ALTRO CHE PONTE SULLO STRETTO: AVVISATE SALVINI CHE PER ANDARE DA TRAPANI A RAGUSA IN TRENO CI VOGLIONO 13 ORE E 8 MINUTI
QUATTRO CAMBI E 47 FERMATE PER UN TRATTO DI STRADA CHE, IN AUTO, SI PERCORRE IN TRE ORE E MEZZA…STIAMO PARLANDO DEL TRENO PIÙ LENTO D’ITALIA ED È LO SPECCHIO DEL CATASTROFICO STATO IN CUI VERSANO LE FERROVIE NELL’ISOLA
Dalla stazione di Trapani parte ogni giorno il treno regionale più lento d’Italia e magari d’Europa: tredici ore e otto minuti (salvo ritardi, festivi esclusi) per arrivare a Ragusa dopo quattro cambi e 47 fermate in altrettante stazioni «impresidiate», ovvero (burocratichese Fs) abbandonate alla natura (fanno, circa, 25 km/h). Da capoluogo a capoluogo, in auto servono tre ore e mezza, in treno dall’alba al tramonto
Lasciamo Trapani puntuali alle 6 e 50 . Prima tappa Palermo, in teoria a un tiro di schioppo: nel 1933 ci si arrivava in due ore e mezza, dal 1953 al febbraio 2013 in due ore. Poi un bel giorno la linea franò: «La ripristineremo in pochi giorni» dissero le Fs. Dopo dieci anni si gira ancora larghissimi sulla linea per Mazara, Marsala e Castelvetrano arrivando nel capoluogo dopo cinque ore.
Bella, bellissima è invece la stazione di Caltanissetta da dove parte (al tramonto) l’ultima frazione del viaggio
Arrivando a Modica
È quando entriamo rantolando nella stazione di Ragusa (cosa volete che siano 13 minuti di ritardo dopo un giorno intero di viaggio) Girolamo, macchinista «in transito», ci informa che la corsa non termina nel capoluogo, come pensavamo: il servizio si chiude mezz’ora dopo tra le meraviglie di Modica, dove il treno riposerà fino all’alba prima di ripartire per Siracusa. Sbarchiamo a Modica alle 20 e 30: nella stazione deserta le luci sono fioche e manca perfino il sottopassaggio.
Attraversiamo i binari spaesati come i contadini girgentini de Il Lungo Viaggio, uno dei racconti più belli di Leonardo Sciascia, che avevano affidato i loro risparmi e la loro vita a un intermediario, il signor Melfa, che li imbarcò a Gela con la promessa di traghettarli in America. Lasciati di notte su una spiaggia dagli scafisti dopo giorni passati sottocoperta, vagabondarono per ore prima di buttarsi «come schiantati sull’orlo di una cunetta: ché non c’era fretta di portare agli altri la notizia che erano sbarcati in Sicilia».
(da il “Corriere della Sera”)
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