POZZOLO NON E’ IL SOLO PISTOLERO IN FDI: BREVE LISTA DEI MELONIANI PRO-GUN
UN PARTITO AL SERVIZIO DELLA LOBBY DELLE ARMI
“Non ho mai visto una pistola sparare da sola”, scriveva, nel lontano 2015 Emanuele Pozzolo, deputato di FdI proprietario dell’arma dalla quale è stato sparato un colpo che ha ferito il genero dell’agente di scorta del sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove, durante una festa di Capodanno in un paesino del Biellese. Amministrato, neanche a dirlo, da Francesca Delmastro, “sorella di”. Ma se lo sventurato sottosegretario di FdI alla giustizia è uno che sostiene di non amare le armi – “mi fanno paura”, ha detto oggi a Repubblica – non si può dire lo stesso del deputato Pozzolo. Al quale, peraltro, sarà revocato il porto d’armi. Quel tweet gli è ripiombato addosso come un boomerang: Pozzolo, infatti, sostiene che la pistola di Capodanno è sua, ma non ha sparato lui.
Versione più che legittima, bisognerebbe però capire come è partito il colpo, visto che – Pozzolo dixit – le pistole non sparano da sole.
Origine vercellese, con un passato da amministratore locale per la Lega, sempre sui social si fregiava del titolo di #progun, favorevole alle pistole. Più che l’hashtag di dubbio gusto, al giovane deputato potrebbe costare cara – almeno in termini politici – l’idea di portarsi una piccola pistola alla festa di Capodanno, verosimilmente con il colpo in canna, e di mostrarla a chiunque gli capitasse davanti.
Per amore di verità, però, bisogna ammettere che Pozzolo non è il solo progun nelle schiere dei meloniani. Tra chi sponsorizza la caccia indiscriminata e chi mette più armi in mano alle forze dell’ordine, tra chi si fa fotografare con i bossoli e chi non vorrebbe mettere un freno alle armi da collezione, l’elenco è lungo.
Ricorderanno tutti il caso che si era creato intorno al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Secondo un articolo de La Stampa, stava valutando l’idea di proporre dei corsi di tiro a segno in alcune scuole. La ricostruzione, poi, era stata smentita con forza dal diretto interessato e la notizia bollata come falsa. Il caso, dunque, si era sgonfiato, sebbene lui non abbia mai fatto misterio di essre un appassionato di armi e frequentatore di poligoni. Il sottosegretario definito da Giorgia Meloni “l’uomo più intelligente che abbia mai conosciuto” qualche anno fa aveva condotto, però, un’altra battaglia sulle armi. Nel 2021 si era scagliato contro il questore di Padova che aveva posto un limite alle armi da collezione. Potevano esserne detenute al massimo cento. Mica bruscolini, se si considera che alcune armi da collezione possono ben essere funzionanti, ma per Fazzolari era troppo poco. Così, l’allora parlamentare d’opposizione aveva presentato un’interrogazione, molto celebrata dai siti che si occupano di armi.
In Parlamento europeo poi, sempre negli scranni di FdI, siede poi Pietro Fiocchi, al secolo “padre di famiglia, cacciatore, imprenditore”, L’impresa di famiglia, celebrata sul profilo Facebook di Fiocchi, produce munizioni. L’eurodeputato ha suscitato non poche polemiche a Lecco e nel Bresciano per un sobrissimo cartellone con il quale faceva gli auguri di Natale con alle spalle un albero di Natale decorato con dei bossoli al posto delle palline. “Il messaggio è rivolto al mondo venatorio”, si era difeso l’eurodeputato. Messaggio un tantinello ambiguo, verrebbe da dire. Era rivolta al mondo venatorio anche la proposta di legge arrivata in Parlamento pochi giorni fa, sempre a firma FdI. L’obiettivo era quello di dare una specie di foglio rosa ai sedicenni, così da consentire loro di imbracciare il fucile da caccia, con il via libera dei genitori. Il testo puntava poi a estendere la stagione della caccia, con la possibilità di esercitare l’attività anche di notte. La proposta, firmata dal senatore Bartolomeo Amidei, è stata ritirata su sollecitazione del ministro Francesco Lollobrigida, perché “non era stata condivisa con il governo”.
Puntava al favore del mondo della caccia – uno dei bacini elettorali del melonismo – anche un provvedimento della manovra dell’anno scorso che dava il via libera alla caccia ai cinghiali anche nelle città. Un modo estremo – e per molti anche pericoloso – per provare a debellare un problema serio e annoso. Anche in quel caso si era levato il coro di protesta delle opposizioni.
Tra i personaggi progun, come dimenticare Joe Formaggio, consigliere regionale del Veneto, che si è fatto fotografare con una mitraglietta in mano a un evento pubblico nel quale rappresentava la Regione. Sollecitato sul punto, Formaggio si era detto “a favore della legittima difesa e delle aziende che producendo armi e munizioni contribuiscono con più di mezzo punto di Pil all’economia del Paese”. Peccato che a suscitare indignazione fosse stato l’entusiasmo con cui imbracciava l’arma, non la sua inclinazione verso quel mondo.
Arrivando a tempi recenti, possiamo ricordare che riguarda le armi uno dei punti fondamentali dell’ultimo pacchetto sicurezza del governo, quello che manda in carcere le donne autrici di reato incinte, per intenderci. In quel testo viene previsto il via libera all’acquisto di altre armi oltre a quella d’ordinanza, per gli appartenenti alle forze dell’ordine. Parliamo di un potenziale di centinaia di migliaia armi in più, che potranno essere portate in giro liberamente, anche quando l’agente è in borghese o fuori servizio. Una norma, questa, che ha avuto una lunga gestazione. Nell’attuale legislatura l’aveva proposta la parlamentare romagnola Domenica Spinelli, soprannominata “sceriffo” dall’opposizione del Comune che amministra. Nella scorsa legislatura una norma che andava in questo senso era stata proposta da Edmondo Cirielli, oggi viceministro degli Esteri, prima parlamentare di minoranza. Da sempre – sin da quando era nel Pdl – attento alla possibilità di estendere l’uso delle armi.
Il parterre dei Fratelli d’Italia amanti delle armi, insomma, è variegato e nella gara a chi sponsorizza di più le armi insidia pericolosamente la vetta. Il primo gradino del podio, però, per il momento resta in mano alla Lega, primo sponsor di un allargamento sconfinato della legittima difesa, della diffusione delle armi e della caccia. La sortita di Pozzolo, bisogna ammetterlo, acuisce la sfida tra il partito di Matteo Salvini e quello di Giorgia Meloni. Ma a pagarne il prezzo potrebbe essere lo stesso deputato meloniano.
(da Huffingtonpost)
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