ALTRO CHE “LUOGO CARICO DI SACRALITA’ PALEO-VENETA”, CARO AI LEGHISTI: “L’ANFITEATRO MARITTIMO BERICO” E’ UNA PATACCA
FRUTTO DI UN GIGANTESCO ABUSO EDILIZIO, E’ “UNA RICOSTRUZIONE SOLO PER I CREDULONI CHE PAGANO 40 EURO”… AD ARCUGNANO ORA INDAGA LA PROCURA
Mentre il sole abbraccia i Colli Berici e colora le pietre intagliate disposte a semicerchi concentrici, il professor Franco Von Rosenfranz – «filantropo, imprenditore, arrangiatore, direttore di orchestra » e adesso pure grande esperto di archeologia – mostra tutto il suo orgoglio: «È passato di qui anche Giulio Cesare, di ritorno dall’Egitto con Cleopatra ».
La butta lì, neanche stesse parlando di due vecchi amici in gita domenicale.
E quando capisce di averla sparata grossa prova a frenare, a modo suo: «Abbiamo degli elementi per ipotizzarlo ma i nostri esperti stanno ancora cercando riscontri…». Questo signore in realtà si chiama Franco Malosso («Ma sono un Von Rosenfranz da parte di madre, se vuole le mostro la carta d’identità ») e vive ad Arcugnano.
Di sè dice poco, a parte che è «cittadino del mondo» e proprietario di una «società con sede in Inghilterra che si occupa di rilevazioni satellitari».
Per il resto occorre affidarsi alle biografie che si trovano su internet, dove si parla di lui come «il Maestro » capace con le sue sinfonie (è anche compositore), di farvi innamorare «non incontrando la persona perfetta, ma vedendo la perfezione in una persona imperfetta».
Ecco, questo è Franco Malosso-von Rosenfranz, secondo i suoi fan.
Invece, per il vicesindaco di Vicenza Jacopo Bulgarini D’Elci, è solo l’autore di «una delle più incredibili prese in giro dai tempi della Guerra dei mondi di Orson Welles».
Malosso sostiene di aver riportato alla luce, nel giardino di una grande casa sulle colline, nientemeno che l’«Anfiteatro Marittimo Berico»: un eccezionale sito archeologico che mescola reperti del periodo Neolitico con rovine greche (!) e romane.
Merito — dice — di uno smottamento di terreno che nel 2005 gli permise di scoprire quel tesoro perduto che comprende, oltre all’anfiteatro, i resti di templi pagani, il primitivo luogo dello sbarco degli Henetoi (i primi veneti), un’antichissima chiesetta e perfino «il reale luogo dove ha vissuto, almeno da adolescente, la Giulietta» che Shakespeare — chissà perchè, poi – preferì collocare a Verona, invece che ad Arcugnano.
«Sono ricostruzioni storiche solo per i creduloni», taglia corto Bulgarini D’Elci. E il sindaco del paese, Paolo Pellizzari, è ancora più categorico: «L’intero territorio comunale è mappato: i siti archeologici, veri o anche solo presunti, sono già censiti. E lì non c’è mai stato niente del genere».
Insomma, nel Paese della grande bellezza che non riesce a sfruttare come si deve le migliaia di opere d’arte ereditate dal passato, qualcuno avrebbe trovato il modo di crearne di nuove.
Basta parlare con i vicini di casa per capire che c’è qualcosa di poco chiaro.
«C’è stato un lungo viavai di camion carichi di terra e di betoniere», racconta una signora. Anni di lavori, quindi.
Per il sindaco, l’intero parco non è altro che il frutto di un gigantesco abuso edilizio, e infatti prima ha mandato i suoi vigili e poi ha spedito una segnalazione in procura. L’inchiesta è affidata al pubblico ministero Alessia La Placa che ipotizza irregolarità edilizie e ha disposto altre verifiche, affidate alla Forestale di Vicenza.
In realtà , l’inchiesta rischia di essere più complicata del previsto perchè se il curatore dei lavori è indubbiamente Malosso, la proprietà dell’area è invece della «Londomar Holdings», società di investimenti con sede nelle Isole Vergini, un paradiso fiscale irraggiungibile per le autorità italiane.
La rappresentante legale, infine, è Olga Zaytseva, russa di 50 anni che risulta risiedere a Milano, allo stesso indirizzo di un ristorante indiano e di una stireria.
E ora Malosso giura di aver perso il suo numero di telefono. Per lui è un dettaglio.
Ciò che conta, è vantare squadre di archeologi arrivate da tutto il mondo per ammirare il «suo» anfiteatro marittimo. E intanto pubblicizza l’area su internet e si fa pagare dai turisti 40 euro per il biglietto d’ingresso.
«Anche se non ci va mai nessuno», sibilano i vicini. In realtà , qualcuno lo visita con molto interesse.
Agli indipendentisti del Comitato di liberazione nazionale veneto, ad esempio, non è parso vero di imbattersi in quello che definiscono «un luogo carico di sacralità pagana paleo-veneta».
In fondo la loro è una battaglia che vive anche di simboli.
E tramontato il Dio Po caro alla vecchia Lega, credono di potersi finalmente riunire nel luogo esatto in cui ha avuto origine il Popolo Veneto.
Un’altra visita in programma è quella degli ispettori della Sovrintendenza per i Beni archeologici di Padova, che hanno avviato una verifica visto che, anche a loro, non risulta la scoperta di alcun anfiteatro.
Ma anche questo non sembra turbare l’imprenditore.
D’altronde, un von Rosenfranz non può certo curarsi delle piccole beghe della giustizia italiana. Preferisce invece godersi l’improvvisa notorietà . «Da quando ne parlano i giornali — assicura – fioccano le prenotazioni».
(da “il Corriere della Sera”)
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