AI FUNERALI DI MARONI LA NUOVA GEOGRAFIA DELLA LEGA POST SOVRANISTA: NIENTE APPLAUSI PER SALVINI, I GOVERNATORI ARRIVANO INSIEME
VARESE DIVENTA LUOGO OSTILE AL SEGRETARIO CHE NON VUOLE TOGLIERE IL DISTURBO
A Varese e dintorni nacque l’epopea del Carroccio, antico cuore leghista, quando i sindaci li chiamavano ‘borgomastri’; ma il mondo cambia, così quando Giorgia Meloni arriva in piazza San Vittore per rendere omaggio a Roberto Maroni si prende qualche applauso.
Dopo pochi minuti entra in chiesta Matteo Salvini con la spilla di ordinanza di Alberto Da Giussano sulla giacca e per lui invece no.
Per il segretario federale accompagnato da Roberto Calderoli l’accoglienza è fredda com’è fredda la giornata. L’ultimo leghista e entrare prima del feretro passando dalla passerella obbligata è invece il ministro Giancarlo Giorgetti, ministro che viene da queste parti, e anche per lui qualcuno applaude.
I primi ad arrivare in chiesa erano stati quelli della vecchia guardia maroniana, dall’assessore regionale Guido Guidesi a uno dei teorici dell’autonomia, Stefano Bruno Galli, l’ex ministro Roberto Castelli che pure rimase sempre leale a Umberto Bossi, costretto in ospedale dopo un’operazione. Poi anche quelli ormai fuori dalla Lega, Gianluca Pini, Gianni Fava, Giacomo Stucchi. Gente che non ha mai accettato la conversione nazionalista salviniana.
Qui Salvini, che pure fu designato da Maroni, è in terra ostile. I rapporti tra i due erano conflittuali da tempo e lo sapevano anche i muri. Invece era rimasto un legame umano e politico con gli altri governatori, che infatti sono voluti entrare in Chiesa assieme: Attilio Fontana – due volte sindaco di Varese -, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga.
Si sono aspettati all’ingresso della piazza, un ingresso a tre che ha un forte sapore politico. Sono idealmente gli eredi del leghismo pragmatico e istituzionale di Maroni, lontano dagli eccessi del movimentismo sovranista del segretario.
Dentro, durante la cerimonia, in prima fila c’erano Meloni, Salvini, Antonio Tajani, Gianmarco Centinaio, Attilio Fontana, il presidente del Senato Ignazio La Russa e il presidente della Camera Lorenzo Fontana, un altro leghista ma di osservanza veneta, cattolica e salviniana (il giorno in cui dovevano eleggerlo presidente, Salvini lo portò a “presentarsi” a Umberto Bossi nel cortile di Montecitorio).
In piazza dagli altoparlanti per qualche minuto è risuonata la musica gospel, omaggio al ‘Bobo’ musicista, un leghista a sé, con qualche vezzo anticonformista ma anche “uno di noi che non hai mai rinnegato le sue origini umili”, parola dell’officiante le esequie.
(da La Repubblica)
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