BALNEARI, PIU’ CONCESSIONI PER CONVINCERE L’UE, IL GOVERNO VUOLE FARE SPARIRE PURE LE SPIAGGE LIBERE
DIFFICILE L’OK EUROPEO A GARE CON INDENNIZZI AI VECCHI TITOLARI
Aumentare il numero di spiagge in concessione e rimettere in gara anche quelle già in gestione, garantendo però una corsia preferenziale e delle possibili forme di compensazione dei costi affrontati per gli investimenti agli attuali titolari.
Sono queste le direttrici sulle quali il governo intende muoversi nella trattativa con la Commissione Europea, che chiede con forza che venga finalmente applicata la direttiva Bolkestein nella regolamentazione dei litorali italiani.
Ma sono due strade impervie: nel primo caso si ridurranno ancora di più le già risicate spiagge libere, e si permetterà di cementificare ulteriormente le coste. E nel secondo appare estremamente difficile ottenere il nulla osta da Bruxelles: significherebbe garantire ulteriori privilegi agli attuali gestori, in barba alla Bolkestein e a tutto l’impianto normativo Ue sulla libera concorrenza.
Nelle parole di giovedì della premier Giorgia Meloni le associazioni di categoria dei balneari hanno visto la conferma che il governo difenderà a Bruxelles la tesi della mancanza del requisito della “scarsità” per le spiagge italiane, nonostante la “mappatura” inviata lo scorso novembre sia stata criticata a fondo dalla Commissione Ue: «Il presidente del Consiglio conosce molto bene la materia, ed ha ben chiaro il percorso da intraprendere. – assicura Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari – La Bolkestein deve essere applicata correttamente, e quindi, dal momento che la mappatura dimostra che le spiagge non sono una risorsa scarsa, è l’art.11 la norma giusta, non il 12. Speriamo che sia Meloni a guidare la delegazione italiana, abbiamo piena fiducia nelle sue capacità». «Ciò che serve è la corretta applicazione del diritto europeo – ribadisce Antonio Capacchione, presidente del Sib (sindacato balneari) – e della libera concorrenza, che non si tutela però sostituendo gli attuali gestori, ma aumentando le aziende in concessione. La direttiva Bolkestein impone l’aumento della concorrenza, non la sostituzione dei titolari».
Più concessioni significa meno spiagge libere. Sulla base della mappatura messa a punto dal governo i margini ci sarebbero: sarebbe stato dato in concessione solo il 33% del litorale. Ma i dati, che non hanno convinto Bruxelles, convinconto ancora meno gli ambientalisti: «Intanto a quella mappatura mancano almeno due gambe – ricorda Sebastiano Venneri, responsabile turismo di Legambiente – e cioè le associazioni dei consumatori e quelle ambientaliste, e i Comuni: intorno al tavolo c’erano solo il governo e le associazioni di categoria. E poi è una mappatura quantomeno bizzarra, che includendo anche tratti inquinati e aree protette porta a 11 mila chilometri le coste italaine, che notoriamente non superano gli 8 mila». Ma il nodo è soprattutto un altro: «La mappatura non può essere nazionale, ma comunale, perché io non posso dire al bagnante della Versilia, che non ha più neanche una spiaggia libera – sottolinea Venneri – che in Sardegna ci sono tante spiagge libere, e neanche che c’è posto nel Grossetano».
A regolare il bilanciamento tra spiaggia libera e privata norme regionali molto diverse tra di loro: «In Puglia siamo fortunati, la legge Minervini stabilisce che il 60% della costa utile di ogni Comune deve essere di libera fruizione, solo il 40% può essere dato in concessione. -ricorda il sindaco di Lecce Carlo Salvemini, che sta pubblicando alcuni bandi per nuove spiagge attrezzate – Ma ci sono Regioni nelle quali più del 70% delle spiagge sono in concessione, e Comuni nei quali la percentuale sale a più del 90%».
«Sul litorale romano si è arrivati a un’occupazione delle spiagge in concessione dell’85%. – conferma il deputato di Avs e coportavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli – In molte aree ormai non si vede più il lungomare, c’è solo il lungomuro. Fermeremo l’assalto di questo governo a quelle poche spiagge libere ancora rimaste. Non passerà mai: inonderemo i tribunali amministrativi di ricorsi».
(da La Repubblica)
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