ALFANO IN ATTESA DELLA MIGLIORE OFFERTA
VERSO IL SI’ AL PD… NEL PACCHETTO SICILIA, LEGGE ELETTORALE E POLITICHE… FALLISCE LA MEDIAZIONE DI BERLUSCONI DOPO IL NO DI LEGA E FDI
Non più solo “prova generale” per le Politiche, ma anche “spartiacque” per la legge elettorale.
Il valore del voto siciliano del 5 novembre ha ormai abbondantemente superato i confini dell’isola, perchè in questa fase di trattative ci sono sostanzialmente due schemi che si confrontano: da una parte un centrosinistra allargato fino ai moderati (il cosiddetto “modello Palermo” che ha portato all’elezione di Leoluca Orlando) e dall’altro la riunificazione del centrodestra (“modello Genova”).
In mezzo, conteso dagli uni e dagli altri ma altrettanto vittima di veti incrociati (vedi Mdp e Fdi-Lega), c’è il partito di Angelino Alfano.
Ma parlare di coalizioni, soprattutto quando si esce dal confine regionale, vuol dire necessariamente parlare di legge elettorale.
E in questi giorni agostani almeno due interviste hanno fatto fischiare le orecchie a Matteo Renzi: a sinistra quella di Andrea Orlando e a destra quella di Silvio Berlusconi.
Il leader di Forza Italia, in un colloquio con ‘Il Mattino’, sostiene che “sarebbe gravissimo” se “gli appelli del Capo dello Stato a modificare la legge elettorale in vigore, una legge disomogenea e contraddittoria fra Camera e Senato, cadessero nel vuoto”.
La sua proposta è di ripartire dal modello tedesco su cui era stato raggiunto un accordo a tre con Pd e M5s, poi saltato a Montecitorio.
Ma il vero nodo politico, soprattutto all’interno dei dem, è quello del premio di coalizione.
Attualmente il premio di maggioranza — restando in vigore il cosiddetto Consultellum – è previsto per la sola legge della Camera ma viene attribuito al partito, o alla lista, che riuscisse a raggiungere il 40% delle preferenze.
Andrea Orlando invita invece Matteo Renzi a riaprire la discussione sul sistema di voto prevedendo quel premio di coalizione che consentirebbe di creare una maggioranza che vada da Pisapia ai moderati. “Se votiamo con questa legge — argomenta il ministro della Giustizia in un’intervista a ‘La Stampa’ – abbiamo l’altissima probabilità di non avere una maggioranza di governo. Il Paese sarebbe esposto a rischi di sistema”, “occorre ridurre le distanze nel centrosinistra, discutendo di proposte comuni con le altre forze della sinistra e le forze più moderate”.
Parole che l’ala di Alternativa popolare che “tifa” per un’intesa con i dem ha considerato come acqua al proprio mulino. Ma una bocciatura arriva a sinistra con Federico Fornaro, di Articolo1. “Alleanze elettorali alle prossime politiche che andassero da Alfano a Mdp, come propongono Andrea Orlando e altri del Pd — dice – sarebbero uno straordinario regalo al Movimento 5 Stelle”.
Dalle parti dei renziani l’idea del premio alla coalizione non è particolarmente gradita: il segretario Pd sa che a spingere per questa soluzione, oltre a Orlando, è anche Dario Franceschini.
Ma il suo timore è che alla fine il candidato premier di una siffatta alleanza potrebbe non essere lui.
E di possibili rivali ormai ne vede ovunque, soprattutto nel governo, a cominciare dallo stesso Gentiloni e poi Minniti, Calenda e persino Delrio.
La posizione di Renzi è che non si può cambiare la legge elettorale “contro gli altri partiti” e dunque senza che vi sia l’accordo di Forza Italia e M5s.
I pentastellati, però, di premio di coalizione non ne vogliono neanche sentir parlare. “La nostra forza è andare soli, proveranno a fare una legge elettorale contro di noi”, accusa Alessandro Di Battista.
Ufficialmente alla Camera i giochi si riapriranno il 6 settembre, quando tornerà a riunirsi la commissione Affari costituzionali. Ma c’è chi giura che Renzi non muoverà foglia fino a quando non si saranno svolte le elezioni in Sicilia.
Ed ecco che torna evidente il collegamento tra voto regionale e voto nazionale. L’obiettivo del segretario dem per le elezioni del 5 novembre, pur continuando a ribadire che è soltanto un test locale, è almeno di non arrivare terzo anche per non dare benzina agli oppositori interni. E per questo non passa giorno che i suoi “emissari” Delrio e Guerini, non parlino con gli uomini del ministro degli Esteri — Giuseppe Castiglione e Dore Misuraca – per chiudere l’accordo per palazzo dei Normanni.
Dentro Alternativa popolare, tuttavia, c’è un ‘partito del Nord’ capitanato da Maurizio Lupi che minaccia scissioni in caso di accordi con il Pd. E questo perchè il raggiungimento di un’eventuale intesa in Sicilia si porterebbe dietro anche un accordo per le prossime Politiche.
Alfano si è preso ancora qualche giorno per scogliere la riserva, una evoluzione è attesa dopo la settimana di ferragosto.
Al momento un’intesa con il Pd sembrerebbe ancora l’ipotesi più probabile. Anche perchè sui ragionamenti del ministro degli Esteri rispetto a un ritorno alla casa madre del centrodestra pesa un fattore molto umano e personale: non si fida di Silvio Berlusconi, nonostante la cordiale telefonata di una settimana fa. E non si fida soprattutto del fatto che l’accordo regga poi a livello nazionale.
(da “Huffingtonpost”)
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