ALTRO CHE ROTTAMAZIONE: MILLEPROROGHE E’ VIVO E VEGETO
UN ANNO FA MATTEO E SOCI IRRIDEVANO LETTA, I SUOI DECRETI POLVEROSI, LE SUE “MARCHETTE” … ORA SONO LORO A PRENDERE POLVERE E AUMENTANO PURE IL REGALO AI RAS DELLE AUTOSTRADE
Puntuale come il Natale arriva anche quest’anno il decreto Milleproroghe.
La prossima settimana il Consiglio dei ministri rinnoverà infatti questa simpatica tradizione italiana che va avanti ininterrottamente dal 2005 e metterà anche quest’anno a dura prova gli occhi dei cronisti che vorranno leggerlo.
Pare passata una vita da quando Matteo Renzi, fresco segretario del Pd, mandava avanti i suoi a dirne contumelie in chiave anti-Letta (nel senso di Enrico).
Prendiamo il sindaco di Firenze, Dario Nardella, allora deputato Pd: “Napolitano ha parlato dei decreti omnibus, ma ora c’è di nuovo la questione Milleproroghe. In Italia quando c’è un problema, invece di risolverlo, ci si inventa una regola. Il governo ha una colpa imperdonabile a non interrompere questa spirale”.
Oppure l’allora responsabile welfare, Davide Faraone: “Se chiedi la fiducia lo fai per provvedimenti alti, utili per il Paese, non per legittimare decine di inutili marchette. E poi sul Milleproroghe: si nominano nuovi prefetti, portati a 207 quando le prefetture sono la metà ”.
Sembra una vita, si diceva, e invece era solo l’anno scorso.
D’altronde si sa, il tempo vola solo quando ci si diverte: il Milleproroghe stavolta lo firma Renzi e per non farsi mancare niente oggi il premier farà pure il solito giro di prefetti di fine anno. Chissà com’è indignato Faraone.
L’obiezione la sappiamo. Il Milleproroghe di Renzi sarà un’altra cosa: è pulito, è rivoluzionario, è ottimista, fa ripartire il Paese.
E per ripartire, infatti, riparte proprio da una delle più incredibili “marchette” (per usare il linguaggio di Faraone) sfornate dall’esecutivo #cambiaverso.
Nelle bozze di decreto circolate in questi giorni c’è infatti pure la dilazione del cadeau fatto ai concessionari autostradali con un altro decreto, il famoso Sblocca Italia.
Breve riassunto.
A settembre l’attuale esecutivo decise di regalare una proroga quasi infinita delle concessioni ai ras delle autostrade, imprenditori che amministrano un monopolio naturale che funziona come un bancomat: pochi investimenti, costi di gestione in calo, pedaggi sempre in aumento.
L’economista Giorgio Ragazzi, un passato al Fmi e alla Banca mondiale, ha calcolato il favore in 16 miliardi.
Di chi parliamo? Daniele Martini — studiato il meccanismo che parla di eventuale “unificazione delle tratte” — lo scrisse cognome per cognome sul Fatto Quotidiano del 2 settembre: “I signori omaggiati sono un bel gruppetto: le Autostrade dei Benetton e poi quelle del gruppo Gavio, le Cooperative di costruzione, il gruppo Astaldi, Banca Intesa, i costruttori Mattiona di Torino”.
Quella norma non si tocca, disse il ministro soi-disant vigilante Maurizio Lupi: garantisce investimenti per 12 miliardi che ci porteranno fuori dalla crisi.
A parte che quelli sono quasi tutti investimenti che i concessionari avrebbero dovuto fare già in base alle vecchie concessioni, ora si scopre che Lupi e soci non hanno nemmeno tanta fretta di portarci fuori dalla crisi: la bozza del Milleproroghe, infatti, contiene uno spostamento di sei mesi (al 30 giugno 2015) del termine con cui sottoporre al ministero dei Trasporti “le modifiche del rapporto concessorio per il potenziamento strutturale, tecnologico e ambientale delle infrastrutture autostradali”.
Insomma, non sono ancora proprio pronti a ricevere il regalo e quindi ci vuole una bella proroga.
Ovviamente non è la sola e bisognerà aspettare il testo definitivo per apprezzarne fino in fondo le delizie.
Per ora si sa che molte proroghe riguardano decreti delegati al governo.
I ministeri non li hanno scritti nei tempi indicati dalla legge e dunque si concedono qualche mese o più per fare questo e quello: tre mesi per il regolamento sulle acque reflue, sei per quello sugli emoderivati, due anni e mezzo per la ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali e via così.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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