ALBANIA, SCATTA LA RITIRATA: RIENTRANO 50 AGENTI DELLA POLIZIA
ALBANIA, SCATTA LA RITIRATA: RIENTRANO 50 AGENTI DELLA POLIZIA
IL GOVERNO ORA VUOLE FERMARSI PER NON RISCHIARE IL DANNO ERARIALE E DOVER PAGARE DI TASCA PROPRIA… SI PENSA DI ATTENDERE LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA CHE PERO’ POTREBBE DARE TORTO A MELONI E PIANTEDOSI
Tecnicamente si chiama rimodulazione. Ma dietro l’ordine di ridurre il contingente di forze dell’ordine nei centri di permanenza e rimpatrio di Shengjin e Gjader in Albania c’è un’aria di smobilitazione.
Nonostante i segnali contrastanti che arrivano da Roma e l’aiuto di Elon Musk il governo Meloni va davvero verso la smobilitazione. Almeno fino alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sui trattenimenti nei Cpr. Che però potrebbe dargli ancora una volta torto. Mettendo una pietra tombale sul progetto di Giorgia Meloni. E di Matteo Piantedosi. Che ieri durante le riunioni tecniche al Viminale ha convenuto sulla necessità di rallentare il flusso (si fa per dire: 16 migranti la prima volta, 8 la seconda). Anche per evitare l’accusa che tutti a Palazzo Chigi temono. Ovvero quella di danno erariale.
La “rimodulazione”
La rimodulazione che somiglia a una ritirata la racconta oggi Repubblica. Il contingente di forze dell’ordine in Albania a regime doveva arrivare a 295 unità. Ma quel numero non si è mai raggiunto. Per fortuna, visto che ciascun poliziotto prende cento euro in più al giorno in busta paga solo come indennità di trasferta. Il numero totale di effettivi tra Shengjin e Gjader è arrivato al massimo a 220. Nel frattempo gli esposti alla Corte dei Conti hanno convinto il Viminale al dietrofront. Ora il numero sarà di 170. Che è quello minimo per far funzionare i turni di lavoro. Che consistono nella vigilanza di celle vuote. Intanto la prefettura di Roma pubblica un bando da 3,2 milioni di euro per la manutenzione ordinaria dei centri. Mentre un contratto da 48 mila euro per sei mesi di lavoro è stato stipulato con una ditta di pulizie albanese.
Ritirata dall’Albania?
Il 19 novembre invece scadono i termini per un appalto di quasi un milione di euro per i pasti nei prossimi due anni. Intanto il Corriere della Sera spiega che nell’immediato futuro c’è il rischio concreto che nessun altro migrante venga accolto nei Cpr. I documenti ufficiali infatti parlano di una spesa di 134 milioni annui per il mantenimento delle strutture. Ovvero 670 milioni in cinque anni. Secondo il Viminale si risparmia rispetto al miliardo e settecento milioni che si spendono per la prima accoglienza straordinaria. Ma i magistrati contabili potrebbero chiedere conto di questi presunti risparmi. La decisione della Grande Chambre è prevista per gennaio 2025 e non per luglio. E quindi il governo potrebbe attendere quel pronunciamento prima di ricominciare il trasporto dei naufraghi nel Paese delle Aquile. Sperano che sia in qualche modo positivo.
E se ci dicono di no?
La decisione di “rimodulare” potrebbe anche andare di pari passo con le necessità della lotta all’immigrazione clandestina. Perché d’inverno i viaggi via nave o barchino si riducono a causa del maltempo e delle condizioni del mare. Quindi, è il ragionamento, i centri sarebbero in ogni caso al lavoro in condizioni ridotte. Con l’arrivo della primavera e della bella stagione le cose cambierebbero. E i centri potrebbero tornare al loro riempimento massimo. Che però è calcolato in 30-40 persone al massimo. Ovvero molto lontano dai 3 mila di partenza. Ma soprattutto: cosa succede se invece i giudici della Cgue dicono di no al governo? A quel punto il problema politico potrebbe scoppiare in tutta la sua potenza. Anche perché finora la linea di Meloni è stata quella di ricalcare un classico del centrodestra al potere: l’attacco ai giudici comunisti.
C’è un giudice comunista anche in Lussemburgo?
Un argomento che pare essere piuttosto debole nei confronti dei giudici di Lussemburgo. Intanto i sette migranti (tre egiziani, quattro del Bangladesh) che erano stati trasferiti a Shengjin la scorsa settimana sono arrivati a Brindisi. Entro 14 giorni dovrebbero presentare il ricorso contro i respingimenti delle richieste d’asilo effettuati in Albania. L’esito potrebbe richiedere mesi. Mentre c’è anche la Corte di Cassazione da attendere per gennaio. Il Palazzaccio non si deve pronunciare sul decreto paesi sicuri, ma sulle regole precedenti. E anche lì rischia di picconare i progetti dell’esecutivo. Mentre va segnalato che ogni volta che perde in tribunale davanti alla sezione immigrazione, il Viminale viene condannato al pagamento delle spese. Anche quelli sono soldi pubblici che se ne vanno. Buttati a mare, è il caso di dirlo.
(da La Repubblica)
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