AFGHANISTAN, I TALEBANI ATTACCANO IL PANSHIR, EROICA RESISTENZA DEI PATRIOTI: “RESISTIAMO, NON CI FACCIAMO COMPRARE”
IL BRACCIO DESTRO DI MASSOUD: “STIAMO RESPINGENDO GLI ASSALTI SU TUTTI I FRONTI, ABBIAMO ELIMINATO 40 MILIZIANI TALEBANI”
L’ultimo spicchio di Afghanistan fuori dal controllo talebano è circondato.
«Fratelli della Valle del Panshir — ha detto in un messaggio registrato Amir Khan Mottaqi, uno dei “ministri” talebani — i negoziati per risolvere il problema pacificamente sono falliti. La valle è circondata da quattro lati. Chi desidera arrendersi, lo faccia. Subito. Chi desidera combattere avrà da combattere. Il Panshir è stato attaccato».
È un ultimatum e assieme una dichiarazione di guerra. I talebani vogliono liberarsi dell’ultima sacca di resistenza prima che qualcuno, dall’estero, decida di dargli appoggio.
Nella valle si sono asserragliati gli eredi del comandante Ahmad Shah Massoud guidati dal figlio 32enne di questi, Ahmad Massoud. Il padre resistette nella sua valle per dieci anni ai sovietici e poi per cinque ai talebani del primo emirato.
Il «Leone del Panshir», però, non c’è più. Il figlio deve ancora dimostrare le sue capacità strategiche, ma soprattutto trovare qualcuno che lo aiuti dall’estero. I panshiri hanno guidato per anni l’esercito filoamericano contro gli studenti del Corano. Il rischio di una vendetta sanguinaria è reale.
Dalla valle, Fahim Dashti, portavoce del giovane Massoud, risponde al Corriere.
«Non ci sono state trattative reali. Noi del Fronte Nazionale di Resistenza volevamo risolvere i problemi di convivenza tra le varie componenti del Paese. Loro, i talebani, hanno solo cercato di comprarci».
Come?
«Hanno offerto un ministero ad Ahmad Massoud o a un suo rappresentante a scelta. In alternativa gli hanno garantito di conservare le sue proprietà sia in valle sia a Kabul. E mentre gli dicevano queste cose al telefono i miliziani attaccavano. La guerra non è cominciata ieri, ma lunedì».
Trattate solo con Amir Khan Mottaqi?
«No, con lui scambi di telefonate. Ma ci sono stati contatti anche con altri loro leader e per due volte incontri faccia a faccia tra delegazioni di alto livello».
Qual è il ruolo di Abdullah Abdullah? L’ex capo dell’esecutivo afghano era un amico del Leone del Panshir ed è rimasto a Kabul. È lui a mediare per voi?
«Purtroppo non riusciamo a parlarci. Sappiamo quello che sanno tutti. Che lui e l’ex presidente Karzai hanno incontrato alcuni esponenti talebani. Nient’altro».
Il Fronte Nazionale di Resistenza, come vi siete chiamati, ha l’appoggio dei vecchi alleati che combatterono il primo Emirato talebano? Cioè oltre ai tagiki del Panshir potete contare anche su hazara e uzbeki?
«Leader attivi nel passato come Ismahil Khan, il generale Dostum e il comandante Atta sono fuori dal Paese. In valle, però, sono accorsi tanti altri oppositori. Soldati, poliziotti, forze speciali, ministri e deputati di province diverse. Oltre naturalmente al vice presidente Saleh. La nostra non è una resistenza etnica, ma nazionale».
I talebani dicono di aver già conquistato diverse posizioni e ucciso molti vostri uomini
«Propaganda. Hanno tentato sortite su più fronti, è vero, ma sono stati sempre respinti. Nella piana di Shamali, all’ingresso del Panshir, questa mattina (giovedì) c’erano almeno 40 cadaveri di loro miliziani. Hanno chiesto agli anziani dei villaggi di intercedere per recuperarli. Noi l’abbiamo concesso».
Feriti?
«Noi non abbiamo avuto problemi. Da Kabul, invece, ci dicono che gli ospedali sono pieni, solo che medici e infermieri non vengono a curarli».
Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha detto che nessuno ha interesse ad aiutarvi. Siete soli?
«Forse, ma siamo pronti a resistere. Ci eravamo preparati a questo».
(da il Corriere della Sera)
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