VIOLENZE POLIZIA PISA, L’AZIONE LEGALE DEI GENITORI DEI MINORENNI FERITI SI BASA SU UN FATTO OGGETTIVO
NESSUN FUNZIONARIO DI POLIZIA HA OTTEMPERATO ALL’OBBLIGO DI INDOSSARE LA FASCIA TRICOLORE E DI INTIMARE PER TRE VOLTE L’ORDINE DI ARRETRARE COME PREVEDE IL REGOLAMENTO… LA CARICA E’ PARTITA ALL’IMPROVVISO
Con un incontro pubblico promosso da Arci Pisa, i ragazzi coinvolti nei fatti del 23 febbraio e le loro famiglie si sono confrontati con avvocati sulle questioni legali che hanno animato il dibattito pubblico negli ultimi giorni
Gli avvocati Andrea Callaioli, Francesco Cerri e Andrea Di Giuliomaria, che si sono messi a disposizione degli studenti e delle famiglie coinvolte anche per seguire eventuali decisioni di intraprendere azioni legali, hanno come prima cosa sciolto il dubbio più grande su cui politici e media hanno dibattuto in questa settimana, e cioè la legalità del corteo del 23 febbraio.
Lo stesso ministro dell’Interno Piantedosi, nella sua informativa a Camera e Senato di giovedì 29 febbraio, ha giustificato il comportamento dei poliziotti asserendo che la manifestazione fosse nata “in totale violazione della legge, senza nessun preavviso da parte degli organizzatori”.
“Due sono le leggi a cui si fa riferimento per capire come mai si parli di illegalità per questo fatto: una è l’articolo 17 della Costituzione, nella sezione che disciplina diritti e doveri dei cittadini – esordisce l’avvocato Andrea Callaioli – dove si sancisce il diritto di riunione dei cittadini se ciò avviene ‘pacificamente e senz’armi’ e che specifica che ‘delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità,’.
L’altro prinicipio, che stride con quanto appena detto, è contenuto nel Testo unico delle leggi della pubblica sicurezza, un testo regio e dunque emanato precedentemente alla Costituzione italiana, dove l’articolo 18 recita che ‘I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico, devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore'”.
“Tuttavia – presegue Callaioli – si parla di preavviso e non di richiesta di autorizzazione e l’omissione massima che si può riscontrare è quella di mancata comunicazione. Del resto, anche in questi casi se il questore può intervenire per vietare la manifestazione o per scioglierla, là dove già in corso, puà farlo solo fornendo una spiegazione legittima, la cui natura è quella che ritroviamo nel già citato articolo 17 della Costituzione ‘per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica’”.
Un altro elemento di contorno giuridico attorno a cui inquadrare gli avvenimenti del 23 febbraio è la liceità del comportamento della Polizia. “Il funzionario di pubblica sicurezza che si trovava in piazza quella mattina, delagato dal questore, se aveva ritenuto lo svolgimento del corteo di una pericolosità tale da procedere a ordinare cariche di alleggerimento sui manifestanti avrebbe dovuto preventivamente eseguire un procedimento preciso – ha spiegato l’avvocato Di Giuliomaria – indossare la fascia tricolore per permettere ai manifestanti di farsi riconoscere in modo inequivocabile e anticipare l’ordine di carica con tre richiami ad alta voce”.
(da agenzie)
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