L’ANAC BOCCIA IL PONTE SULLO STRETTO: TUTTI I RISCHI SUL BILANCIO PUBBLICO
L’AUTORITA’ ANTI-CORRUZIONE: “AI PRIVATI I GUADAGNI, AL PUBBLICO I RISCHI”
Giusto, anzi “decisivo”, rinegoziare alcune misure del Pnrr; ma quello del Piano di ripresa e resilienza, sostiene il presidente dell’Autorità anticorruzione Giuseppe Busia, deve essere “un terreno condiviso, sottratto alla dialettica di corto respiro, di fronte al quale essere capaci di andare oltre le pur legittime rivendicazioni di meriti, o le accuse per le innegabili mancanze e, invece, incentrato su condivisione e collaborazione”.
Secondo la relazione al Parlamento del presidente dell’Anac, illustrata questa mattina alla Camera, per quanto riguarda il Pnrr occorre innanzitutto “riconoscere che, mentre le diverse riforme previste dal Pnrr sono indispensabili ed esigono un rapido completamento, non tutti gli investimenti hanno la medesima urgenza. Per questo possono essere utilmente spostati su altri finanziamenti europei, per i quali pure il nostro Paese registra da sempre ritardi e sprechi inaccettabili, guardando così ad un orizzonte più ampio rispetto al 2026”. Precondizione di tutto, nel campo degli appalti, è la massima trasparenza e controllabilità dei progetti e dello stato degli investimenti, ha rimarcato Busia, che quindi è tornato a criticare l’eccessivo utilizzo di deroghe e soglie alte nel nuovo Codice appalti (“scorciatoie meno efficienti e foriere di rischi”), a segnalare i pericoli del subappalto a cascata, lo svuotamento di fatto dell’ingresso di donne e giovani negli appalti Pnrr, lo squilibrio del trasferimento del rischio al privato per il Ponte sullo Stretto “a danno del pubblico”, e la non introduzione nel Codice dell’obbligo di dichiarare il titolare effettivo, come richiesto da Anac.
In particolare sul nuovo Codice appalti il presidente dell’Anac ha ripetuto che “la deroga non può diventare regola, senza smarrire il suo significato e senza aprire a rischi ulteriori. Nel tempo in cui, grazie all’impiego delle piattaforme di approvvigionamento digitale ed all’uso di procedure automatizzate, è possibile ottenere rilevantissime semplificazioni e notevoli risparmi di tempo, accrescendo anche trasparenza e concorrenza, sorprende che per velocizzare le procedure si ricorra a scorciatoie certamente meno efficienti, e foriere di rischi. Tra queste, l’innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti, specie per servizi e forniture, o l’eliminazione di avvisi e bandi per i lavori fino a cinque milioni di euro”.
Forte anche il richiamo alla qualificazione delle stazioni appaltanti, indispensabile per la modernizzazione dell’Italia e raggiungere standard europei. “Solo le amministrazioni in grado di utilizzare le più evolute tecnologie possono gestire le gare più complesse e procedure quali project financing e dialogo competitivo”. “Le potenzialità insite nella riforma – ha aggiunto il presidente Anac – sono state, tuttavia, limitate innalzando a 500.000 euro la soglia oltre la quale è obbligatoria la qualificazione per l’affidamento di lavori pubblici, col risultato di escludere dal sistema di qualificazione quasi il 90% delle gare espletate”. Secondo Busia, invece, “non possiamo più sostenere un’architettura istituzionale in cui tutte le 26.500 stazioni appaltanti registrate possano svolgere qualunque tipo di acquisto, a prescindere dalle loro capacità. Occorre una drastica riduzione del loro numero, unitamente alla concentrazione delle procedure di affidamento in alcune decine di centrali di committenza specializzate, diffuse sul territorio, che diventino centri di competenza al servizio delle altre stazioni appaltanti. Si tratta di una necessità, non solo per rispondere all’obiettivo posto dal Pnrr, ma anche per assicurare procedure rapide, selezionare i migliori operatori e garantire maggiori risparmi nell’interesse generale”.
Busia ha poi messo in guardia sui rischi del “subappalto a cascata”. “Il nuovo Codice – ha detto – ha eliminato il divieto del “subappalto a cascata”. Non possiamo dimenticare che tale istituto, per poter conservare una ragione economica, quasi sempre porta con sé, in ogni passaggio da un contraente a quello successivo, una progressiva riduzione del prezzo della prestazione. E questa necessariamente si scarica o sulla minore qualità delle opere, o sulle deteriori condizioni di lavoro del personale impiegato. Quando il ricorso al subappalto non è giustificato dalla specificità delle prestazioni da realizzare, mentre può risultare vantaggioso per il primo aggiudicatario, si rivela il più delle volte poco conveniente per la stazione appaltante, per i lavoratori e per le stesse imprese subappaltatrici, che vedono via via compressi i propri margini di profitto, rispetto a quanto avrebbero ottenuto come aggiudicatarie dirette”.
Quanto all’obbligo di dichiarare il titolare effettivo nelle gare pubbliche, il presidente dell’Anac ha rimarcato che “purtroppo, si è persa l’occasione di introdurre nel Codice, nonostante i numerosi solleciti, l’obbligo per gli operatori economici di dichiarare il titolare effettivo dell’impresa, rafforzandolo con adeguate sanzioni per l’omessa o la falsa dichiarazione. Gli enti pubblici devono conoscere i soggetti con cui intrattengono rapporti contrattuali, al di là degli schermi societari. Speriamo che il legislatore voglia presto colmare tale mancanza, in linea con quanto richiesto dalla normativa internazionale, anche in materia di antiriciclaggio”.
Un’altra alcuna lacuna relativa al Pnrr che denuncia Busia riguarda l’impiego di donne e giovani negli appalti del paino. “Ci siamo impegnati per la migliore implementazione della disciplina sulla parità generazionale e di genere nei contratti pubblici, che mira a garantire migliori prospettive occupazionali alle donne e ai giovani in settori del mercato altrimenti difficilmente accessibili – spiega – . Tuttavia, i dati confermano che quasi nel 60% degli appalti sopra i 40.000 euro e nel 44% di quelli sopra i 150.000 euro, le stazioni appaltanti non hanno inserito, nei bandi, le relative clausole.
Infine per quanto riguarda il decreto sul Ponte dello Stretto, Busìa è tornato a segnalare lo “squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi. Il recente decreto-legge, sulla base di un progetto elaborato oltre dieci anni fa, ha riavviato l’iter di realizzazione del ponte tra Sicilia e Calabria. Sono stati, da parte di Anac, proposti alcuni interventi emendativi volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica, non accolti, tuttavia, dal governo in sede di conversione del decreto”.
(da agenzie)
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