BERLUSCONI E’ IN DIFFICOLTÀ: NON SA COME “CONTENERE” GIORGIA MELONI
IL CAV SI OFFRE DI TRAGHETTARLA NEL PPE MA, SOTTO SOTTO, SPERA CHE LA LEADERSHIP DELLA MELONI SI INFRANGA DAVANTI AI NUMERI… MAGARI A CAUSA DI UNA MAGGIORANZA RISICATA AL SENATO: BASTEREBBERO POCHE DEFEZIONI NELLE COMMISSIONI PER BLOCCARE L’AZIONE DI GOVERNO
Forse accarezza ancora il desiderio di trovare un premier alternativo a Meloni. Ma Berlusconi conosce le regole della politica e il valore determinante dei rapporti di forza
Perciò, se il responso delle urne fosse netto, riporrebbe il disegno che continua comunque a coltivare. E che lascia trasparire dalle sue parole, se è vero che l’altroieri il Cavaliere ha detto al Tempo : «La signora Meloni ha l’autorevolezza per fare il presidente del Consiglio, così come molti altri candidati di centrodestra». Un indizio che si somma a un altro indizio, risalente alla settimana scorsa, quando ha spiegato al Foglio di continuare a ritenere il sovranismo «un’idea stupida, come stupidi sono quanti ci credono».
Per sanare quella forma di allergia verso l’alleata, che in passato si è manifestata in più occasioni, sono da tempo all’opera soprattutto gli uomini d’azienda. Con largo anticipo Confalonieri, intervistato dal Corriere , aveva aperto una linea di credito verso la leader di FdI, invitando Berlusconi «a puntare su Meloni».
Il patron di Mediaset sostiene di fare «il lobbista di professione» ma è più politico di molti politici. E c’è un motivo se da mesi ripete all’amico di una vita di evitare attriti con la «signora», per non ritrovarsela ostile dopo le elezioni. Un consiglio che è (anche) nell’interesse del Biscione.
La cura pare stia facendo effetto sul Cavaliere: lo si nota dal cambio di tono. Infatti l’ex premier – che pure avrebbe ricevuto pressioni internazionali per evitare l’avvento a Palazzo Chigi del capo della destra – in questa fase si limita a giocare sul filo del fuorigioco senza mai farsi trovare in fallo.
Fa il controcanto a Meloni sulla revisione del Pnrr, sulla politica migratoria, sui provvedimenti economici, ma abilmente non lascia capire se la sua è un’azione di contrasto a FdI o solo una naturale competizione tra partiti che si contendono lo stesso bacino elettorale. Persino su un tema delicato, come l’eventuale percorso di FdI verso il Ppe, Berlusconi offre il suo aiuto all’alleata con modalità che sanno di gesto conciliante e insieme di regale concessione.
Insomma, sulla premiership il Cavaliere non si scopre. Si limita a lanciare segnali: «Al resto penseremo dopo le elezioni». Ma nel centrodestra non è stato stipulato il patto che – in caso di vittoria – chi arriverà primo prenderà la presidenza del Consiglio? «In questi giorni di liste di patti ne sono stati disattesi tanti», sussurra un esponente della coalizione: «Figurarsi dopo». E sulle possibili trappole degli alleati Meloni è avvertita: «E che non lo so?», rispose d’istinto un paio di settimane fa a chi glielo fece notare. Dentro FdI, tuttavia, c’è chi sostiene che negli ultimi giorni il clima è cambiato, «anche perché in Forza Italia è iniziato il posizionamento per gli incarichi ministeriali».
Una goccia di veleno. In attesa del 25 settembre, Meloni ha stretto accordi con i centristi, dove in molti scommettono che «Giorgia alle Politiche prenderà quanto Salvini alle Europee». In quel caso Berlusconi sa che non potrebbe impedirle di «entrare dal portone principale di Palazzo Chigi». Specie se il centrodestra rinnovasse il rito di presentarsi unito al Quirinale e Meloni uscisse dalle consultazioni con Mattarella per parlare anche a nome degli alleati. Non accadesse stavolta e i partiti si presentassero in ordine sparso, l’evento si trasformerebbe in un caso politico. E chi si assumerebbe la responsabilità di suscitare polemiche dopo una vittoria?
Ecco perché il Cavaliere ha pochi margini di manovra, a meno di un risultato elettorale che prospettasse una maggioranza risicata a Palazzo Madama. Con ministri e sottosegretari provenienti dal Senato, basterebbero infatti poche defezioni nelle Commissioni per bloccare l’azione di governo. È nelle pieghe delle difficoltà contingenti che Berlusconi potrebbe quindi tentare di mettere in pratica la sua idea.
Perché il taglio dei parlamentari – varato scelleratamente senza i dovuti accorgimenti di sistema – potrebbe creare problemi di agibilità nelle Camere. E aprire scenari politici inattesi. Che si arricchirebbero di ulteriori varianti se il centrodestra vincesse le elezioni ma il Pd superasse FdI nelle urne. Ma il Cavaliere in quel caso avrebbe la forza e la volontà di contrastare il passo alla leader di FdI, mettendo in discussione il patto dell’alleanza? Ad oggi Berlusconi è l’unico premier di centrodestra della storia. Ad oggi i sondaggi sostengono che Meloni potrebbe infrangere quel primato. La partita è questa.
(da il Corriere della Sera)
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