BERLUSCONI: “SENZA RENZI IO POSSO CORRERE, SINISTRA INCAPACE DI CAMBIARE”
“LE PRIMARIE SONO STATE IL TRIONFO DELL’APPARATO SUL BRAVO RENZI”
«Ecco, la sinistra non cambia mai». Vista da Arcore, la vittoria di Bersani è «il trionfo della burocrazia e dell’apparato del vecchio partito sul bravo Renzi».
È il segnale che Silvio Berlusconi attendeva, dato che «il candidato premier del Pd è in politica da più tempo di me».
Sarebbe il via libera al lancio ufficiale del nuovo partito e della corsa del Cavaliere, se non lo frenassero in queste ore due incognite: le barricate erette contro di lui da Alfano e dirigenti Pdl e la riforma elettorale che in settimana andrà in aula al Senato.
Ma l’ex premier in rampa di lancio si sente comunque.
Tornerà a Roma mercoledì per presentare il libro di Vespa, solo contatti telefonici nella domenica trascorsa in famiglia, per un Berlusconi comunque galvanizzato in serata dal previsto responso delle primarie Pd.
Dopo il faccia a faccia di cinque ore di sabato, le distanze coi dirigenti del partito si sono fatte ancora più marcate.
Il leader ha reagito malissimo alle successive dichiarazioni del segretario e dei vari Cicchitto e Gasparri.
«Si sono messi in testa di buttarmi fuori? Io non mi faccio sfrattare dal partito che ho creato » è lo sfogo nel day after. Non ha alcuna intenzione di convocare l’Ufficio di presidenza preannunciato da Alfano per una decisione finale sulle primarie Pdl.
L’ex premier teme un «25 luglio», che quella riunione si risolva in una «trappola», che venga messo in minoranza.
Con gli ex An in massa e altri dirigenti ormai schierati con “Angelino”.
Tanto più che il segretario, ancora ieri, nel messaggio inviato ai Democratici cristiani torna sul monito: divisi perdiamo. «Molteplici fattori hanno ridotto la nostra forza sull’elettorato, ma la risposta non è quella di dividere ciò che è stato faticosamente unito, condannandoci tutti alla irrilevanza»
Il messaggio per il Cavaliere è chiaro.
Ma di primarie, ancora in teoria convocate, non c’è più traccia.
«Pagheremo caro il non averle fatte» ammonisce il capogruppo Cicchitto. Roba già archiviata per Berlusconi, impegnato ad affondare la riforma elettorale che mercoledì arriverà in aula al Senato.
«Con le preferenze si fanno entrare le procure in campagna elettorale, i costi lievitano e ci sarebbe meno trasparenza» va ripetendo. L’obiettivo, seppure dovesse passare a Palazzo Madama, sarà impallinarla alla Camera.
Laura Ravetto la spara grossa e propone comunque ai suoi dirigenti di «candidare solo chi si impegnerà a devolvere metà dell’indennità ad un fondo per le famiglie».
Di certo, l’ex presidente del Consiglio è determinato a cavalcare la battaglia per l’election day. Premere sull’acceleratore fino a provocare la crisi, se servirà .
Strategia destinata intanto a terremotare tutti i montiani che nel Pdl sostengono Alfano, da Frattini a Lupi.
«La vera notizia uscita dal vertice di Arcore – sottolinea Denis Verdini, dato che il segretario non era stato altrettanto chiaro sabato all’uscita da Villa San Martino – è che sull’election day siamo pronti ad aprire la crisi».
Alla carica per chiedere al governo il voto per regionali e politiche il 10 febbraio e dunque scioglimento delle Camere il 22 dicembre.
«Far svolgere le elezioni in date diverse viola anche una legge del 2011», fa notare il responsabile elettorale Pdl Ignazio Abrignani.
Per il leader leghista Roberto Maroni, l’offensiva berlusconiana apre «nuovi scenari » per un futuro accordo elettorale e lancia una proposta ad Alfano: «Facciano cadere il governo dopo l’approvazione della legge di Stabilità ».
Musica per Berlusconi, intenzionato a candidare Maroni in Lombardia e ad allearsi con la Lega. Casini chiude: «Non sto più dietro alle sue giravolte » del Cavaliere.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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