BERLUSCONI: “FATE SAPERE CHE TORNO, IL MIO SPIRITO NON SI FIACCA”
CONFALONIERI: “E’ FORTE, MA DEVE INIZIARE A PENSARE A SE STESSO”
La sua forza di volontà continua a tener testa alle sue forze fisiche, «perciò dovete far sapere fuori che il mio spirito non si fiacca, che io sicuramente torno».
Ancora una volta i desideri di Berlusconi sono stati esauditi, siccome voleva che tutti «fuori» lo sapessero: non c’è alcun vuoto da riempire.
Ma viene il momento in cui bisogna porre un freno alla rappresentazione, e c’è solo una persona che disinteressatamente può far capire al Cavaliere qual è il suo interesse: «Silvio è forte e si riprenderà , ora però deve iniziare a pensare a se stesso».
Così Confalonieri si pone come scudo per proteggere l’amico e anche i figli dell’amico, che vogliono restituito il padre alla famiglia e vogliono i mercanti fuori dal tempio.
Verdini non entra
Davanti alla stanza di un paziente è doveroso non disturbare, invece ieri davanti alla stanza dov’è ricoverato il fondatore del centrodestra sono accaduti spettacoli grotteschi, irrispettosi verso Berlusconi, verso le sue condizioni e verso la sua storia: la lite tra chi gestisce la sua corte oggi e chi – come Verdini – gestiva la sua corte ieri e non è stato fatto entrare, con tanto di sceneggiata illustrata da comunicati stampa; lo speech del medico personale, che nel descrivere le condizioni dell’assistito è parso fin troppo teatrale agli uomini d’azienda e soprattutto ai figli, impegnati a difendere la privacy del genitore e a garantirgli un po’ di serenità .
Non è dato sapere se Berlusconi abbia sentito gli schiamazzi filtrare dalla porta, è certo che quando a un certo punto la porta si è chiusa, con lui sono rimasti solo Confalonieri e Gianni Letta.
Il calcio e la politica sono due dossier che pongono problemi da risolvere, di qui l’arrivo pure di Galliani: il Milan crea affanni sotto il profilo finanziario e anche di immagine; Forza Italia rischia di soffocare come un secco rampicante un’azienda mediatica che vive di mercato e deve garantire il pluralismo democratico ai suoi clienti. Sono nodi che tocca al capo sciogliere, insieme ai consanguinei per dna e per storia
Gli altri fuori
Gli altri fuori. Compreso chi ha abusato della confidenza di Berlusconi e della sua potenza, compreso chi vanta deleghe e funzioni di firma, compreso chi ha gestito fino all’altro ieri persino le telefonate.
Marina, la primogenita, che da tempo vuole «impacchettarle tutte», e che è furiosa per il modo in cui il corpo del padre sofferente è stato trascinato per inutili comizi di periferia, non riesce a trattenersi davanti allo scempio simoniaco, e addita il loro personale conflitto di interessi.
È vero che il Cavaliere non appartiene solo al Cavaliere, perchè c’è un partito che vive della sua vita e constata con trepidazione come i dati della cartella clinica del leader coincidano con lo stato di salute del movimento.
Ed è vero che (quasi) tutti avevano iniziato a immaginare il futuro senza Berlusconi. Ma oggi (quasi) tutti si rendono conto che senza Berlusconi è come dire stare all’addiaccio, senza Forza Italia. A testimonianza che, a prescindere dal suo ritorno in campo, l’uomo che ha incarnato un ventennio continuerà comunque a influenzare i destini della politica. Dentro e fuori il suo schieramento.
Ancora in campo
Lo smarrimento collettivo a Roma – tranne qualche improvvida esternazione di chi già dichiara di aver scelto il proprio successore – è la prova che il Cavaliere non è sostituibile.
Se non c’è traccia di documento o di confidenza in cui abbia designato chi prenderà il suo posto, è perchè Berlusconi non ha mai immaginato un passaggio di consegne: solo il pensiero innesca in lui la stessa reazione di un piatto all’aglio.
E dunque c’è anche qualcosa di filiale in quel «sicuramente torno» che voleva trasmettere fuori dalla sua stanza, oltre all’affermazione del primato.
Ma ora «Silvio deve iniziare a pensare a se stesso». L’altro ieri l’hanno visto depresso e spaventato mentre stava per essere inghiottito dai macchinari ospedalieri, che hanno confermato la necessità dell’intervento al cuore.
Ieri invece si è mostrato un po’ più sollevato, consapevole del «passaggio ineludibile» sotto i ferri.
Lui, che considera la morte «un avvenimento lontanissimo dato che vivrò centoventi anni», ha scandito con le solite battute certi ragionamenti proiettati verso il futuro: «Faremo questo e quello».
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
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