ADDIO A GIAMPIERO GALEAZZI, CRONISTA DA TRINCEA E CUORE DA FANCIULLO
ENTRAVA NELLE CASE DEGLI ITALIANI COME L’AMICO DI SEMPRE
Quante storie sapevi raccontare, Giampiero: con la tua ironia, quel tuo sorriso largo, la tua straordinaria semplicità
Oggi tutti noi cronisti sportivi ricordiamo un collega, il caro, travolgente Giampiero Galeazzi, detto “Bisteccone” per la sua mole da Obelix, capace di stritolarti con il suo abbraccio infinito, che ha saputo narrare lo sport con competenza ed entusiasmo.
Canottaggio, tennis, calcio: la sua voce ha scandito le imprese dei nostri campioni, li ha avvolti di calore e di passione, ha trascinato i fratelli Abbagnale verso l’oro olimpico a Seul 1988, memorabili le sue interviste a Diego Armando Maradona in campo o nello spogliatoio, catturava ogni sospiro, non mollava mai la presa, conosceva il segreto per conquistare, con la sua professionalità e la sua simpatia, la fiducia degli assi.
Eugenio Montale così parlò di Guido Gozzano: “Entrò nel pubblico come poi non avvenne più ad alcun poeta: familiarmente, con le mani in tasca”. Ecco: Giampiero arrivò nelle case degli italiani nello stesso modo: come l’amico di sempre, il buon vicino di casa, il compagno mai dimenticato del liceo.
Nelle telecronache, a Novantesimo Minuto, alla Domenica Sportiva, Galeazzi si presentava senza finzioni, senza maschere: era autentico, piacevole, divertiva e si divertiva.
Quanti ricordi. Quante trasferte insieme, soprattutto dietro il pallone. Recupero un viaggio fianco a fianco, sull’aereo da Roma verso Bari. Mi disse, sorridendo, del suo sentirsi eternamente libero e felice, del suo grande amore per il canottaggio, che praticò con successo da giovane, dell’orgoglio che provava per i suoi figli giornalisti, del calcio che, ogni volta, riusciva a esprimere nuovi personaggi, nuove vicende da poter narrare.
Amava stare in prima linea, ghermire le opinioni a caldo dei protagonisti: quella era la sua vocazione. Era uno da trincea, Giampiero.
Aveva un cuore da fanciullino, sapeva ancora stupirsi delle piccole cose: il complimento di un ammiratore, il calciatore che lo ringraziava per le belle parole, una giornata di sole consumata in riva al mare prima di un evento. Tifava per la Lazio, con un sentimento puro. Un retaggio, di quando era ragazzo, mai abbandonato.
Era un volto noto e amato della tv, ma non ha mai peccato di presunzione o di vana gloria. Sapeva dare il meglio delle sue qualità anche nei programmi di varietà, e per un semplice motivo: non tradiva mai la sua natura, quel suo essere spontaneo, era, anche davanti alle telecamere, il Giampiero di tutti i giorni, quello che incontravi al bar o nei corridoi della Rai. Aveva sempre la battuta pronta, un aneddoto da svelare.
È stato un inviato davvero speciale. Un maestro, mai banale, mai arrogante, di giornalismo.
Un giornalismo fatto di mito e di bellezza.
(da Huffingtonpost)
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