A UTRECHT, NELLA ROCCAFORTE DEI VERDI CHE SOGNANO DI FERMARE I POPULISTI: “E’ LA DESTRA RAZZISTA AD AVER DISTRUTTO I VALORI DEL NOSTRO PAESE, NON GLI IMMIGRATI”
JESSE KLAVER, LEADER DEI VERDI, DOVREBBE QUADRUPLICARE I CONSENSI AL PARTITO E RAPPRESENTARE LA VERA NOVITA’ DELLE ELEZIONI OLANDESI
«Siamo qui dalle 6,30 di stamattina e ci resteremo fino al tramonto». Intorno a mezzogiorno quattro ragazzi distribuiscono volantini all’uscita della stazione di Utrecht.
Hanno delle giacche a vento verdi e una bicicletta nera con tre ruote che spinge un carretto tappezzato di foto di Jesse Klaver, il leader dei Verdi olandesi.
Alla vigilia del voto sono loro gli unici a fare campagna elettorale in fondo alla scala mobile che porta i pendolari alle fermate degli autobus.
Puntano agli indecisi, un quinto dell’elettorato. Dicono che nelle urne non dovrà esserci spazio per la rabbia: «Bisogna entrare con il sorriso e uscire con la speranza». L’intera Europa guarda a questo voto: è il calcio d’inizio di un 2017 elettorale che poi si giocherà in Francia e Germania.
Tutti gli occhi sono puntati sui movimenti populisti che minacciano di disintegrare l’Ue. Ma se fossero i Verdi la grande sorpresa del voto olandese?
L’ultimo sondaggio diffuso ieri da I&O Research dice che i «GroenLinks» potrebbero addirittura arrivare al secondo posto.
La rilevazione è stata effettuata nelle ultime 48 ore, dopo lo scoppio della crisi diplomatica tra l’Olanda e la Turchia per i comizi vietati ai ministri di Ankara.
I liberali del premier Mark Rutte (Vvd) hanno consolidato il primato, salendo a 27 seggi, e rosicchiato consensi al Partito della Libertà (Pvv) di Geert Wilders, che è scivolato al quinto posto con solo 16 deputati. In salita, dall’altro lato dell’emiciclo, i liberali di sinistra D66 e soprattutto i Verdi, entrambi con 20 seggi.
L’alto numero di indecisi fa sì che i sondaggi siano molto divergenti, quindi è presto per tirare conclusioni. Ma i Verdi dovrebbero quadruplicare o quintuplicare i loro consensi rispetto a cinque anni fa.
Il sogno del «Jessiah»
Merito soprattutto del «Jessiah», come viene chiamato Klaver dai sostenitori. Per la stampa internazionale è «il Trudeau d’Olanda», ma al di là di una vaga somiglianza fisica, il paragone con il premier canadese non regge troppo. Klaver ha 30 anni, un padre marocchino e una madre con origini indonesiane.
Da sette anni è in Parlamento e da due guida i Verdi. Marcatamente europeista e pro-migranti, ha trascinato il partito con una campagna basata tutta sulla speranza: «È stata l’estrema destra a distruggere i valori del nostro Paese, non l’immigrazione. Sono loro che hanno cancellato anni di tolleranza e libertà ». È agli antipodi di Wilders.
Giovedì scorso cinquemila persone si sono radunate all’Heineken Music Hall di Amsterdam, altrettante hanno seguito la diretta live su Facebook.
La rockstar sul palco era lui, capello spettinato e camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti. «Rivogliamo indietro la nostra Olanda» ha gridato alla folla che ha fatto di lui la nuova icona olandese dell’ambientalismo, dell’uguaglianza e dei diritti sociali.
«La politica deve smetterla di gridare e iniziare ad ascoltare». Kathalijne Buitenweg è la numero due dei Verdi, candidata in lista subito dopo il leader.
Ciò che è successo alle presidenziali in Austria, dove il verde Van der Bellen ha fermato il candidato dell’ultradestra Norbert Hofer lasciandosi alle spalle i partiti tradizionali, potrebbe avere un seguito nei Paesi Bassi.
«Rutte ha dimezzato i suoi consensi perchè insegue Wilders – ci spiega Buitenweg -. Oggi lui fa una distinzione tra gli olandesi “puri” e quelli con origini straniere. Non era mai successo: cinque anni fa non si sarebbe mai azzardato».
I laburisti pagano invece la mancanza di incisività in questi anni di governo: «I costi della crisi non sono stati redistribuiti – aggiunge Buitenweg -, il divario tra ricchi e poveri è aumentato. La questione sociale è una delle principali preoccupazioni. Noi vogliamo dare risposte».
Da domani anche i Verdi puntano a sedersi al tavolo dei negoziati: «Siamo pronti a coalizzarci con gli altri partiti – avverte l’ex eurodeputata -, con tutti ma non con Wilders». Anche con Rutte? «Preferiremmo di no, cercheremo altre opzioni. Ma se dovessero fallire, non possiamo escludere un’alleanza».
Lo scenario esiste, ma nel quartier generale dei Verdi il sogno è un governo di sinistra. La sede nazionale si affaccia sull’Oudegracht, il canale che attraversa il centro di Utrecht, città giovane e culturalmente dinamica.
Qui i «GroenLinks» sono il secondo partito dietro a D66. Con i primi caldi raggi di sole le rive del corso d’acqua sono ricoperte dalle sedie e dai tavolini colorati dei locali.
Per i circa 40 dipendenti del partito e gli oltre 100 volontari, però, non è tempo di rilassarsi. Lotte Jeursen, una funzionaria, ci porta negli uffici distribuiti su quattro piani, dove non si contano i thermos di tè appoggiati sui tavolini di cartone riciclato. «Siamo al rush finale», dicono. E non c’è un minuto da perdere. Adrenalina e ottimismo. Su una scrivania campeggia uno slogan di obamiana memoria, ma riadattato per l’occasione: «Jesse we can».
Marco Bresolin
(da “La Stampa”)
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