“CRIMINALIZZARE LE ONG PROVOCA SOLO PIU’ MORTI IN MARE”: INTERVISTA ALLA PARLAMENTARE EUROPEA CORNELIA ERNST
IL RACCONTO DELLA DELEGAZIONI DI PARLAMENTARI EUROPEI IN MISSIONE A LAMPEDUSA… L’EUROPA NON TUTELA PIU’ LA VITA DEI SOGGETTI VULNERABILI, CEDENDO ALL’INTERNAZIONALE SOVRANISTA SI GIUSTIFICA UN CRIMINE
Dal 19 al 22 giugno scorsi, una rappresentanza di deputati della Commissione Libertà Civili del Parlamento europeo si è recata in missione a Lampedusa, per verificare le condizioni all’interno dell’hotspot che ospita i migranti sbarcati sull’isola e confrontarsi con le realtà pubbliche e private che operano nel campo dell’immigrazione e del soccorso in mare. Della delegazione, faceva parte anche la parlamentare tedesca di The Left Cornelia Ernst, a cui abbiamo chiesto di raccontare quello che ha visto e quali sono stati i risultarti della missione.
Durante la sua missione a Lampedusa, ha avuto l’opportunità di visitare l’hotspot dell’isola che in quei giorni ospitava oltre 800 persone. Quali sono le condizioni di vita dei migranti all’interno della struttura?
Non ci è stato permesso di entrare in tutti gli edifici, le autorità hanno detto che era complicato a causa del gran numero di persone ospitate. Non è stata la mia prima volta nell’hotspot, sono stata lì altre volte e devo dire che rispetto alle precedenti, la situazione che ho potuto vedere mi è sembrata molto migliore. Inoltre, ci è stato detto che c’è un grande ricambio e che le persone rimangono lì circa 48 ore. Ricordo che nel 2014 le persone si trovavano in condizioni terribili, vivevano in strutture di cartone e dormivano su materassi all’aperto, anche per 3 settimane.
Quali sono i bisogni e le richieste dei migranti che ha incontrato nell’hotspot?
Le persone che abbiamo incontrato erano state salvate in mare, nei tre giorni precedenti alla nostra visita. Quindi, avevano molte domande sul loro futuro, su dove sarebbero state trasferite. I minori ci hanno detto che avrebbero dovuto rimanere più a lungo, a causa della mancanza di sistemazioni per i giovani. Molti di loro hanno bisogno di supporto psicosociale: le organizzazioni nell’hotspot – che siano la Croce Rossa, Save the Children o l’UNHCR – cercano di fornirlo ai nuovi arrivati, ma i numeri sono elevati, quindi è complicato e il supporto dopo il loro trasferimento è incerto. La maggior parte delle donne poi è stata vittima di violenza di genere, molte sono state violentate durante il viaggio e arrivano incinte. Una delle necessità allora è che a queste giovani donne venga fornita informazione sulla possibilità di interrompere la gravidanza. Questo è essenziale e al momento non viene fatto: ogni donna che arriva incinta dovrebbe ricevere l’informazione e la possibilità di scelta.
A Lampedusa, ha anche avuto un incontro con rappresentanti delle Organizzazioni Non Governative che operano nel Mar Mediterraneo. Alcuni mesi fa, il governo italiano ha approvato nuove regole più restrittive per le missioni di ricerca e soccorso delle Ong. Ne avete discusso?
Abbiamo sentito direttamente dalle Ong come il recente decreto abbia influenzato il loro lavoro, cruciale per salvare vite umane. Durante il nostro soggiorno, la nave Open Arms ha dovuto navigare per quattro giorni verso Nord, per far sbarcare 117 persone, mettendo così a rischio la vita dei soggetti vulnerabili. L’obiettivo di attaccare le Ong è chiaro, perché invece le imbarcazioni della Guardia Costiera o della Guardia di Finanza hanno il diritto di sbarcare nel porto più vicino. Durante la nostra permanenza, abbiamo potuto vedere gli sbarchi ogni notte. Navigare per quattro giorni per Open Arms comporta una spesa di 40.000 euro e impedisce alla nave di restare in mare, per salvare più vite. Durante questa settimana si sono verificati molti naufragi lungo la rotta verso Lampedusa, è vergognoso che non vengano utilizzate appieno tutte le risorse disponibili, a causa di questo decreto. Ho potuto visitare la nave Aurora di Sea Watch che è attualmente trattenuta nel porto di Lampedusa, solo perché l’equipaggio ha valutato di non poter navigare per altre 32 ore, con persone molto vulnerabili, a bordo di una piccola imbarcazione. Queste disposizioni mettono a rischio la vita delle persone.
Cosa può dirci del faccia a faccia con gli ufficiali di Frontex? Quali sono state le sue impressioni? .
Avevo molte domande per gli ufficiali di Frontex, alla luce di tutti i rapporti che ho letto. Una di queste riguardava i debriefing delle persone appena arrivate. Abbiamo avuto segnalazioni da altri luoghi, sul fatto che questi debriefing non siano volontari, ma che le persone siano costrette ad accettarli e che vengano acquisiti dati personali. Loro mi hanno assicurato che nell’hotspot di Lampedusa è tutto volontario e completamente anonimo. Tuttavia, sono rimasta perplessa dal fatto che chiedano a chi arriva se è un migrante economico e questo viene utilizzato nell’analisi del rischio. Parliamo di persone vulnerabili, appena salvate. Ho anche posto molte domande sulle informazioni che Frontex trasmette ai cosiddetti guardacoste libici. Ho chiesto se inviano messaggi Whatsapp, come riportato dai media. Mi hanno detto che ciò sarebbe illegale, ma so che lo fanno, quindi molte questioni sono rimaste senza risposta. Trasmettere informazioni alle milizie libiche è chiaramente un crimine per me, considerando i delitti contro l’umanità commessi in Libia. Non è solo disumano, ma è anche un crimine.
A Lampedusa, ha osservato il lavoro di tutti gli attori coinvolti nella prima linea delle rotte migratorie verso l’Europa, non solo associazioni o organizzazioni private, ma anche autorità pubbliche come la Guardia Costiera. Pensa che siano adeguatamente supportate dal governo italiano e dalle istituzioni europee?
I finanziamenti dell’UE per l’immigrazione seguono un’agenda securitaria, piuttosto che umanitaria. Il supporto operativo viene da Frontex, che è complice dei respingimenti da anni. Questa è una scelta politica. Esiste un’assistenza, ma viene utilizzata per fortificare le frontiere, invece che aiutare le organizzazioni e le autorità coinvolte nel soccorso e ricerca. Mentre ero a Lampedusa, sono salita sulla nave di soccorso Dattilo della Guardia Costiera italiana e ho assistito a una dimostrazione di soccorso in mare. Questo è giusto, la guardia costiera ha un’unica missione: salvare vite. Ma il problema sono gli ordini. Ci sono molte domande che sorgono, sulle istruzioni impartite dal Ministero dell’Interno. Ad esempio, perché la nave Dattilo per mesi non è stata a Lampedusa a condurre operazioni di soccorso in mare, ma è stata spostata a Mar Ionio? In passato, ogni volta che ho incontrato la Guardia Costiera italiana, mi hanno sempre detto che ogni singola imbarcazione che lasciava la Libia era un’imbarcazione in pericolo, non c’era bisogno di chiamate di soccorso, i salvataggi avvenivano in modo proattivo. Perché non è più così? Quello di cui abbiamo bisogno è chiaramente un’operazione di Ricerca e Soccorso civile europea nel Mediterraneo – come quella che abbiamo avuto con Mare Nostrum – ma questa volta con il sostegno e la solidarietà dell’UE. Ora, come possiamo vedere dai numerosi naufragi, stiamo lasciando morire persone in mare, violando il diritto marittimo internazionale. Parliamo di esseri umani, questo è inaccettabile.
Cosa ha imparato dalla sua missione a Lampedusa e come tradurrebbe questi insegnamenti all’interno delle politiche europee?
Sono passati dieci anni, da quando l’UE ha detto “mai più”, dopo che oltre 300 persone hanno perso la vita al largo delle coste di Lampedusa. Ma solo la scorsa settimana, ci sono state più di 600 persone disperse e presumibilmente morte in Grecia, decine di persone morte alle Isole Canarie. E ancora, durante il mio soggiorno a Lampedusa, 3 persone sono scomparse e c’è stato un altro naufragio con 40 persone disperse, il giorno dopo la mia partenza. Le scarpe dei bambini sono state ritrovate sulla riva. E ovviamente ce ne sono molte altre. Le persone cercheranno sempre una vita migliore, è nella natura umana. Si sale su una barca pericolosa, quando il viaggio sembra meno rischioso rispetto a ciò che si lascia alle spalle. Quello che ho imparato è che le politiche dell’UE mantengono i trafficanti di esseri umani in attività. I governi di estrema destra in Italia e Grecia spingono le guardie costiere a non rispondere alle chiamate di soccorso come dovrebbero, come abbiamo visto a Cutro e Pilos. La criminalizzazione delle barche delle Ong porta più morti nel Mediterraneo. Sono stata ispirata dal lavoro instancabile delle Ong e dei primi soccorritori, che operano in un ambiente sempre più ostile. Riporterò tutto questo a Bruxelles e solleverò la questione nelle nostre prossime riunioni di commissione e sessioni plenarie, in cui chiederemo risposte, dopo i recenti naufragi. Continuerò a fare pressioni affinché le Ong non siano criminalizzate, continuerò a fare domande sulla connessione tra Frontex e i respingimenti e continuerò a chiedere un’azione europea urgente e umanitaria, per evitare ulteriori morti in mare.
Il nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo è un passo nella giusta direzione? Se no, come dovrebbe essere modificato?
Il Patto rappresenta la morte del diritto d’asilo così come lo conosciamo. È un attacco frontale ai diritti umani e allo Stato di diritto. Introdurrà una maggiore militarizzazione delle frontiere, più detenzioni, procedure d’asilo scadenti, deportazioni ed esternalizzazioni delle frontiere. I ministri hanno ceduto alle pressioni dell’estrema destra, promuovendo una narrazione basata sulla paura, quando la verità è che la migrazione è un fenomeno umano, è sempre esistita e sempre esisterà. L’Ue si è resa complice dell’agenda pericolosa dell’estrema destra. Questa è un vergognoso tradimento della storia europea. Ma non deve essere necessariamente così. L’Ue ha accolto un numero senza precedenti di persone che fuggivano dalla guerra della Russia contro l’Ucraina, con umanità e compassione. Vorremmo vedere questo approccio esteso a tutti. Ciò significa mettere i diritti umani al centro, fornire percorsi sicuri verso l’Europa e offrire una vera possibilità alle persone che iniziano la nuova vita nel nostro continente
(da Fanpage)
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