“CRITICARE ISRAELE NON VUOL DIRE ESSERE ANTISEMITI” – MILLE INTELLETTUALI EBREI, TRA CUI NAOMI KLEIN, DAVID GROSSMAN E IL PREMIO PULITZER TONY KUSHNER, FIRMANO UNA LETTERA-APPELLO
“VOGLIAMO SCONFESSARE LA DIFFUSA NARRATIVA SECONDO CUI QUALSIASI CRITICA A ISRAELE È INTRINSECAMENTE ANTISEMITA. ACCUSARE DI ANTISEMITISMO CHI CRITICA NETANYAHU, I COLONI O LE POLITICHE PORTATE AVANTI DALLA DESTRA RELIGIOSA È UNA TATTICA RETORICA PER PROTEGGERE ISRAELE DALLE SUE RESPONSABILITÀ, OSCURARE LA REALTÀ MORTALE DELL’OCCUPAZIONE E NEGARE LA SOVRANITÀ PALESTINESE”
«Siamo scrittori, artisti e attivisti ebrei che desiderano sconfessarela diffusa narrativa secondo cui qualsiasi critica a Israele è intrinsecamente antisemita». Comincia così una lettera aperta intitolata «Un’equiparazione pericolosa» che da giorni viene commentata e citata sui social e su diversi siti americani. L’appello è stato firmato da oltre mille intellettuali, tra cui spiccano i nomi di Naomi Klein, David Grossman, Judith Butler, filosofa che insegna a Berkeley, e Tony Kushner, sceneggiatore, drammaturgo e premio Pulitzer.
Accusare di antisemitismo chi critica Netanyahu, i coloni o le politiche portate avanti dalla destra religiosa è «una tattica retorica per proteggere Israele dalle sue responsabilità, oscurare la realtà mortale dell’occupazione e negare la sovranità palestinese. Questo insidioso imbavagliamento della libertà di parola viene utilizzato per giustificare il continuo bombardamento militare di Gaza da parte di Israele e per mettere a tacere le critiche della comunità internazionale», denuncia la lettera-appello.
Gli artisti chiedono «un cessate il fuoco a Gaza, una soluzione per il ritorno sicuro degli ostaggi e la fine dell’occupazione in corso da parte di Israele. Condanniamo i recenti attacchi contro i civili israeliani e palestinesi – si legge – e piangiamo questa straziante perdita di vite umane. Nel nostro dolore, siamo inorriditi nel vedere la lotta contro l’antisemitismo utilizzata come pretesto per crimini di guerra con dichiarato intento genocida».
Rispetto agli studenti che nelle università americane legittimano Hamas o aggrediscono i colleghi ebrei, i firmatari dell’appello partono però da un principio fondamentale: «L’antisemitismo è una parte estremamente dolorosa del passato e del presente della nostra comunità. Le nostre famiglie sono fuggite da guerre, molestie, pogrom e campi di concentramento.
Abbiamo studiato le lunghe storie di persecuzioni e violenze contro gli ebrei e prendiamo sul serio il continuo antisemitismo che mette a repentaglio la sicurezza degli ebrei in tutto il mondo». Criticare Israele, è il messaggio, non vuol dire bruciare le bandiere con la stella di David per strada come successo ieri a Torino, o legittimare il terrorismo palestinese considerando le brigate Ezzedim al Qassam dei liberatori.
I valori ebraici, continuano, «ci insegnano a riparare il mondo, a mettere in discussione l’autorità e a difendere gli oppressi rispetto all’oppressore. È proprio a causa della dolorosa storia dell’antisemitismo e delle lezioni dei testi ebraici che sosteniamo la dignità e la sovranità del popolo palestinese».
Naomi Klein e gli altri scrittori firmatari della lettera aperta affermano che le accuse di antisemitismo alla minima obiezione alla politica israeliana continuano ad avere «un effetto agghiacciante, con i leader israeliani che strumentalizzano la storia del trauma ebraico per disumanizzare i palestinesi». Accuse forti alla leadership israeliana, dunque, ma il confronto, anche aspro, è il sale della democrazia.
(da agenzie)
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