I DEMONI DI ANGELA
PESSIMISTA SULL’ACCORDO, MERKEL MEDIA SU TUTTI I TAVOLI CON CRESCENTE INSOFFERENZA VERSO I FRUGALI
E’ possibile che finisca con un “no deal”, senza accordo, dice Angela Merkel arrivando in mattinata all’Europa building dove per il terzo giorno consecutivo sono riuniti i 27 leader europei alla ricerca di intesa sul Recovery fund.
Vale la pena puntare i riflettori sulla cancelliera tedesca, la ‘regina’ di ogni negoziato europeo da quando è al potere in Germania, 15 anni, la portatrice d’acqua all’idea del pacchetto ‘Next generation Eu’ affidato all’elaborazione della Commissione europea, la prima a volere un accordo comunitario, lei che prima del summit aveva promesso di adoperarsi per la mediazione e il compromesso.
Anche Merkel è sotto lo scacco dei frugali, quei 4-5 paesi che stanno bloccando l’Europa a 27 e che stasera sono stati oggetto della reprimenda di Charles Michel.
A cena è il presidente del Consiglio europeo, evidentemente d’accordo con la cancelliera, a fare un elenco, anche in toni aspri, di tutto quello che i paesi del nord hanno ottenuto nelle trattative.
In particolare, Michel presenta una nuova bozza che prevede un ammontare totale del recovery fund di 750 miliardi di euro, ripartiti in 400 miliardi di sussidi e 350 miliardi di prestiti.
“Uno strappo mostrerebbe il volto di un’Europa debole”, precisa il presidente del Consiglio europeo, a poche ore dalla scadenza che preoccupa tutti all’Europa building: la riapertura delle borse del lunedì, dopo il weekend.
I leader continuano a trattare a oltranza, per scongiurare un fallimento che probabilmente verrebbe punito dai mercati. Puntano almeno ad un rinvio ad un altro summit, che verrebbe forse compreso, a patto però che si raggiunga uno straccio di qualcosa prossima ad un accordo.
“Durante i negoziati, ho ascoltato tutti, mostrato il massimo rispetto. Continuerò a lottare per un accordo, con lo stesso rispetto. Il mio auspicio è che giungiamo a un accordo e che FT e i nostri altri giornali domani titolino che l’Ue è riuscita in una missione impossibile”, continua Michel.
E’ anche per lo strapotere rosicchiato dai frugali, che, specificano fonti diplomatiche, la cancelliera è al fianco di Emmanuel Macron, Giuseppe Conte, Pedro Sanchez nella battaglia per mantenere le dimensioni totali delle risorse riservate ai sussidi nei termini di 400 miliardi, che è già una grossa concessione rispetto ai 500 miliardi della proposta iniziale.
Sono questi i termini delle trattativa in corso nelle ultime ore serali di questa terza giornata di un summit che pare infinito, costretto nelle divisioni tra Nord e Sud Europa, tragico per quanto significa sui destini delle economie degli Stati membri e sul futuro dell’Unione.
L’Olanda in testa, e i frugali Danimarca, Svezia, Austria e ora anche la Finlandia al seguito del falco Mark Rutte, hanno un po’ ceduto nelle ultime ore sulla querelle riguardo alle dimensioni totali del Recovery fund.
Erano partiti chiedendo che i sussidi non superassero la soglia dei 299 miliardi di euro. Nel pomeriggio sono arrivati a proporre 350 miliardi di sovvenzioni, non di più, più altri 350 miliardi di prestiti per un ammontare totale del fondo di 700 miliardi di euro, 50mld in meno rispetto alla proposta originaria di Ursula von der Leyen.
Ma si sono trovati di fronte il muro del Sud: Italia, Spagna, Portogallo, Francia, spalleggiati dal resto dei paesi Ue anche a est e soprattutto dalla Germania e poi anche dallo stesso Michel. Merkel in prima persona non è disposta a ridurre ulteriormente la quota delle sovvenzioni a fondo perduto per recuperare le economie piegate dalla crisi del Covid.
