BERLUSCONI SFIDA RENZI: “IL VOTO ANTICIPATO? BEN VENGA, ANDIAMOCI COL CONSULTELLUM”
FITTO ATTACCA E PREPARA L’ESORDIO DEI “RICOSTRUTTORI”…SILVIO ORDINA DI ISOLARLO: “E’ UN TRADITORE”
L’addio all’aula è l’ultimo guanto di sfida lanciato a Renzi, ma per Silvio Berlusconi diventa soprattutto la via d’uscita che in poche ore gli consente di tenere unito il partito e il gruppo parlamentare in procinto di deflagrare.
Almeno per un pomeriggio, l’obiettivo è centrato.
«Ma ci minaccia sul serio di andare al voto? E pensa di spaventarci? Ben vengano le elezioni col Consultellum, contento lui…».
L’ex Cavaliere è galvanizzato dall’aria di scontro, quasi da campagna elettorale, quando il capogruppo Brunetta, la Bergamini, la Gelmini lo sentono in viva voce poco prima che si riunisca il gruppo alla Camera per decidere l’Aventino con gli altri partiti d’opposizione.
Col proporzionale, il ritorno al governo di larghe intese per via elettorale sarebbe a portata di mano, sogna l’ex premier.
Ha appena lasciato l’istituto di Cesano Boscone quando ordina la ritirata, dopo essersi accertato che il gruppo sia compatto.
Deborah Bergamini, in una telefonata privata al mattino, gli ha raccontato nei dettagli quanto avvenuto alle due di notte, il siparietto piuttosto teso con Matteo Renzi.
Col premier che le si avvicina ai piedi dei banchi forzisti e le chiede con tono ultimativo: «Pensate che sia disposto a gettare al vento otto mesi di lavoro sulle riforme? Questa è una legislatura costituente, se le riforme si fermano, non ha senso portarla avanti. Per me possiamo andare dritti al voto».
«Anche col Consultellum, col proporzionale puro?», lo provoca la portavoce di Berlusconi.
«Per me è perfetto – ribatte lui – la gente è dalla mia parte, le televisioni sono con me, i collegi ampi mi consentono di fare una buona campagna mediatica. Io sono pronto e state certi che vinco».
Se è una sfida, Berlusconi si dice pronto a raccoglierla. Ma prima di un ipotetico voto dovrà brigare per tenere unita Forza Italia.
In mattinata, Raffaele Fitto aveva lanciato un nuovo affondo nell’ennesima conferenza stampa alla Camera, sfidando il leader proprio sulla riforma costituzionale.
«Noi votiamo contro, Forza Italia che farà ? Esca dall’ambiguità », aveva incalzato l’eurodeputato.
Certo che la minaccia di sospensione o addirittura di espulsione rivolta a lui e ai suoi 38 sia un’arma spuntata («Non ci sono le condizioni tecnico-statutarie, ma nemmeno quelle politiche»).
Berlusconi viene informato, perde ancora una volta le staffe contro quello che bolla ormai come «il traditore ».
E da quel momento, dalla batteria di Palazzo Grazioli parte l’ordine di attacco a Fitto che tutti i dirigenti, i parlamentari e perfino i coordinatori regionali eseguono.
Quasi tutti sintetizzabili col commento della fedelissima del leader e amministratrice del partito, Maria Rosaria Rossi: «Se il tema è la volontà di intraprendere una scalata al potere, allora non sono tollerabili protagonismi personali che fanno male a Forza Italia e, come abbiamo già avuto modo di vedere, non portano alcuna fortuna».
Alla riunione di gruppo i fittiani si presentano.
Si oppone all’uscita dall’aula Saverio Romano, unico a presidiare poi i banchi. Tutti gli altri, compreso Daniele Capezzone, si dicono favorevoli alla linea ed escono. Perplessità vengono espresse da Stefania Prestigiacomo e da Mariastella Gelmini, che spiega: «Siamo passati dal sostegno alle riforme all’Aventino, è difficile da spiegare. Detto questo, ho parlato col presidente ed è favorevole all’abbandono dell’aula ».
Del resto, è la nuova strategia decisa da Berlusconi con Toti, Brunetta, Bergamini: far passare d’ora in poi ogni decisione ai voti nei gruppi, dove i fittiani sono minoranza.
E se non si adegueranno, saranno fuori.
Fitto non molla la presa e si prepara all’escalation con la manifestazione di sabato prossimo a Roma, in cui sarà presentato il «Manifesto dei #ricostruttori di Fi e del Paese» (in basso il logo).
Alle 18, i berlusconiani seguono i lavori dai video in Transatlantico.
Sul tabellone compare il numero dei votanti a ogni emendamento. Sestino Giacomoni, altro fedelissimo del capo, osserva e scuote la testa: «Con quella stessa soglia di 308 voti, sul rendiconto di bilancio, nel novembre 2011, Napolitano chiese a Berlusconi di dimettersi. Ora ci approvano una riforma costituzionale».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply