ALITALIA, IL PRESTITO PONTE DA 900 MILIONI RESTERA’ SUL GROPPONE DEI CONTRIBUENTI
ALTRI 200 MILIONI DI PASSIVO NEL 2016, PREVISTI 100 NEL 2017 E TRATTATIVE IN ALTO MARE
Mentre il prestito ponte da complessivi 900 milioni che il governo di Paolo Gentiloni ha concesso ad Alitalia nel 2017 finisce nel mirino della Commissione Europea, crescono i dubbi sulle concrete possibilità di rientro della ex compagnia di bandiera.
“Chiunque la compri — afferma Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università Bicocca di Milano — non vorrà trovarsi sulle spalle il debito della società ”, finita per la seconda volta nel giro di una decina di anni in amministrazione straordinaria. Tecnicamente, ci sono due Alitalia in amministrazione straordinaria: la vecchia, su cui pesano passività per la bellezza di poco più di 3 miliardi; e la nuova, cui appunto l’anno scorso, nell’ottica di facilitare e velocizzare il processo di vendita, lo Stato ha erogato un prestito ponte da 900 milioni (inizialmente fissato a 600 e poi incrementato di 300 milioni).
Di conseguenza, chiarisce Giuricin, “chi la comprerà , nella migliore delle ipotesi, riuscirà a rimborsare solo una parte del prestito ponte. Mettiamo il caso — ipotizza l’esperto di trasporti — che il nuovo acquirente sia la tedesca Lufthansa (tra i pretendenti ci sarebbe anche Air France, ndr) e che metta sul piatto i 300 milioni ipotizzati. Non sono comunque abbastanza per restituire il prestito ponte pubblico”.
Non è un caso che nei giorni scorsi indiscrezioni di stampa abbiano riferito di una missiva inviata dal numero uno della compagnia aerea tedesca, Carsten Spohr, al ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, in cui si metteva nero su bianco un interesse ad Alitalia ma solo a patto di una significativa ristrutturazione, con annessa riduzione del personale a della flotta.
“Pur riconoscendo le preziose misure adottate fino a oggi sotto la guida dei commissari, crediamo fermamente che resti una considerevole mole di lavoro da fare prima che Lufthansa sia nella posizione per entrare interamente nella successiva fase del processo”, scrive Spohr.
Il problema è che la compagnia guidata dai commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari resta in perdita.
Giuricin stima che il 2017 sia stato archiviato con un rosso intorno ai 200 milioni mentre per la chiusura dell’anno in corso si aspetta una perdita intorno ai 100 milioni, “nonostante i miglioramenti e il lavoro che stanno facendo i commissari e anche a causa dell’aumento del prezzo del petrolio”.
Basti pensare che da giugno, da quando cioè è di nuovo finita in amministrazione straordinaria, a ottobre — come riferito in audizione alla Camera da Gubitosi — Alitalia ha perso 31,3 milioni (che scenderebbero a 20,9 escludendo gli interessi sul prestito governativo): “E’ grave — commenta Giuricin — perchè c’è di mezzo il trimestre estivo in cui tipicamente le compagnie aeree guadagnano”.
E se l’andamento è stato in rosso in quel periodo, chissà quali saranno i numeri per gennaio e febbraio, mesi tipicamente non favorevoli per le società che operano nel settore dei voli.
Insomma, una situazione complessiva che sembra rendere difficile che i 900 milioni di denaro pubblico possano essere completamente ripagati.
A complicare le cose, poi, si è messa anche la Commissione europea, perchè l’Antitrust ha messo nel mirino il prestito ponte dopo i numerosi reclami presentati dai maggiori concorrenti, convinti che non rispetti le condizioni di mercato e che comporti quindi una violazione delle regole europee sugli aiuti di Stato.
Se comunque quel denaro pubblico non fosse restituito, andrebbe in onda un film già visto con il prestito ponte da 300 milioni erogato ad Alitalia nel 2008, ai tempi del governo di Silvio Berlusconi e dei famosi “capitani coraggiosi”; denaro che non tornò mai indietro.
“Oggi incontro i commissari e vedo com’è la situazione”, ha detto il ministro dello Sviluppo Calenda, che ha aggiunto: “Per me l’obiettivo è chiudere bene, ma presto per non sprecare i soldi degli italiani”. Sì, perchè il problema è che la vendita del vettore aereo, inizialmente auspicata entro la fine del 2017, sta andando per le lunghe. “Più passa il tempo — osserva Giuricin — e più si corre il rischio che gli acquirenti riescano ad abbassare il prezzo”.
(da “Business Insider”)
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