LA DERIVA AUTORITARIA DI MELONI C’E’
DIRIGISMO E PROTEZIONISMO IN ECONOMIA, RAZZISMO E ALLARMISMO NELLA GIUSTIZIA, OCCUPAZIONE DELLA CULTURA E DELLA TV DI STATO, RIFORME DELLA COSTITUZIONE
Dopo poco più di un anno del governo più a destra della storia della Repubblica, quello di Giorgia Meloni, si vede chiaramente già in atto una deriva autoritaria. La si vede, la deriva autoritaria, dai provvedimenti, dagli atteggiamenti e dalle reazioni, pressoché inesistenti. Partiamo da queste ultime, dalle reazioni, inesistenti si è detto, di alleati ed avversari di Giorgia Meloni e del governo. Cosa dovrebbero fare dinanzi a questa deriva?
Gli alleati, innanzitutto, Lega e Forza Italia, non dovrebbero continuare a pungere inutilmente nei fianchi Giorgia Meloni mentre contemporaneamente la assecondano in tutti i suoi desiderata. Gli alleati dovrebbero piuttosto sfidarla nel suo stesso campo, il rispetto della volontà popolare. Su questo campo non vi è dubbio che Meloni non stia praticamente facendo nulla di quanto aveva promesso in campagna elettorale. Ed è a questo, al rispetto del programma elettorale votato dagli elettori, che Lega e Forza Italia dovrebbero richiamare Meloni. Ad esempio, al rispetto di quella parte del programma elettorale che prevede il presidenzialismo (l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, con funzioni di capo dell’esecutivo) e la separazione delle carriere. Queste sì che sono riforme vere, chiare, nette, che possono piacere o meno ma che hanno il pregio della coerenza di sistema. Riforme, queste sì, delle quali varrebbe davvero la pena discutere in Parlamento e nel Paese, magari anche dividendosi e scontrandosi. Riforme forti ma che, con i necessari contrappesi, non comportano nessuna deriva autoritaria, come testimoniato dal fatto che funzionano bene in nazioni di grande tradizione democratica.
Un unico grande coerente disegno di riforma costituzionale, da sottoporre al Parlamento e agli elettori, questo Meloni con la sua destra aveva promesso in campagna elettorale (vero, mio caro amico Marcello Pera?) e questo la destra ora al governo non sta facendo. Semplicemente su questo Lega e Forza Italia dovrebbero sapersi opporre e imporre a Meloni. Potrebbero farlo, dovrebbero farlo eppure non lo fanno, forse non ne hanno neppure la voglia, che è pure peggio.
Alle opposizioni si può invece, oggettivamente, rimproverare di meno, nonostante le divisioni. Occorre che costruiscano un’alternativa credibile ma serve tempo. Però si sbrighino. Nel frattempo stanno facendo, come possono, il loro mestiere. I partiti le manifestazioni, i sindacati gli scioperi. In Parlamento però le opposizioni potrebbero e dovrebbero fare certamente di più. Serve uno sforzo supplementare per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su quanto di veramente grave sta accadendo in Parlamento, tra abuso di decreti legge, continuo ricorso ai voti di fiducia, presentazione di maxi emendamenti che impediscono l’esame articolo per articolo, proposte delle opposizioni non portate al voto, emendamenti della maggioranza che non possono essere nemmeno presentati, accordi internazionali come quello con l’Albania non fatti votare. Succedeva già prima, con i precedenti governi, si dirà. Vero ma non succedeva in questa misura. Finirà che se non reagiranno le opposizioni prima o poi lo farà qualche altra autorità o qualche altro potere dello Stato. In fin dei conti, quando negli scorsi anni novanta si governava attraverso la continua reiterazione dei decreti legge, che non venivano mai convertiti in legge, ci pensò la Corte Costituzionale, con una storica sentenza, a porre fine a questa prassi…
Comunque, ha fatto bene Elly Schlein, non mi unisco al coro di critiche, a non andare alla festa di Atreju di Fratelli d’Italia. Certo il dialogo, il dibattito e il confronto sono necessari e doverosi. Ma occorre pure il reciproco rispetto per poterlo fare. E Meloni, il suo partito, il suo governo, i suoi giornali hanno mancato troppo spesso di rispetto a Schlein, al Partito Democratico, alle opposizioni in generale. Che sono stati accusati, anche in Parlamento, solo per avere esercitato proprie prerogative e manifestato proprie opinioni, di essere praticamente collusi con terroristi, mafiosi, delinquenti, criminali, clandestini, di essere anti italiani. Dopo tutto ciò, prestarsi anche al giochino di Meloni del finto dibattito alla sua festa di partito era veramente troppo. Tornando all’inizio, chi ha dubbi sulla deriva autoritaria in atto, può guardare i provvedimenti del governo.
