BERLUSCONI SENTE SCRICCHIOLARE IL PDL AL SENATO: SONO 14 GLI INSOFFERENTI, PRONTI AD APPOGGIARE UN GOVERNO TECNICO
PER IL PREMIER L’AMPIA MAGGIORANZA AL SENATO E’ LA GARANZIA CHE, IN CASO DI SUE DIMISSIONI, NESSUNO POSSA TENTARE LA CARTA DI UN GOVERNO TECNICO PER CAMBIARE LA LEGGE ELETTORALE…. MA ANCHE AL SENATO L’ESERCITO DEGLI SCONTENTI STA FACENDO PROSELITI: I SENATORI PDL DEL NORD A RISCHIO SAREBBERO DISPOSTI AL HARAKIRI?
Il malcontento per la gestione del partito è una spia rossa che si è accesa ora anche a Palazzo Madama: proprio dove il Cavaliere è convinto di avere una maggioranza autosufficiente anche senza Fli.
“Un’autosufficienza – spiega alla “Stampa” il senatore Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali che presto avrà tra le mani l’incandescente materia elettorale – che è sottile. Siamo ad un bivio: o si fa un accordo vero con i finiani o il giocattolo si rompe. E se andremo al voto, prima ci sarà qualcuno che farà la legge elettorale con un ribaltone. Sarebbe una cosa folle, assurda».
Così succede che «Il Foglio» fa un elenco di 14 senatori «insofferenti» pronti a sostenere un governo tecnico.
Tra i quali Massidda che non vuole «incamminarsi verso il rogo elettorale sciogliendo inni di ringraziamento».
L’Occidentale, quotidiano on line della fondazione Magra Carta che fa capo al vicecapogruppo Pdl del Senato Quagliarello, ha raccolto le smentite di questi senatori in odore di ribaltone.
Eppure leggendo le loro dichiarazioni emerge un messaggio chiaro e forte al premier.
Lo fa il senatore Baldini, che intende «morire politicamente con Berlusconi». Poi però parla di un «disagio».
«Considero la formula del triumvirato inadeguata e paralizzante. Per questo dico che bisogna superarla rapidamente e procedere alla nomina di un coordinatore unico».
Ma c’è il pericolo che una pattuglia di senatori possa sostenere un nuovo governo tecnico? «E’ un pericolo che esiste proprio per il disagio che molti colleghi provano nei confronti del partito del quale si sentono scollegati e che avvertono spesso come soggetto ostile».
Dello stesso tono le parole del senatore Amato che parla di «un partito gestito male, che non fa nulla per sostenere il governo», e sul territorio «pratica la logica dell’esclusione».
Per Amato c’è un rischio reale: «Probabilmente certe sorprese potrebbero arrivare da coloro che non sono nominati dal Foglio».
Anche il senatore Saro avverte che senza un’intesa vera con i finiani, di fronte a una crisi di governo, c’è il pericolo che «un’area di profondo malessere possa essere disponibile a sostenere un eventuale governo di transizione».
Il margine di meno di una decina di voti che attualmente permette al premier di dormire sonni relarivamente tranquilli, a differenza della Camera, potrebbe annullarsi in caso di emergenza.
Di fronte alla prospettiva di una crisi di governo e di elezioni a primavera, quanti di quei 15-20 senatori del Pdl del nord che sicuramente non verrebbero più rieletti a vantaggio di altrettanti leghisti, non cercheranno di prolungare la loro permanenza a Palazzo Madama fino alla fine della legislatura?
Quanti alla fine non appoggerebbero un governo tecnico che avesse come scopo la stesura di una nuova legge elettorale?
Anche perchè non si tratterebbe di alcun ribaltone, ma solo di modificare una norma definita una porcata dalla stessa attuale maggioranza.
E che il premier non voglia le elezioni è dimostrato anche dal fatto che stamane sono stati confermati i presidenti finiani delle commissioni, mentre, d’ora innanzi, i vertici di maggioranza vedranno come invitati e presenti anche Fli e Mpa.
Un altro successo dei finiani.
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