COME FACEVA FONTANA A SOSTENERE CHE NON SAPEVA NULLA “DELLA DONAZIONE” SE PER LA PROCURA E’ STATO LUI A INTERVENIRE PER TRASFORMARE QUELLA CHE ERA UNA VENDITA IN DONAZIONE, UNA VOLTA CHE REPORT AVEVA SVELATO L’AFFARE?
SE ERA UNA DONAZIONE COME MAI, DOPO CHE IL CASO E’ ESPLOSO, L’AZIENDA DELLA MOGLIE E DEL COGNATO DI FONTANA NON HANNO PIU’ “DONATO” I RESTANTI 25.000 CAMICI CONCORDATI NELLA FATTURA CERCANDO ANZI DI RIVENDERLI AD ALTRI?
Dai primi atti di indagine della Procura di Milano sul caso della fornitura di camici e altro materiale da parte di Dama, società del cognato di Attilio Fontana, sarebbe emerso un interessamento del governatore lombardo nella fase di trasformazione dell’ordine di acquisto diretto in donazione.
Inquirenti e investigatori stanno facendo accertamenti su un presunto ruolo attivo nella vicenda del presidente della Regione. La moglie di Fontana detiene una quota della società .
“Non sapevo nulla della procedura attivata da Aria Spa e non sono intervenuto in nessun modo”, aveva fatto sapere in una nota qualche giorno dopo l’uscita dell’inchiesta giornalistica il governatore Fontana.
Il presidente si era detto in questo modo fin da subito estraneo alla vicenda, sostenendo di non sapere della donazione. Una versione che collide con quella su cui lavorano invece i magistrati.
Dagli accertamenti svolti ad oggi dagli inquirenti – e avviati per capire se ci sia stata turbativa d’asta – risulta che non si trattò di una donazione ma di un affidamento diretto.
Dei 75mila camici della fornitura al centro delle indagini della Procura di Milano, 50mila sarebbero stati messi a disposizione di Aria, centrale acquisti della Regione Lombardia, come donazione da parte di Dama, società del cognato di Attilio Fontana. Società che, però, dopo il 20 maggio, quando avvenne la trasformazione da fornitura in donazione, avrebbe cercato di rivendere i restanti 25mila camici.
(da “Huffingtonpost“)
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