Insieme con Macron, Merkel aveva proposto 500 miliardi di sussidi, che nel piano della Commissione sono stati affiancati da 250 miliardi di prestiti.
Per la cancelliera è già una grossa concessione scendere di 100 miliardi di euro, tagli che verrebbero applicati alla quota di 190 miliardi riservata alla ricerca (Horizon 2020), allo sviluppo rurale, alla decarbonizzazione. Tagliare di altri 50 non è solo un’ipoteca sull’efficacia del Recovery fund come strumento di ripresa. Sarebbe anche una resa politica per la leader tedesca.
Per lei significherebbe tornare a casa con l’onta di essersi fatta massacrare dai piccoli Stati del nord, che già si sono imposti molto nella trattativa, riuscendo a piegare persino il potente asse franco-tedesco, da sempre motore decisionale dell’Ue.
Sarebbe una sconfitta politica per Merkel, presidente di turno dell’Ue fino a dicembre, cancelliera alla fine del suo ciclo politico (finora ha sempre detto che non si ricandiderà alle elezioni 2021 in Germania) che ha legato la sua eredità di leader al successo del ‘Next generation Eu’.
Uscirne senza intesa, come ha messo nel conto in mattinata in un misto di pessimismo e rassegnazione, sarebbe un fallimento. Ma anche uscirne con un accordo che premia i piccoli Stati frugali non sarebbe una soluzione senza problemi per lei, oltre che per l’Europa.
Intorno alle 19.30, dopo una serie di incontri ristretti tra cui anche quello tra i paesi del sud e i frugali, i 27 leader si ritrovano a cena: piatti freddi, catering su ordinazione, come ieri.
Prima di cena, Conte si riunisce anche con i leader frugali. “Vi state illudendo che la partita non vi riguardi o vi riguarda solo in parte — dice rivolgendosi all’olandese Mark Rutte – In realtà se lasciamo che il mercato unico venga distrutto, tu forse sarai eroe in patria per qualche giorno, ma dopo qualche settimana sarai chiamato a rispondere pubblicamente davanti a tutti i cittadini europei per avere compromesso una adeguata ed efficace reazione europea. Voi avete dubbi perchè le risorse finanziarie di cui ragioniamo oggi vi sembrano tante. In realtà è il minimo indispensabile per una reazione minimamente adeguata; se tardiamo la reazione, dovremo calcolare il doppio o forse anche di più”.
Il premier italiano, però, non ricava nulla dall’arringa e da questo ennesimo incontro. Proprio lì a cena i frugali attaccano di nuovo anche sui rebates (i meccanismi di rimborso sul Bilancio Ue), per non parlare della governance delle risorse, rebus dei rebus tra la richiesta di Rutte di poter esercitare il veto in Consiglio europeo di fronte a piani di investimento che non lo convincono e il meccanismo di maggioranza rafforzata opposto da Conte, con Macron, Merkel, Sanchez e gli Stati più colpiti dalla pandemia. Ad ogni modo, a cena i frugali riaprono la questione rebates.
Chiedono che i loro sconti sui contributi al bilancio pluriennale europeo vengano aumentati di 7 miliardi in sette anni. Olanda, Svezia, Danimarca e Austria ne beneficiano in quanto sono contributori netti al bilancio ma usano meno i fondi europei.
Trattasi di un privilegio pensato negli anni ’80 per la Gran Bretagna di Margaret Thatcher. Anche la Germania ne beneficia, ma Merkel ha già detto che non vuole un ulteriore aumento dello sconto, differenza sostanziale con i frugali.
Questo summit ha aumentato le distanze tra Berlino e le capitali del nord, finora in collegamento diretto con la cancelleria tedesca. In queste notti, dopo i lavori del summit, Merkel si intrattiene sovente in hotel a parlare ancora con Macron e con Conte davanti a un drink, piuttosto che con gli interlocutori del nord.
Segnali sintomatici di un approccio politico a favore delle ragioni del sud, disponibile al compromesso a patto che non sia una sottomissione ai frugali. Nella sua battaglia europea e anche personale, Merkel sta cercando di non permetterlo.
(da “Huffingtonpost”)
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