A.A.A. CERCASI NUOVO SEGRETARIO PD: E’ L’ORA DI CUPERLO
DALEMIANI, GOVERNATORI E MOLTE FEDERAZIONI LOCALI CHIEDONO IL RICAMBIO… SI’ ANCHE DEI GIOVANI TURCHI A CUPERLO
In campo c’è ed è sempre più forte Gianni Cuperlo: primo incontro della giornata ore dieci, mezz’ora a quattr’occhi con Stefano Fassina che gli lascia campo libero, poi colloqui e ping pong di sms per tutto il giorno.
Molto gettonato il suo nome e anche se lui ripete che fare il segretario non è il suo mestiere, Cuperlo non intende tirarsi indietro, confida ai suoi interlocutori.
Convinto che un segretario sia forte se circondato da un gruppo dirigente forte, Cuperlo sposa la tesi degli ex Ds che bisogna dare presto al Pd una dirigenza in grado di calarsi a pieno titolo nella dialettica politica sulle azioni di governo.
A favore della sua candidatura arrivano pressioni da varie federazioni regionali di centro, nord e sud, insomma dai quadri locali ansiosi di poter avere un punto di riferimento nazionale con cui interloquire.
E tra i suoi sostenitori, anche governatori di primo piano, come Nicola Zingaretti, che si tira fuori dalla corsa alla segreteria.
Quello di Guglielmo Epifani è un nome ancora gradito a molti bersaniani, anche se troppo connotato dal suo passato in Cgil per poter essere eletto segretario con il consenso di tutte le correnti di matrice non diessina.
Quindi Cuperlo, gradito ai dalemiani che son tornati a dare le carte nel Pd, è il favorito, ma una settimana è lunga e da qui a sabato 11 aprile quando si dovrà far votare un nome in assemblea ai mille delegati tutto può succedere.
Se non si trovasse un accordo, i renziani minacciano ancora di calare la carta di Sergio Chiamparino, che incassò ottanta voti dai grandi elettori per il Colle.
«Se si sceglie di fare un reggente che non si candidi poi al congresso, allora il prescelto potrà essere chiunque e la partita vera si giocherà a ottobre con le nuove regole; se invece gli ex Ds decidono di anticipare il congresso facendo eleggere un segretario sabato, a quel punto il candidato non sarà più uno e rischiano di entrare con un cavallo e di uscirne con un asino…»: l’immagine un po’ cruda ma efficace è di uno dei dirigenti più alti in grado tra i parlamentari renziani e rende bene l’oggetto del contendere nel Pd.
Che vede schierati da una parte i fautori del «reggente superpartes» che riscriva le regole congressuali circondato da un «coordinamento collegiale» espressione di tutte le correnti, che dia ai renziani un riconoscimento del loro ruolo: soluzione preferita da lettiani, franceschiniani e renziani appunto.
Dall’altra i fautori del «segretario forte senza vincoli per il futuro», gradito a tutte le «sensibilità » che fanno capo agli ex Ds, dai «turchi» ai bersaniani di nuovo conio. Entrambe le tesi hanno una loro legittimità , basta sentire come argomenta l’opzione «segretario forte» Zingaretti: «Il Pd non può continuare ad essere un partito `sospeso’. Di fronte ad una destra che con la formazione del nuovo governo ha segnato un indiscutibile successo, il Pd sopravvive solo se è capace di stare in campo con tutta la sua forza, con la sua autonomia, con le sue idee e con un profilo riconoscibile. Io credo che non farlo, come traspare dalla proposta che sembra venire avanti di affidare il partito ad una reggenza temporanea, di un singolo o peggio di un comitato di maggiorenti, lasciar prevalere ancora una volta i giochi delle correnti, dei tatticismi, delle mediazioni al ribasso: ci condannerebbe alla paralisi per mesi e sarebbe davvero un errore imperdonabile».
Ed è nel termine «autonomia» la chiave sottintesa di questo braccio di ferro: perchè un segretario reggente di fatto sarebbe indebolito dalla clausola di non potersi candidare al congresso: di conseguenza il peso dei gruppi parlamentari salirebbe, così come anche l’influenza del governo sul partito.
Viceversa, il partito godrebbe di quella «autonomia» rivendicata da tutti gli ex Ds convinti che «un segretario forte produce un partito forte e un partito forte rafforza il governo».
E poichè nel 2009 quando si dimise Veltroni, ad eleggere Franceschini che poi si candidò segretario fu l’assemblea federale, «non si capisce perchè quello che valeva per Franceschini non debba valere per Cuperlo…», dicono gli ex Ds.
Una questione all’apparenza nominale, quella tra «reggente» e «segretario», che impegna però le residue forze di un partito allo sbando, dove si litiga anche su chi debba andare in tv a rappresentare tutti, visto che ormai non c’è più chi abbia in mano il timone. E dove i veleni abbondano, dato che molti sospettano perfino che una volta eletto un segretario forte, il congresso possa essere rinviato…
Carlo Bertini
Leave a Reply