gara sembra ormai la strada obbligata ma attorno a questo ruota tutta la confusione di queste ore, con un governo italiano in preda a una crisi di nervi, spaccato tra favorevoli all’Alta velocità e contrari, come ormai è noto a tutti.
Come in un ping pong le immagini rimbalzano da una parte all’altra delle Alpi con dichiarazioni contrapposte.
E il culmine arriverà domenica sera quando il presidente Emmanuel Macron sarà ospite da Fabio Fazio su Rai 1, senza aver prima incontrato il premier Giuseppe Conte nonostante i tentativi di avvicinamento da parte dell’Italia dopo il ritiro dell’ambasciatore.
I bandi che sbloccano le gare d’appalto della Tav saranno pubblicati entro marzo.
Questo è l’unico punto fermo per non per non perdere i finanziamenti europei e aprire una crisi senza precedenti sulle grandi opere sia con la Francia sia con l’Ue.
L’avvio delle gare, in teoria, è già un passo avanti verso la realizzazione dell’opera. Se non fosse che il ministro Toninelli continua a dirsi contrario e sottolinea che questi bandi possono essere annullati entro sei mesi senza incorrere in penali dal momento verrebbe svolta solo una ricognizione tra le aziende che mostrano interesse nella realizzazione dell’opera.
Perchè allora pubblicare i bandi per poi annullarli? È la domanda che in tanti, e sicuramente anche Oltralpe si pongono quando mancano appena dieci giorni allo scadere del termine. Perchè un accordo dentro il governo ancora non è stato raggiunto e difficilmente lo si troverà nel breve termine e quando la campagna delle Europee sta per entrare nel vivo.
Questa, quindi, appare l’unica strada per prendere tempo, superare il voto di maggio e rimandare tutto.
Nei fatti però non si può certo parlare di stop alla grande opera. Quindi il Movimento 5 Stelle ribolle. Alessandro Di Battista, tra i più duri e puri contro la Tav, è sparito dai radar e di tornare sulla scena non ne vuole sapere se prima non sarà detto un ‘no’ forte e chiaro.
Le parole del ministro del Tesoro, Giovanni Tria, che arrivano dal forum economico di Parigi, nelle stesse ore in cui parla il ministro Borne, sembrano andare in tutt’altra direzione rispetto alle vecchie promesse M5s: “Credo si stia andando verso il proseguimento del cantiere. Ci sono posizioni diverse nel governo ma ci sarà un’evoluzione positiva. Del resto c’è una legge e per cambiare idea ci vorrebbe bisogno di un’altra legge”.
Tria fa riferimento ai trattati internazionali e al voto a favore che a suo tempo aveva espresso il Parlamento. Quindi ecco Toninelli a marcare la distanza: “L’Alta velocità non va fatta e i soldi devono essere destinati altrove”.
Nel caos generale gli M5s diffondono voci sulla possibilità di destinare i soldi della Tav alla seconda canna del traforo del Frejus, così da calmare gli elettori e i più arrabbiati.
In sostanza voglio far passare l’idea che i bandi saranno pubblicati, poi annullati e i finanziamenti della Ue saranno destinati ad altre opere. Ragionamento che trova pochi riscontri sul lato pratico.
Dall’altro lato la Lega, che dal canto suo non può far sparire il nome ‘Tav’ perchè i suoi elettori non glielo perdonerebbero, parla di ‘mini-tav’, di una riduzione dell’opera.
E a questo punto, a completare questo spettacolo che va in onda a reti unificate Francia-Italia, Conte è costretto a intervenire: “Da parte mia nessuna apertura alla mini-Tav. La decisione politica sarà presa in totale trasparenza”.
Adesso in campo c’è il premier che, come spesso è avvenuto in questi mesi, anche sul Tap, ha preso in mano il dossier a costo di dover prendere una decisione scomoda per gli M5s.
(da “Huffingtonpost”)
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