In campo economico, abbiamo un dirigismo statalista e una tutela di interessi corporativi (basti pensare alle concessioni balneari) che limitano e opprimono il libero mercato. Nel campo della giustizia, abbiamo una serie di norme ideologiche e razziste che prevedono nuovi reati e aumenti di pena, non solo nei confronti di “pericolosi” organizzatori di rave party, imbrattatori con vernice lavabile, manifestanti e protestatari vari ma persino a carico di donne incinte, di minori e di bambini piccoli. Norme che serviranno a far aumentare non la sicurezza dei cittadini ma solo l’affollamento delle carceri e l’ingolfamento dei tribunali. Nessuna norma, invece, dal governo contro l’odio, i pregiudizi e le discriminazioni, e per l’educazione e l’informazione sessuale nelle scuole, nemmeno dopo il suicidio di un tredicenne, vittima di bullismo per il suo orientamento sessuale.
Nel campo della politica estera e della difesa, ormai è sempre più chiaro che il governo Meloni ci allontana dall’Europa.
Nel campo della cultura e dell’informazione, abbiamo l’occupazione da parte del governo di ogni spazio, di ogni incarico, di ogni nomina. Nell’ossessione di imporre una nuova narrazione e una diversa egemonia culturale si premiano ovunque parenti e amici (altro che il merito!) con soglie che superano l’assurdità (conduttori pluripagati per programmi che fanno un flop di ascolti) e che rasentano il ridicolo (l’organizzazione con tanto di inaugurazione privata per tutta la corte della mostra per l’autore preferito del capo del governo, Tolkien). Oppure con la volontà di imporre un improbabile autarchico sovranismo in ogni campo della scienza, dell’arte, della musica, della vita, persino negli aspetti lessicali e alimentari.
Nel campo delle riforme, abbiamo la presentazione di un disegno di legge costituzionale per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio (che non accade da nessuna parte del mondo). Una riforma che mortifica ancora di più il Parlamento, limita il Presidente della Repubblica e non risolve nessun problema di governabilità, anzi li aggraverebbe, rendendo pressoché certo durante la legislatura un ricambio di premier all’interno della maggioranza.
E si potrebbe continuare…
Ma quello che, dopo questo triste quadro di provvedimenti, conferma la deriva autoritaria in atto, è l’atteggiamento stesso di Meloni e del suo governo. Silvio Berlusconi, in un famoso biglietto carpito dai fotografi al Senato, scrisse che Giorgia Meloni aveva un comportamento “supponente, prepotente, arrogante, offensivo”. Io oggi aggiungerei anche “protervo”. Meloni infatti non solo, ed è già molto grave, non rispetta le opposizioni e le istituzioni e attacca magistrati che emettono sentenze contro atti del governo e giornalisti che fanno domande e inchieste ma utilizza pure toni e atteggiamenti preoccupanti, oltre che una spregiudicata falsità.
Nel presentare la riforma del premierato, ad esempio, ha detto che si tratta di scegliere se il Presidente del Consiglio deve essere eletto dai cittadini o dai partiti. Una affermazione di inquietante populismo da parte di un Presidente del Consiglio (e leader di un partito) che dovrebbe invece difendere la natura pluralistica e democratica di un sistema fondato sul ruolo dei partiti e del Parlamento.
Non solo, Meloni, seguita anche in questo dagli esponenti del partito e del governo, oltre che dal suo coro fedele di direttori di giornali e commentatori televisivi, da Mario Sechi a Bruno Vespa, ha detto che la riforma del premierato non tocca i poteri del Presidente della Repubblica. È una clamorosa falsità, perché il premierato tocca eccome i poteri del Capo dello Stato, togliendo al Presidente della Repubblica il potere di nominare il Presidente del Consiglio e condizionando fortemente quello di sciogliere le Camere.
Che un Presidente del Consiglio, pur impegnato in una continua propaganda, presenti alla pubblica opinione in modo del tutto distorto un progetto così importante del governo, è davvero inaccettabile.
Come è inaccettabile che Meloni e il suo governo difendano il carattere familistico e spartitorio della loro gestione del potere. La sinistra faceva altrettanto? Non è una buona ragione per perseverare nell’errore. Soprattutto di fronte a certi casi davvero clamorosi di nomine di persone incompetenti e senza esperienza in quel settore, che hanno avuto l’unico “merito” del cognome o dell’appartenenza di partito e magari pure il demerito di non essere risultati eletti alle scorse elezioni.
Ecco, quindi, in conclusione, dove la deriva autoritaria è in atto con il governo di Meloni. È nei progetti, è nei comportamenti, è soprattutto nei fatti.
Come nell’ultimo fatto, l’aggressione a parlamentari di opposizione che manifestavano sotto la sede del governo contro una legge (quella che vieta la carne coltivata – peraltro già non permessa in Europa – in nome di tradizioni e interessi nazionali, mentre in realtà la carne noi la importiamo dall’estero) e sono stati aggrediti verbalmente dal presidente di una organizzazione di categoria, Coldiretti. Con il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, cognato di Meloni, che dopo si è voluto unire lo stesso, nonostante questo grave episodio di intolleranza, ai festeggiamenti della Coldiretti per l’approvazione della legge.
Ma questa deriva autoritaria in atto può essere ancora contrastata. Come? Difendendo e esercitando i nostri diritti e le nostre libertà, di pensiero, di opinione, di espressione, di critica, di stampa, di associazione, di manifestazione, di sciopero, di voto.
(da Huffingtonpost)
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