ALESSANDRA TODDE: “M5S STIA CON I PROGRESSISTI, CAMBIARE NOME AL M5S NON E’ UN TABU'”
INTERVISTA ALLA GOVERNATRICE DELLA CAMPANIA: “TIFAVO HARRIS, LA NOSTRA CARTE DEI VALORI INDICA DA CHE PARTE STARE”
Nella sera in cui il mondo parla solo della vittoria di Donald Trump su Kamala Harris, cinque donne si ritrovano su un palco a Terni per cercare di evitare l’ennesimo disastro per il centrosinistra. Assieme, la candidata presidente in Umbria Stefania Proietti, la segretaria del Pd Elly Schlein, la deputata di Avs Elisabetta Piccolotti e la sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi. E poi lei, la presidente della Regione Sardegna, la 5Stelle Alessandra Todde.
Siete state su quel palco per provare che il centrosinistra esiste ancora?
C’è ancora un centrosinistra che è l’unica alternativa possibile alla destra, ma è un’alternativa che va costruita, a prescindere dai risultati elettorali.
Dopo la Liguria, una disfatta anche in Umbria sarebbe un macigno per le opposizioni.
Perdere o vincere è la normalità democratica. Noi dobbiamo lavorare per costruire un contesto condiviso, rispettando le reciproche differenze e facendo sintesi. In Sardegna ci siamo riusciti perché sia noi che il Pd eravamo stati all’opposizione. Le alleanze variabili solo a fini elettorali non funzionano.
Secondo Chiara Appendino, che le è subentrata come vicepresidente dei Cinque Stelle, “non è il momento di alleanze strutturali con il Pd”, anche perché “l’abbraccio con i dem è stato dannoso”.
Non sono d’accordo con Chiara, e lo dico con lo spirito di normale dialettica che ci deve essere in una forza politica. È evidente che, in vista dell’assemblea costituente, dobbiamo innanzitutto chiarire cosa sia oggi il M5S. Ma il campo dove dobbiamo giocare è quello progressista, senza mai essere subalterni, sia chiaro. Non siamo e non saremo mai cespugli del Pd. Ma la nostra Carta dei valori, come la nostra collocazione in Europa nel gruppo di The Left (La Sinistra) chiariscono quale sia la nostra parte. Possiamo anche litigare con i dem, ma il campo è quello.
A proposito di Europa: i vostri eletti a Bruxelles hanno commentato la vittoria di Trump come “una lezione per i finto-progressisti”. Condivide?
Ho vissuto negli Stati Uniti e sostenevo Harris, come ho apertamente detto. Non mi riconosco in una politica conservatrice.
Conte ha parlato di “vittoria netta”. Troppo cortese?
No, è un dato di fatto. Il sistema elettorale americano ha scelto così. Ora spero che il nuovo presidente si dia da fare per una tregua e un tavolo di pace in Ucraina. Ma la sua posizione verso Israele mi spaventa. A Gaza è in atto uno sterminio.
Le polemiche nel centrosinistra le hanno complicato la gestione della giunta sarda?
Con il Pd discutiamo in modo franco, talvolta acceso. Ma riesco sempre a fare sintesi.
Nelle elezioni locali il M5S crolla regolarmente. Le liste sono troppo fragili? O state semplicemente precipitando nei consensi?
Andiamo male perché non siamo radicati nei territori, e perché talvolta i gruppi locali sono autoreferenziali, chiusi all’esterno. Per creare consenso devi aprirti e parlare alle persone fuori del M5S, coinvolgerle.
Lei spalancherebbe le liste agli esterni, insomma.
Certo, ma sempre nel rispetto dei nostri valori. Però i gruppi territoriali vanno anche aiutati, perché ad oggi non hanno risorse per aprire sedi o organizzare eventi.
Vuole che il M5S diventi un partito, o la parola le fa paura?
Nessuna paura. Io voglio che il M5S sia un’organizzazione radicata sui territori.
C’è chi spinge per cambiare nome e simbolo…
Io non ho tabù. Per quanto mi riguarda possiamo toccare tutto, ma saranno i nostri iscritti a decidere, senza costrizioni o limiti. L’importante sarà stare comodi nel vestito che ci daremo.
Vincenzo De Luca si è fatto votare una legge per il terzo mandato in Campania. Che ne pensa?
Se c’è una regola nazionale, va rispettata da tutti. E poi da presidenti di Regione si ha molto potere. Due mandati sono sufficienti, ma la questione di De Luca è un problema del Pd, e dovranno gestirlo i dem.
(da ilfattoquotidiano)
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