BASSETTI: “TAMPONI E QUARANTENE PER CHI ARRIVA DALLA CINA”
“UNA NUOVA VARIANTE POTREBBE RIPORTARCI AL PUNTO DI PARTENZA”… “I CONTROLLI SOLO ALLA MALPENSA SONO INSUFFICIENTI”
“Servono tamponi a livello europeo e quarantene per chi arriva dalla Cina ed è positivo, o rischiamo di vanificare tutti i successi che abbiamo avuto contro il Covid” spiega l’infettivologo Matteo Bassetti, coordinatore delle Malattie infettive di Alisa, l’azienda sanitaria ligure. Domani si avranno i risultati del sequenziamento dei primi 210 tamponi effettuati su viaggiatori provenienti dalla Cina all’aeroporto di Milano Malpensa, che ci daranno qualche indicazione sul possibile arrivo di nuove varianti: per Bassetti non possiamo correre il rischio di trovarci impreparati.
Professor Bassetti, come giudica la misura – tamponi facoltativi ai provenienti dalla Cina – presa a Malpensa?
“È già un passo avanti, ma rischia di essere una misura puramente cosmetica. Perché non mi risulta che Malpensa sia l’unico hub aeroportuale italiano ed europeo: queste misure vanno prese in tutta Europa, perché poi chi arriva in qualsiasi aeroporto europeo può arrivare in ogni altro Paese. Ed è chiaro che la misura di un test facoltativo è insufficiente: sono stati fatti finora 210 test, ma io non credo che a Malpensa in questi giorni siano arrivate solo 210 persone dalla Cina. In un momento in cui in Europa la situazione è molto controllata – in particolare in Italia grazie alla possente campagna vaccinale del 2021 e a coloro che hanno fatto le dosi di richiamo – io, nei panni dell’Europa, non mi assumerei un rischio anche remoto di importare una variante che possa resistere ai vaccini e ci faccia ripiombare indietro al punto di partenza”.
Quindi in concreto cosa bisognerebbe fare?
“Se tu domani dici che tutti quelli che vengono dalla Cina obbligatoriamente devono fare un tampone molecolare alla partenza, e quando arrivano devono sottoporsi a un tampone molecolare, oppure alla quarantena obbligatoria con un tampone molecolare alla fine, tutto sommato questa sarebbe una misura a costo zero. L’hanno fatta per tre anni in Cina e non vedo perché non dovremmo farlo noi. Vedrà che nelle prossime 48 ore inizieranno a farlo gli americani. L’Italia potrebbe fare da apripista per l’Europa. Nessuno vuole fare allarmismo, ma mi pare evidente che qualcosa in Cina non sta funzionando, perché i dati sono impressionanti, con 10.000 morti al giorno. Dopo quello che abbiamo visto in Italia, tutelarci per primi in Europa sarebbe opportuno. Dopodiché se tra tre mesi la situazione in Cina si normalizza, si potrebbero togliere le restrizioni che auspico e tornare a viaggiare come prima”.
Lei dice che il rischio è quello di importare una variante resistente ai nostri vaccini. La situazione attuale in Cina aumenta questo rischio?
“Lei consideri che una variante che circola così tanto come sta circolando oggi: 350 milioni di casi in 20 giorni, e si prevede che arriveremo a 700 milioni nei prossimi 20 giorni. Quindi si avranno in Cina il numero di casi che abbiamo visto in tutto il mondo nei tre anni precedenti. E mentre all’inizio della pandemia ad essere interessata era una sola area, ovvero la provincia di Hubei, oggi invece il contagio si estende su tutto il territorio. È evidente che se un virus circola così tanto in un Paese dove c’è moltissima gente non vaccinata – soprattutto gli anziani: molti di loro sono legati alla medicina tradizionale cinese – e dove il vaccino funziona meno – è un vaccino a vettore virale che ha efficacia dimezzata rispetto ai nostri vaccini a mRNA – questa è la condizione ideale per lo sviluppo di nuove varianti. Perché le varianti circolano molto, e si moltiplicano, quando c’è poca gente con gli anticorpi opportuni. Si conta che ad oggi nella sola Cina sono state selezionate, solo per Omicron, 29 sottovarianti. Quindi immaginiamoci cosa succederà nei prossimi mesi. Oltretutto la Cina non è solo Pechino e Shanghai, ma anche la provincia recondita, dove non è che abbiano proprio ospedali come i nostri. Il sequenziamento in molte zone è raro. Un 5% dei cittadini può permettersi una tutela della salute efficace, ma dal punto di vista degli ospedali, il 95% della popolazione cinese ha un sistema sanitario al livello dei nostri anni ’50. Questo dovrebbe indurci alla prudenza”.
Lei detesta l’allarmismo. Ma secondo lei gli italiani, oggi pressoché tutti vaccinati e molti con la quarta dose, hanno un senso di falsa sicurezza, alla luce del possibile arrivo di nuove varianti?
“Quello che mi preoccupa di più non è la popolazione generale, sulla quale Omicron non farà gran che, perché alla fine noi abbiamo fatto tre dosi l’anno scorso, e molti hanno fatto il Covid quest’anno. Il vero problema è che abbiamo ancora una fascia abbastanza importante di over 70 che non hanno fatto la quarta dose. Più del 60% degli over 70 italiani non hanno fatto dosi nel 2022. È chiaro che se dovesse arrivare una variante Omicron più contagiosa, e che magari ha subito qualche altra mutazione che la rende resistente al vaccino, chi ha 80 anni e non ha fatto la quarta dose potrebbe infettarsi in maniera importante”.
Qual è il messaggio?
“Il messaggio è: oggi da noi il Covid è all’angolo. Però non dormiamo troppo sugli allori, perché i settantenni che si sono vaccinati nel 2021 e poi nel 2022 non hanno fatto la quarta dose sono a rischio. Quando sento qualcuno dire: “Sono andato a farmi il vaccino antinfluenzale, ma non ho fatto il richiamo per il Covid”, mi sembra come se un motociclista si mettesse solo metà casco perché si sente sicuro di cadere da una parte sola”.
(da La Repubblica)
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