BANCA ETRURIA, PERQUISITE 15 SOCIETA’: “FIDI FACILI”, FINANZIERI ANCHE NELL’AZIENZA IN RAPPORTI CON IL PADRE DI RENZI
LA PROCURA DI AREZZO INDAGA SUI LEGAMI TRA BENEFICIATI E VERTICI DELL’ISTITUTO… POSSIBILE NUOVA INCHIESTA PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA
Blitz della Guardia di Finanza di Arezzo in quindici società con sede in Toscana, Emilia Romagna e Lombardia riconducibili all’ex presidente di Banca Etruria, Lorenzo Rosi, e all’ex consigliere Luciano Nataloni.
Secondo quanto emerge, avevano ricevuto finanziamenti dall’istituto di credito e sono risultate “assegnatarie di affidamenti deteriorati, ovvero interessate a qualsiasi titolo all’erogazione di essi”.
Vale a dire che le aziende non hanno restituito i prestiti ricevuti, contribuendo così al buco di bilancio da 3 miliardi di euro che ha affossato l’Etruria.
Queste perquisizioni potrebbero dunque aprire per gli ex vertici un nuovo fronte giudiziario, stavolta per bancarotta fraudolenta.
Tra le società perquisite, riporta Corriere.it, ce ne sono alcune attive nella realizzazione e nella gestione di outlet, settore in cui Rosi opera con la sua Egnazia Shopping Mall.
Tra i soci della Egnazia figurano la Castelnuovese, coop edilizia — anche questa visitata dai finanzieri — e la Nikila Invest.
Quest’ultima controlla il 40 per cento nella Party srl, di cui è socio Tiziano Renzi, padre del presidente del Consiglio, e amministratore unico la madre del premier Laura Bovoli.
Renzi senior ha lavorato anche come “consulente per il marketing” per la stessa Egnazia, nata per costruire e gestire un outlet targato The Mall a Fasano, nonchè per la realizzazione di un outlet a Sanremo e per il raddoppio di quello di Leccio Reggello. Secondo Repubblica Firenze il blitz ha interessato anche la Td Group, la Immofin, Città Sant’Angelo Sviluppo e gruppo Casprini.
Obiettivo della perquisizione è l’acquisizione di documenti e materiale utile a ricostruire i collegamenti tra le società e la banca salvata dal governo, i cui obbligazionisti subordinati, oltre che gli azionisti, hanno perso tutti i risparmi investiti.
L’attività degli investigatori è legata all’indagine della Procura di Arezzo contro l’ex presidente e l’ex consigliere per omessa comunicazione del loro conflitto di interessi. In sostanza, i due avrebbero concesso finanziamenti di Banca Etruria a società in qualche modo a loro riconducibili senza fare la necessaria comunicazione agli organi dell’istituto.
Dal verbale dell’ultima ispezione della Banca d’Italia, quella terminata il 27 febbraio di quest’anno e sfociata nel commissariamento dell’istituto, emerge infatti che 13 amministratori e cinque sindaci cumulavano 198 posizioni di fido per un totale di 185 milioni di euro.
Di qui la nuova procedura sanzionatoria avviata, a danno fatto, da Palazzo Koch nei confronti del vecchio consiglio di amministrazione, in cui sedeva con il ruolo di vicepresidente Pier Luigi Boschi.
Ma ora appare anche più vicina l’apertura da parte dei pm aretini, che hanno già chiuso le indagini per ostacolo alla vigilanza e continuano a lavorare sul fascicolo per truffa, di una nuova inchiesta, questa volta per il reato di bancarotta fraudolenta.
Le informazioni raccolte, rende noto la procura di Arezzo, “saranno comparate con quelle già acquisite, al fine di valutare la sussistenza di condotte omissive tese a celare interessi sottostanti fra i soggetti interessati e le società che hanno ricevuto affidamenti, non restituiti, che hanno generato una sofferenza o una perdita per la banca”.
Non a caso nei giorni scorsi si è profilata la possibilità che i pm aretini aprano una nuova inchiesta, questa volta per il reato di bancarotta fraudolenta. Il 28 dicembre il commissario liquidatore Giuseppe Santoni ha firmato la dichiarazione d’insolvenza per la “vecchia” Banca Etruria.
Un atto formale e previsto, che però fornisce appunto alla Procura la pezza d’appoggio per procedere per bancarotta.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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