BANKITALIA TAGLIA LE STIME DI CRESCITA: DALL’1,2% STIMATO A LUGLIO ALL’ATTUALE 0,9%
IL RIALZO DEI TASSI ANNULLA I BENEFICI DELLA MANOVRA
La Banca d’Italia taglia le stime di crescita, portandole al +1% per quest’anno (ma sarebbe +0,9% considerando gli ultimi dati Istat sul Pil in ribasso nel terzo trimestre) e il prossimo, quando invece il governo punta a chiudere con un +1,5%, in attesa di capire dove si chiuderà la trattativa con la Ue per la revisione degli obiettivi di finanza pubblica della Manovra.
Gli economisti di via Nazionale hanno dato il loro contributo alle previsioni che la Banca centrale europea ha aggiornato ieri, con la conferenza stampa di Mario Draghi. E i dati trasmessi da Roma a Bruxelles certificano il rallentamento in atto.
Quanto alla Manovra, le previsioni si limitano a tener conto della versione originale presentata in Parlamento, senza contare l’aumento di Iva e accise previsto dalle clausole di salvaguardia per il biennio 2020-20211.
“Sulla base di queste ipotesi, la crescita dell’economia italiana si manterrebbe attorno all’1 per cento annuo in tutto il triennio 2019-20212. Gli effetti sull’attività economica delle misure espansive contenute nella manovra di bilancio sarebbero contrastati dai più elevati tassi di interesse fin qui registrati e attesi, che conterrebbero l’espansione della domanda interna”, si legge nella nota di Bankitalia. Se si tenesse conto della revisione Istat per il terzo trimestre, dettaglia una nota del documento, l’andamento del Pil di questanno sarebbe da tagliare ancora un poco, dal +1 al +0,9 per cento.
Rispetto alle stime di luglio, Bankitalia ha così ridotto la stima di crescita per 2 decimi di punto nel 2018 e l’ha lasciata invariata per il biennio successivo.
Secondo gli economisti, “gli effetti negativi sull’attività economica derivanti dal profilo più elevato dei tassi di interesse osservati e attesi, oltre che da un’espansione più contenuta della domanda estera, compensano quelli di segno opposto riconducibili agli interventi contenuti nella manovra di bilancio e al calo delle quotazioni del greggio”.
In sostanza, il caro-spread al quale si è assistito durante il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles presenta il suo conto in termini di minor crescita.
(da agenzie)
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