BERLUSCONI: “COLPA DI NAPOLITANO. MA IO NON ROMPO IL PATTO CON RENZIâ€
“SE RENZI VA A PALAZZO CHIGI PER PORTARE AVANTI LE RIFORME, E’ CHIARO CHE IN QUEL GOVERNO DOVREMO STARCI ANCHE NOI”
«Di cosa vi stupite? Grasso risponde al capo dello Stato Napolitano, il disegno è chiaro». Silvio Berlusconi è rientrato a Roma da qualche ora.
A Palazzo Grazioli si succedono riunioni coi dirigenti, fino al gabinetto ristretto serale con Toti, Verdini e i capigruppo Romani e Brunetta.
Il Cavaliere non si abbandona all’ira che spesso ha contrassegnato le sconfitte più cocenti, prova anzi a fornire ai suoi una lettura «politica» di quanto accaduto con la decisione del presidente del Senato di costituire la Camera alta parte civile nel processo sulla compravendita dei senatori. E avverte subito che non farà saltare per questo il tavolo delle riforme.
«Io non mi sorprendo più di nulla» confessa il leader di Forza Italia comunque di pessimo umore dopo la notizia. E nel mirino finisce ancora una volta il Colle.
«È chiaro che dietro la decisione di Grasso c’è il presidente della Repubblica, c’è lui dietro ogni tentativo di delegittimarmi ».
È un pallino, un chiodo fisso che non lo abbandona più dalla sentenza definitiva di condanna del primo agosto. In un crescendo continuo che lo ha portato sabato scorso a Cagliari a dire pubblicamente che oggi non avrebbe mai rivotato per Napolitano al Quirinale.
Col presidente della Repubblica che due giorni fa, partecipando al Parlamento europeo a un seminario su Altiero Spinelli, non lesinava stoccate indirette.
È accaduto quando ha parlato del celebre europeista che nel 1979 si preparava «a una grande discesa in campo», poi correggendosi: «Scusate se mi viene questa espressione un po’ malfamata».
Ma erano affondi di fioretto, rispetto alle cannonate berlusconiane.
L’ex premier a Toti, Verdini e agli altri riuniti a casa conferma che tuttavia lui non cadrà «nella trappola».
Convinto com’è che nel Partito democratico sia in corso una guerra interna nel tentativo di far saltare il tavolo delle riforme con il quale Renzi lo ha coinvolto a pieno titolo, pur tra mille polemiche.
«Non rinuncerò all’accordo sulla legge elettorale per questa provocazione di Grasso» mette in chiaro con la schiettezza che lo contraddistingue.
Sospetti ai quali, non a caso, dà voce il capogruppo Brunetta con una nota proprio attorno alle 21, mentre è a cena a Palazzo Grazioli: «La scelta di Grasso è in realtà un colpo dato a freddo alla pacificazione voluta da Renzi e Berlusconi, il segretario intervenga».
Ma dal quartier generale era partito già da qualche ora il via libera alle proteste in serie di tutti i deputati e senatori forzisti contro la decisione del presidente del Senato. Con picchi di veemenza, «Grasso è il braccio politiche delle toghe, fazioso, peggio dei grillini » attacca Luca D’Alessandro.
Del resto un altro falco come Daniela Santanchè si lascia andare sull’altro sospetto: «L’asse Napolitano-Grasso fa molto male a questo Paese ». Ma anche il “nuovo” Toti non è da meno con quel «Grasso scredita le istituzioni». Il clima insomma è questo.
Ma Berlusconi non molla l’osso delle riforme e non rinuncia al suo ruolo da protagonista.
E guarda con molta attenzione a quanto si sta muovendo in via del Nazareno, in attesa della direzione Pd di oggi. Il suo piano è assai ambizioso e anche di questo ha parlato ai pochi dirigenti convocati ieri.
«Se Renzi va davvero a Palazzo Chigi al posto di Letta per portare avanti le riforme, allora è chiaro che in quel governo dovremo starci anche noi», è l’azzardo che lascia non poco sorpresi i suoi.
Rientrare in un esecutivo a guida Pd dopo la decadenza e l’addio alla maggioranza di novembre. Ma la svolta avrebbe una motivazione politica forte, a suo modo di vedere: «Non possono pensare di fare con noi le riforme e poi tenerci fuori dal governo che deve condurle in porto».
E una volta al governo – impossibile da ministro, legge Severino alla mano – cercare di lucrare vantaggi per il suo status. Il pensiero fisso del resto è al 10 aprile, quando il Tribunale di sorveglianza di Milano dovrà assegnarlo ai servizi sociali.
Per non dire della chance di aggrapparsi di nuovo a Palazzo Chigi con la prospettiva di un ipotetico governo Renzi che sulla carta potrebbe andare avanti ben oltre il 2015.
Insomma, è di questo che ragiona il Cavaliere.
Pur tra i dolori dovuti all’imbarazzante incidente casalingo di due sere fa, per nulla celato ai fedelissimi. Ad Arcore è scivolato su una pallina giocando con il cane Dudù e ancora ieri risentiva del forte ematoma a un gluteo, come si lamentava con chiunque. Un po’ per questo, un po’ perchè risentito per l’«affronto» perpetratogli dalla presidenza del Senato, sta di fatto che Berlusconi ha lasciato scivolare via anche la giornata del rientro a Roma senza nominare l’ufficio di presidenza di Forza Italia sollecitato dal gruppo dirigente, tra gli altri Fitto e Verdini.
Ai capigruppo e agli altri ospiti spiegava in serata perchè è ancora restio a procedere alle nomine che alcuni davano per imminenti. Se ne riparlerà oggi. Forse.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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