“AUTENTICO’ QUADRI FALSI”, SGARBI RISCHIA IL PROCESSO
“HA CERTIFICATO COME AUTENTICI 119 LAVORI ATTRIBUITI ALL’ARTISTA DE DOMINICIS SENZA RISCONTRI FOTOGRAFICI PER 170.000 EURO”
Ha certificato come autentici alcuni lavori riconducibili all’artista Gino de Dominicis, ritenuti falsi dal nucleo di Tutela del patrimonio artistico dei carabinieri. Accuse per le quali la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per Vittorio Sgarbi.
Un eventuale processo su cui domani è chiamato a decidere il giudice per le udienze preliminari di piazzale Clodio e che arriva nel bel mezzo della campagna elettorale per il Campidoglio nella quale il critico d’arte compare ora come candidato all’assessorato alla Cultura per il ticket di centrodestra Michetti-Matone.
Si tratta dell’indagine che nel novembre del 2018 portò all’arresto di due persone, poste ai domiciliari.
Nel procedimento erano finite sul registro degli indagati venti persone tra cui anche il noto critico d’arte a cui i magistrati contestano, nel suo ruolo di presidente della Fondazione Archivio Gino De Dominicis di Roma, la violazione dell’articolo 178 lettera C del codice dei beni culturali e del paesaggio.
Nel novembre di due anni fa, su disposizione del gip, furono sequestrate oltre 250 opere considerate contraffatte per un valore di oltre 30 milioni di euro e venne individuato il locale adibito a laboratorio dove sono state trovate opere con tutto il materiale idoneo alla produzione di falsi.
I pm di Roma contestano al parlamentare di Centrodestra di aver autenticato almeno 32 quadri del defunto maestro marchigiano Gino De Dominicis, morto nel 1098 e protagonista della scena artistica pittorica del Secondo Dopoguerra: quadri però falsi e di cui, spiega l’accusa, Sgarbi ne era pienamente a conoscenza.
Una lunga inchiesta quella partorita dalla Procura di Roma che sospetta addirittura di una «associazione a delinquere che fabbrica finti quadri di De Dominicis, De Chirico, Carrà, Capogrossi, Fontana riproducendone la tecnica pittorica»: il critico d’arte ovviamente respinge ogni tipo di accusa e si appresta ad affrontare tra due giorni l’udienza preliminare, con il giudice chiamato a prosciogliere definitivamente Sgarbi o mandarlo a processo insieme agli altri imputati appartenenti alla Fondazione Gino De Dominicis (di cui Sgarbi era presidente e Marta Massaioli vice).
L’ipotesi di reato che l’associazione con a capo Massaioli smerciasse opere false e le facesse autenticare da firme prestigiose, proprio come Sgarbi, per un valore complessivo di 10 milioni di euro: «il compenso per Vittorio Sgarbi fu di 170mila euro», riporta “La Repubblica” da fonti di indagine a Roma.
Il candidato Assessore alla Cultura di Roma viene pedinato e intercettato per mesi finché finisce nei guai per un incontro avvenuto i il 25 giugno 2014 all’hotel Carlyle a Milano, videoregistrato dai carabinieri: qui, racconta “Rep”, Marta Massaioli scende da un un taxi portando un trolley grigio mentre Sgarbi l’aspetta nella hall. «Massaioli si siede in ginocchio davanti a lui, tira fuori dal trolley un faldone di certificati di autentica e li sottopone al critico.
Il quale, senza smettere di parlare al telefonino, appone la sua firma», riportano le indagini.
Il gip di Roma già nel 2018, disponendo l’arresto di due membri della Fondazione, scriveva «L’operazione di expertise è avvenuta senza una visione diretta delle opere, ma al massimo attraverso una riproduzione fotografica delle medesime, in maniera del tutto inusuale in una hall dell’albergo».
Insomma, autenticazioni “al buio” in cui poi la piena iscrizione veniva fatta in un secondo momento dopo la firma “in bianco” di Sgarbi e Massaioli: «I certificati venivano firmati in bianco e completati poi in relazione all’opera falsa da realizzare», scrivono ancora i pm. Accuse gravissime che fanno il paio con i quadri trovati dagli inquirenti nelle perquisizioni degli scorsi anni: 170 certificati, di cui 119 firmati da Sgarbi e 51 da Massaioli, «tutti privi di riscontro fotografico dell’opera autenticata».
(da agenzie)
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