“A GENOVA BISOGNA SOTTOSTARE A UNA LOGICA CORRUTTIVA” – PARLA ELISA SERAFINI, EX ASSESSORE ALLA CULTURA AL COMUNE DI GENOVA, CHE NEL 2019 SI DIMISE DENUNCIANDO IL “SISTEMA” DELLA DESTRA LIGURE CON UN ESPOSTO IN PROCURA E POI CON UN LIBRO
“DA ANNI IL MANTENIMENTO DEL POTERE AVVIENE ATTRAVERSO LA DISTRIBUZIONE DI FAVORI E FONDI PUBBLICI A PRIVATI CHE POI FINANZIANO LE CAMPAGNE ELETTORALI”… “DA ASSESSORE RICEVETTI DELLE PRESSIONI E TOTI MI SCRISSE: ‘PER FARE IL BENE BISOGNA COLTIVARE IL MALE’”
E pensare che Elisa Serafini, assessora alla Cultura al comune di Genova per un anno con il centrodestra (giugno 2017- luglio 2018), dopo essersi improvvisamente dimessa aveva vuotato il sacco: con un esposto del 2019 prima e con un libro uscito nel 2020 (Fuori dal Comune: Dietro le quinte della politica locale per capire il Paese e costruire il futuro), aveva raccontato i metodi di governo della destra ligure, a livello regionale e comunale. A rileggere quelle pagine, c’era già scritto tutto. Oggi vive e lavora come giornalista a Bangkok e ha creato una start up, “politically”, per raccogliere fondi in politica trasparenti.
Qual era il modello di amministrazione che lei vide da dentro?
«C’erano e ci sono delle dinamiche molto note agli addetti ai lavori fatte di corruzione e conflitti di interessi, tra politica, regolamentatori pubblici e in parte i media locali, che da anni danneggiano la democrazia a Genova e in Liguria. Ciò che leggo nelle carte delle inchieste è esattamente ciò che ho visto coi miei occhi, denunciato e scritto pubblicamente in prima persona.
Vedo che si parla di fatti del 2020, ma le stesse cose si sono verificate nel 2018, sono comportamenti reiterati che hanno lo scopo del mantenimento del potere attraverso la distribuzione di favori e fondi pubblici e vantaggi per dei privati che poi sono i finanziatori di campagne elettorali. Questo fa da barriera anche agli investitori internazionali, perché è palese che a Genova bisogna sottostare a una logica corruttiva».
Lei ricevette questo messaggio da Toti: “Per fare il bene bisogna coltivare il male, altrimenti la politica è solo testimonianza”, le scrisse il presidente di Regione oggi ai domiciliari. Perché?
«Gli avevo spiegato che mi avevano fatto delle pressioni su alcuni provvedimenti, cose incompatibili con la mia coscienza e con la legge e lui mi aveva risposto in quel modo. Si parlava della richiesta di erogazione di finanziamenti ad alcuni soggetti.
Scrissi su Fuori dal Comune che nel 2018 la giunta comunale fu obbligata a votare una delibera di giunta di modifica di una destinazione d’uso di un’area portuale, un provvedimento fuori sacco, arrivato all’ultimo secondo, che nessuno aveva letto, e che aveva l’unico scopo di accontentare Aldo Spinelli, già finanziatore delle campagne elettorali locali, che aveva interesse in quell’area».
Ma il suo esposto come andò?
«Lo presentai a Milano perché temevo inquinamenti e poi sparì per mesi. Sollecitai coinvolgendo un avvocato penalista. Allora un pm fece partire l’indagine, ma nel frattempo decadde l’abuso di ufficio come reato».
E quando pubblicò il suo libro che reazioni ci furono?
«Nessuno mi ha mai querelato, il libro è sempre lì, ma ho avuto ritorsioni: avevo quote di start up che non hanno più lavorato a Genova, poi da giornalista ho percepito che quel territorio non era più accogliente per me. Dopodiché il fatto che Spinelli donasse alla fondazione Change era noto, che Primocanale prendesse centinaia di migliaia di euro l’anno dalla Regione anche».
Che sensazioni ha provato quando sono uscite le ultime notizie?
«Di restituzione di dignità e di verità. In uno stato di diritto è giusto fare degli esposti e difendersi»
(da agenzie)
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