ALTRO CHE ALLEANZA PPE COI SOVRANISTI, PERSINO TRUMP NON LA VORREBBE PERCHE’ HA CAPITO CHE SONO AL SERVIZIO DELLA RUSSIA
I COLLOQUI A WASHINGTON DI TAJANI… C’E UNA MAGGIORANZA PER CACCIARE IL RAZZISTA ORBAN
Quando il rischio diventa davvero concreto, di solito si corre ai ripari per non schiantarsi.
E così il Ppe, in extremis, a tre mesi dalle europee, mette in agenda seriamente l’espulsione di Viktor Orban, il premier ungherese condannato dall’Europarlamento per violazioni dello stato di diritto. Nel gruppo dei Popolari ormai c’è la maggioranza per espellere Orban (7 partiti di almeno 5 Stati membri).
Ma si lavora per andare oltre: si lavora ad un’alleanza europeista senza i leghisti di Matteo Salvini e senza nemmeno i nazionalisti polacchi di Jaroslaw Kaszynski, al momento alleato del Ppe.
Se ne è convinto anche il presidente dell’Eurocamera Antonio Tajani, finora molto riservato sulla questione: è stato tre giorni negli Usa e dai colloqui di alto livello istituzionale che ha avuto oltreoceano ha appreso che un’alleanza del Ppe con i sovranisti non la vuole nemmeno Donald Trump.
Strano? Fino a un certo punto. Anche a Washington, come nelle maggiori capitali europee da Parigi a Berlino, guardano all’ondata sovranista in Europa come ad un cavallo di Troia della Russia e della Cina, potenze pur sempre antagoniste degli Stati Uniti.
Ed è per questo che il disegno disgregatore dell’Unione Europea, contenuto nelle formule dei nazionalisti, non fa comodo nemmeno a Trump: lui, che insieme a Putin è uno dei maggiori indiziati per le tendenze euroscettiche in crescita nell’Unione, preferisce mantenere l’Ue nella sfera di influenza atlantica.
Il che spiega anche perchè quasi tutti i paesi europei, tranne l’Italia e pochissimi altri, non abbiano avuto problemi a schierarsi con Guaidò e gli Stati Uniti nella crisi venezuelana contro Maduro, per dire.
Oltreoceano la pensano così e Tajani ha avuto modo di parlarne con diversi interlocutori molto vicini al presidente degli Stati Uniti. Tra loro anche il Direttore della National Intelligence, Dan Coats. “L’intelligence americana ha confermato che esiste il rischio concreto di interferenze esterne per influenzare il risultato delle prossime elezioni europee”, dice Tajani. “Il Parlamento europeo lavorerà a stretto contatto con i nostri alleati per bloccare qualunque attacco alla nostra democrazia”.
l Ppe dunque serra le fila per tentare a tutti i costi di costruire un’alleanza europeista dopo il voto di maggio: con i socialisti, i liberali dell’Alde e altri gruppi che lo Spitzenkandidat dei Popolari Manfred Weber vorrebbe riunire intorno ad un tavolo programmatico alla ricerca di affinità (ci proverà anche con i Verdi).
Uno schema che evidentemente lascia Silvio Berlusconi in minoranza: unico a sostenere un’alleanza con i sovranisti (intervista di oggi a La Stampa) quando la maggioranza del suo gruppo europeo si schiera sull’opzione contraria.
Tattica finalizzata al tentativo di non offrire sponde a Salvini nelle urne di maggio, spiegano in ambienti di Forza Italia. Ma il punto è che, Silvio o non Silvio, il quadro europeo viaggia in tutt’altra direzione o almeno la cerca.
Come Berlusconi, fino a qualche tempo fa, Tajani sosteneva che la sua aspirazione era costruire un’alleanza tra Ppe, Liberali e Conservatori e Riformisti, gruppo che include i polacchi di Kaszynski, il leader che ha portato il suo paese in procedura di infrazione europea per violazione dello stato di diritto.
Insomma, uno che ha molto in comune con Orban. Si tratta dell’alleanza che ha eletto Tajani alla presidenza del Parlamento europeo a gennaio 2017. Ma ora, complice la visita negli Usa, la direzione non sembra più così scontata. Nel Ppe si lavora ufficialmente per espellere Orban e lasciare ai margini Salvini e Kaszynski.
Lo Spitzenkandidat del Ppe Weber ormai mette esplicitamente nel conto un’espulsione di Orban e, anzi, lo relega nella stessa categoria di Salvini e Kaszynski.
Vale a dire: con loro non ci si allea.
Ecco le sue parole in un’intervista al settimanale tedesco Der Spiegel: “Orban va nella direzione sbagliata: quando si tratta di questioni di stile o di ordine democratico, ci sono delle intersezioni con il leader della Lega Salvini e con il leader del PiS, Kaczynski. Non è la mia strada nè quella del Ppe. Ora, tutte le opzioni sono sul tavolo: Orban ha danneggiato il Ppe con le sue dichiarazioni e i suoi manifesti. Gli appelli non sono più sufficienti, prenderemo presto misure concrete”.
Goccia che ha fatto traboccare il vaso: la campagna elettorale ufficiale del governo ungherese contro il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker.
Da statuto del Ppe, per ‘cacciare’ un componente del gruppo sono necessari 7 partiti nazionali di almeno 5 Stati membri. Una soglia che in teoria è stata già raggiunta.
Ai tre partiti cristiano-democratici di Belgio e Lussemburgo, si è aggiunto il partito conservatore finlandese Kokoomus, che lo scorso novembre ha ospitato il congresso del Ppe a Helsinki, congresso che ha eletto Weber Spitzenkandidat. Poi ci sono il partito portoghese Cds-Pp, i Moderati svedesi e la Cda olandese.
La discussione su Orban potrebbe arrivare a maturazione già la prossima settimana o al massimo all’assemblea del Ppe convocata per il 20 marzo, vigilia del Consiglio europeo, l’ultimo prima del voto di maggio.
Certo, poi c’è da vedere come andranno le elezioni: ma se la Lega cresce, secondo le ultime rilevazioni, Marine Le Pen invece cala.
All’Europarlamento un’alleanza europeista ancora vacilla, ma le diplomazie sono al lavoro per costruirla, come da indicazioni d’oltreoceano nonchè francesi, tedesche, spagnole.
L’Italia dovrà accodarsi, come Berlusconi.
(da “Huffingtonpost”)
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